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L’educazione scolastica. Rimuovere i contenuti digitali non basta.

Docente specializzata in analisi del comportamento per il recupero degli studenti con disabilità intellettiva.
Tutor specializzato per il supporto di ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento.

Educazione Scolastica

L’educazione rappresenta il cuore pulsante del cammino verso la piena realizzazione umana, tanto a livello personale che sociale ed è per questo che la scuola suscita da sempre l’interesse dell’opinione pubblica nazionale.

La scuola non è solo il principale luogo di apprendimento per i giovani ma è anche luogo di socialità, di confronto e di scambio: attraverso la frequentazione della scuola, infatti, è possibile sperimentarsi (non solo relativamente alle capacità di apprendimento), ma anche imparare a gestire le relazioni sociali e i conflitti che inevitabilmente insorgono in un gruppo. Essa è il luogo privilegiato in cui i ragazzi possono osservare e apprendere diversi stili di comportamento, di pensiero, di linguaggio, è un luogo di sperimentazione, di condivisione e diffusione di modelli culturali.

Tuttavia non è molto amata dagli adolescenti che non riconoscono un valore autentico all’impegno scolastico loro richiesto: far comprendere ai giovani che lo studio serve a realizzare i propri sogni e a poter svolgere un lavoro degno della propria cultura, è la sfida quotidiana che ogni insegnante deve porsi.

Molte sono le problematiche che oggigiorno affliggono la vita odierna e, non di rado, sono i TG a parlarcene: una delle più attuali è l’utilizzo in classe degli smartphone contro la quale gli insegnanti possono fare ben poco. Veniamo però all’aspetto più delicato della questione: la pubblicazione di video contenenti immagini di minori o, viceversa, di insegnanti.

Il Garante della privacy raccomanda un uso moderato del cellulare a scuola ricordando che la diffusione di immagini, senza l’autorizzazione del titolare, è vietata per evitare fenomeni di cyberbullismo. A tale fenomeno si è interessato anche il Miur, Ministero dell’Istruzione e Ministero dell’Università e della Ricerca, che ha definito il cyberbullismo una forma di aggressione contraddistinta “da azioni violente e intimidatorie esercitate online su una vittima”.

Con il termine cyberbullismo si definisce un insieme di azioni aggressive e intenzionali realizzate tramite strumenti elettronici (sms, MMS, foto, video, email, chat rooms, istant messaging, siti web, telefonate), il cui obiettivo è quello di danneggiare un coetaneo incapace di difendersi. A causa della continua evoluzione della rete e delle nuove tecnologie, le forme in cui può manifestarsi il cyberbullismo possono cambiare passando dall’ harassment e denigration fino al revenge porn o l’impersonation (furto di identità). Un aspetto significativo del cyberbullismo è l’anonimato: i cyberbulli possono nascondersi sotto falsi profili e forti della sicurezza data da una tastiera, riescono a imporsi sulle vittime. Negli ultimi anni si è verificato un sensibile aumento dei casi di cyberbullismo. Ad oggi la maggior parte dei dati disponibili sul cyberbullismo è ricavata da indagini condotte nei Paesi industrializzati “con percentuali di minorenni che lo hanno sperimentato che variano tra il 5% e il 20% della popolazione minorile”.

L’ultima indagine ISTAT ha messo in evidenza come questi fenomeni siano più frequenti nelle zone disagiate dove si registrano numeri elevati di vittime soprattutto tra le ragazze, come pure è evidente che si registrino percentuali superiori di vittimizzazione tra i ragazzi stranieri rispetto agli italiani. Tra le città invece si distinguono Milano, Roma, Torino, Napoli e Firenze. Tuttavia individuare una diffusione intensiva di tweet d’odio non significa che un luogo sia più aggressivo di un altro perché l’hate speech non corrisponde alla violenza in strada.

Di solito le vittime conoscono personalmente i loro aggressori, ma trattandosi perlopiù di adolescenti fanno fatica a confidarsi e non denunciano gli aggressori per paura di essere ricattate. Intrappolate in uno stato di fragilità emotiva le vittime dei cyberbulli rischiano conseguenze pericolose tra cui il suicidio.

Per tutti questi motivi si è ritenuto necessario intervenire emanando una nuova legge, la n.71 del 29 maggio 2017 “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo” che attribuisce alla scuola e alla famiglia un ruolo fondamentale nella prevenzione.  L’obiettivo principale del nuovo provvedimento legislativo è quello di contrastare il fenomeno del cyberbullismo con azioni a carattere preventivo ma, purtroppo, sorretta soltanto dall’ azione instancabile di volontariato richiesta al personale docente.

In conclusione possiamo dire che in un mondo sempre più fortemente dominato dalle tecnologie e dalla rete, dalle piattaforme online e dai social è fondamentale proteggere gli utenti e, soprattutto, i più giovani da comportamenti umilianti. Ma non sempre è facile evitare che ciò accada perché le nuove generazioni fanno fatica a distinguere ciò che è reale da ciò che è virtuale in quanto ciò che avviene online condiziona fortemente la vita reale.

Il nostro dovere quindi è quello di tutelare i giovani in quanto maggiori fruitori della rete. Oggi purtroppo è sempre più difficile però proteggere i giovani perché l’azione “bullizzante” si è spostata dalla classe reale a quella virtuale con elementi psicologici del tutto nuovi che vedono la vittima sola nella sua cameretta, chiusa nel suo dolore e ancora più emarginata. Per tutti questi motivi è importante riflettere sul fatto che la sola rimozione dei contenuti digitali è utile ma non può bastare. Quello che occorre è soprattutto progettare politiche pubbliche mirate. I dati, e ancor più le vittime, lo dicono con chiarezza: è ora di agire.

Roberta Fameli
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