skip to Main Content

La grandezza di Beppe Fenoglio nel neorealismo del novecento italiano

Giornalista. Docente specializzata in analisi del comportamento per il recupero degli studenti con disabilità intellettiva.
Tutor specializzato per il supporto di ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento.

Beppe Fenoglio

Sono stati molti gli autori che ci hanno raccontato i tristi tempi del fascismo, ma in occasione dei cento anni dalla nascita, avvenuta il 1° marzo 1922, la grandezza la merita Beppe Fenoglio.

Scrittore e partigiano che la critica ha consacrato tra i grandi della letteratura del Novecento italiano, solo dopo la morte prematura avvenuta nel 1963, a soli 41 anni. Fu un autore innovativo che si staccò nettamente dai modelli classici della cultura italiana, come testimonia l’amore per la lingua inglese che in lui non fu solo un vezzo, ma rappresentò una chiave di lettura del mondo in chiave libera e democratica.

Al termine della Seconda guerra mondiale l’Italia conobbe un periodo di rinascita culturale: sono anni di intensi dibattiti politici e culturali; gli anni del Neorealismo, sia in ambito cinematografico che letterario, nel quale converse un variegato universo di sensibilità. Fiorirono i romanzi più belli e conosciuti della letteratura italiana contemporanea. In quel momento particolare della Storia del Paese nacquero i romanzi neorealisti e in Bergoglio era forte il bisogno di raccontare la propria esperienza personale.

La Resistenza divenne un tema letterario di successo fin da subito. Dopo la Liberazione, infatti, sui quotidiani cominciarono ad apparire poesie e racconti che celebravano la lotta partigiana. Tra gli autori più celebri ricorderemo E. Vittorini che, dalle pagine suo “Politecnico”, lanciò i più grandi scrittori del Novecento italiano: Calvino, Pavese, Fenoglio. Sarà quest’ultimo a trovare le parole più adatte per raccontare l’esperienza da partigiano nel suo Una questione privata; il romanzo che tutti i partigiani avrebbero sognato di scrivere.

Alunno modello terminò gli studi liceali nel 1940. Si iscrisse alla facoltà di Lettere a Torino che frequentò fino al 1943, anno in cui fu richiamato alle armi come allievo ufficiale. Prima che terminasse l’addestramento l’Italia si arrese alle truppe alleate. In seguito all’Armistizio dell’otto settembre Fenoglio, dopo un viaggio avventuroso per fare ritorno a casa, si unì ai partigiani delle Brigate Garibaldi, ma presto passò con i badogliani operanti nelle langhe piemontesi. Si distinse inoltre per aver preso parte alla breve esperienza della Repubblica Partigiana di Alba, tra il 10 Ottobre e il 2 Novembre 1944. Fu combattente tenace e grazie alla conoscenza della lingua inglese svolse il ruolo di interprete con le forze angloamericane.

Terminata la guerra decise di riprendere gli studi universitari ma la vita da studente, con grande dispiacere dei genitori, durò ben poco. Nel 1947, terminata l’esperienza partigiana, Fenoglio vive un momento esistenziale difficile da cui ne esce giungendo ad un sofferto compromesso con sé stesso e i propri familiari. La conoscenza dell’inglese gli permise di iniziare a lavorare come corrispondente estero presso una casa vinicola di Alba, e grazie proprio a questo lavoro riuscì a contribuire alle spese di famiglia, e al tempo stesso di dedicarsi alla scrittura. Nel 1949 pubblicò “Il trucco”, il suo primo racconto firmato con lo pseudonimo di Giovanni Federico Biamonti.

Nel 1961, stimolato da Calvino, decise di partecipare al premio internazionale Formentor. Iniziò a lavorare alla raccolta “Racconti del parentado”, che Einaudi decise di pubblicare con il titolo di “Un giorno di fuoco”. Il suo romanzo più noto è “Il partigiano Johnny”, pubblicato postumo nel 1968: in esso Fenoglio distrugge ogni forma di retorica e mitizzazione della Resistenza che rappresenta in modo crudo e spietato. I partigiani non sono sempre buoni, sono uomini, e in quanto tali in determinate circostanze possono rivelarsi vili, deboli o crudeli. Fenoglio racconta la Resistenza in chiave anti-epica e antieroica; questo gli attirò le antipatie dei critici e degli intellettuali marxisti, ma con un’oggettività disarmante a cui gli storici sono giunti solo diversi decenni dopo.

Semplice e veritiero: “Fenoglio è l’unico che riesca a rispettare la verità dei fatti pur dando ai propri scritti un taglio autenticamente letterario”, come ebbe a dire di lui Giovanni Falaschi. Egli scrisse della Resistenza, perché quella fu l’esperienza più importante della sua vita, ma la sua opera non può, come spesso accade, essere circoscritta a quell’esperienza in quanto si erge a capolavoro universale ed assoluto. Queste sono le caratteristiche fondamentali che rendono “Il partigiano Johnny” un classico della letteratura italiana del Novecento.

Al termine della guerra, come tanti giovani partigiani, Fenoglio fece fatica ad adattarsi alla vita di tutti i giorni e infatti, non tornò più all’università; abbracciò invece la “fatica dello scrittore” che per lui equivaleva ad una lotta contro le sue ferite, le sue domande, la sua ricerca del vero e delle parole adeguate a raccontare.

A questo scrittore così noto, ma da pochi ben conosciuto, è dedicata la manifestazione letteraria che ha avuto inizio il primo marzo di quest’anno, intitolata “Cent’anni di Beppe”: un progetto ideato dal “Centro Studi Beppe Fenoglio” per ricordare la figura dello scrittore albese.

Nel pieno dello sfavillante anniversario pasoliniano e dei suoi eventi, ha avuto inizio il 1° marzo, e proseguirà per tutto il 2022, il centenario della nascita di Beppe Fenoglio. Il programma si snoda in quattro capitoli, come un romanzo: Primavera di bellezza è il titolo del primo capitolo, si è svolto ad Alba, città natìa dello scrittore; Un giorno di fuoco comprende il progetto Atlante Fenogliano e consiste in percorsi outdoor sulle tracce dei protagonisti de Il partigiano Johnny e non solo; I ventitré giorni della città di Alba è un capitolo che consentirà di approfondire i suoi scritti e conoscere l’uomo, lo scrittore e il partigiano; Una questione privata è il titolo del capitolo conclusivo del Festival che prevederà la digitalizzazione del materiale d’archivio in modo tale da fruirne liberamente “senza intaccare il patrimonio originale”.

E proprio Fenoglio, in virtù dei festeggiamenti per i cento anni dalla nascita, sarà il protagonista dei festeggiamenti che si terranno in varie parti d’Italia per il 25 aprile. Alba, sua città natìa lo ricorderà, per esempio, con una manifestazione itinerante, realizzata dalla Isrec di Bergamo sul tema della “Resistenza attraverso le parole di Fenoglio”.

La manifestazione prevede l’affissione di vari manifesti realizzati da designer professionisti “ispirati a brani di Fenoglio selezionati da alcuni suoi scritti dedicati all’esperienza resistenziale”. L’obiettivo di questa iniziativa è quello di attirare lo sguardo dei passanti per risvegliare in loro pensiero critico “su un panorama globale fatto di un’atroce guerra che sta distruggendo l’Ucraina, di diseguaglianze crescenti, di libertà limitate dal bisogno economico”.

In tal senso la celebrazione del 25 aprile di quest’anno dovrebbe essere più che mai indirizzata alla riscoperta di valori condivisi come l’umanità, la libertà, la partecipazione e la pace. La scelta di utilizzare il manifesto, in una mostra a cielo aperto non è casuale, perché esso, oltre ad accendere la curiosità delle persone, attraverso “uno strumento di profonda tradizione nella grafica politico-culturale”, riesce a trasmettere gli stessi valori che Fenoglio ha mediato tramite la scrittura.

Roberta Fameli
Back To Top
Search
La riproduzione è riservata!