Il DL 7 maggio 2024, n. 60, noto come decreto "Coesione" entrato in vigore l’8.5.2024, giorno…
Povertà e fame tendono le mani verso Odessa
Russia e Ucraina attualmente coinvolte in duro conflitto armato sono tra i più grandi esportatori di grano e fertilizzanti a livello mondiale: nel 2019 da Kiev partiva il 9% delle esportazioni globali, il 16% di quelle di mais, il 10% dell’orzo e il 42% dell’olio di girasole.
Dalla Russia e dalla Bielorussia invece arriva il 40% della potassa, un noto fertilizzante. Entrambe le nazioni, sia pur per ragioni differenti, non sono più in grado di poter assicurare le loro forniture. La Russia, infatti, è impossibilitata a causa delle sanzioni internazionali, mentre l’Ucraina, denominata il “granaio del mondo” per il fatto che ogni anno è in grado di sfamare circa 400 milioni di persone con la sua produzione di frumento, non può più effettuare esportazioni a causa del blocco dei porti sul mar Nero.
Dall’inizio della guerra ad oggi sono state colpite ben otto navi mercantili. In tal modo si è determinato il 22% di aumento sul prezzo dei cereali.
Secondo il Ministero degli Esteri ucraino: “La Russia sta derubando non solo l’Ucraina ma anche i consumatori all’estero”; “Le Nazioni Unite stimano che circa 1,7 miliardi di persone potrebbero affrontare la povertà e la fame a causa delle interruzioni di cibo come risultato di una guerra su larga scala condotta dalla Russia contro l’Ucraina”.
Russia e Ucraina, infatti, sfamano quasi ottocento milioni di persone tra Africa, Asia e Medio Oriente. Secondo i dati 2020 dell’Observatory of Economic Complexity, forniscono il 29% delle esportazioni globali di grano. Proprio per questa ragione l’interruzione all’export del grano colpisce maggiormente i Paesi più poveri dove il cibo scarseggia e le persone muoiono di fame.
Secondo Annalena Barbock, ministro degli Esteri tedesco, “la Russia ha intenzionalmente scatenato una guerra del grano creando le basi per nuove crisi così che la cooperazione internazionale può essere ridotta”. I Paesi più poveri saranno devastati dalle conseguenze della guerra sul commercio globale perché i governi dei paesi produttori di cereali, sono costretti a bloccare l’export per mantenere e stabilizzare i prezzi all’interno dei loro confini.
L’agenzia Reuters afferma che nelle ultime settimane nonostante l’invasione russa, il Ministero dell’Agricoltura ucraino, è riuscito a completare la semina del grano in sei regioni su ventiquattro. Per il ministro dell’Agricoltura, Mykola Solskyi, nelle ultime due settimane c’è stata un’escalation nei furti di grano nell’Ucraina meridionale.
Stando alle dichiarazioni di Reuters i soldati russi avrebbero prelevato, dai silos di un’impresa agricola nella regione di Zaporizhzhia, ben 61 tonnellate di grano determinando la situazione che, entro il mese di giugno sarà documentata dall’WFP (world food programe) per la prima volta da quando esiste questo studio; un Paese europeo, l’Ucraina, comparirà nell’elenco “dei centri di allarme per la fame di massa”.
Si stima che ben tre abitanti su dieci si privano del cibo per nutrire i propri figli.
La gravità di questa situazione è resa ancora più drammatica dal fatto che in passato l’Ucraina è stata la protagonista di un efferato episodio di denutrizione di massa, noto come “Holodomor”, ovvero “sterminio per fame”.
Una carestia indotta, voluta da Stalin tra il 1932 e il 1933, per imporre ai contadini ucraini la collettivizzazione delle terre che provocò la morte di quasi dieci milioni di persone.
Per tutte queste ragioni l’Unione Europea ha provato ripetutamente a sbloccare i carichi di grano provenienti da Kiev, consapevole che trovare altri fornitori è fondamentale ma non semplice perché i costi della merce sono più elevati.
Il segretario di stato americano Antony Blinken ha convocato una riunione ministeriale nella sede dell’Onu, denominata Global food security call to action, alla quale hanno partecipato trenta Paesi, tra cui l’Italia, per cercare di fornire delle risposte concrete alla crisi umanitaria che si prospetta sempre più catastrofica.
In particolare, Blinken ha sollecitato soprattutto l’India, in quanto secondo Paese al mondo per produzione di grano, dopo la Cina ad intervenire in aiuto della Comunità internazionale.
L’India, dal canto suo, ha risposto alla richiesta annunciando il blocco delle esportazioni di buona parte della sua produzione, sebbene il primo ministro Narendra Modi, dopo un tour europeo, avesse assicurato che il suo Paese si sarebbe impegnato per mitigare gli effetti collaterali, ma pur sempre devastanti, provocati dalla guerra sul piano dell’industria alimentare mondiale.
Sudhanshu Pandey, segretario del Dipartimento di alimentazione indiano, ha affermato che “non si tratta di un divieto di esportazione del grano”, ma di una regolamentazione più oculata della produzione interna, al fine di “garantire la sicurezza alimentare indiana”.
Pochi giorni prima del blocco dell’India anche l’Indonesia ha deciso di fermare l’esportazione dell’olio di palma.
La Cina, che da tempo ha limitato le sue esportazioni per far fronte alla domanda interna, ha sostenuto la decisone dell’India esprimendo “preoccupazione” perla situazione internazionale che si è venuta a creare.
Lo stop alle esportazioni dei Paesi asiatici ha provocato un ulteriore aumento del prezzo del grano. A tal proposito l’Onu ha dichiarato che i prezzi del settore alimentare sono aumentati del 34% rispetto al 2021.
Secondo diversi osservatori la sicurezza alimentare diventerà uno dei temi principali della politica internazionale, e porrà le basi di nuove alleanze, perché tante sono le regioni nel mondo che rischiano di perdere la loro sicurezza alimentare non avendo più accesso ad una dieta sana ed equilibrata.
Crisi economiche e sociali si prospettano all’orizzonte.
È urgente comprendere le dinamiche del commercio, i punti di forza e di debolezza, per prevenire eventuali blocchi commerciali nella consapevolezza che il libero scambio garantisce stabilità e promuove la prosperità e i processi di democratizzazione.
È notizia di questi ultimi giorni che il presidente del Consiglio Mario Draghi ha avviato un tentativo di mediazione con il presidente russo Vladimir Putin, nel tentativo di sbloccare le tonnellate di grano ferme nei depositi ucraini.
Si tratta di un percorso a tappe nel quale gli ucraini “si impegnano a sminare i porti in cui rischiano di marcire enormi quantità di cereali, i russi promettono di non attaccare le squadre di esperti impegnati nell’operazione” e, soprattutto, di non sfruttare la finestra temporale dell’accordo umanitario per sbarcare sulle coste di Odessa.
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