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Il futurismo. La nascita dell’avanguardia. La metamorfosi la si ritrova nella mostra a Padova fino al 26 febbraio

Giornalista. Docente specializzata in analisi del comportamento per il recupero degli studenti con disabilità intellettiva.
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Futurismo

Futurismo 1910-1915. La nascita dell’avanguardia, a cura di F. Benzi, F. Leone, F. Mazzocca è uno tra gli eventi più interessanti del nuovo anno poiché ci invita a scoprire in modo inedito una realtà artistica fino ad ora poco svelata. Approfondisce un arco cronologico piuttosto ristretto, dal 1910 anno di nascita al 1915 in cui fu pubblicato il Manifesto Futurista di G. Balla e F. Depero.

La mostra, che si terrà a Padova nella splendida cornice di Palazzo Zabarella dal 1° ottobre 2022 al 26 febbraio 2023, presenta agli spettatori un corpus di opere provenienti da gallerie, musei e collezioni internazionali che tracciarono un vero e proprio spartiacque nelle ricerche artistiche del movimento.

Il movimento futurista – ideato da Filippo Tommaso Marinetti – pone al centro della propria ricerca “il binomio arte-vita” e si può considerare il precursore non solo del Dadaismo ma di tutte le neo avanguardie del secondo Novecento.

L’intento iniziale del Futurismo fu quello di risvegliare la cultura italiana “dall’immobilità e dal sonno”: essi, infatti, ritenevano inaccettabile che nell’era del progresso l’arte figurativa continuasse a proporre opere di carattere religioso e mitologico.

I futuristi erano affascinati dall’esperienza moderna che si sforzavano di evocare attraverso svariate sensazioni, non solo quelle visibili all’occhio. Le cose le si pensano in modo diverso, è il secolo della metamorfosi. I soggetti prediletti dai futuristi sono incentrati sulla tecnologia, la velocità e la violenza.

L’opera The City Rises (1910) di Boccioni – esposta durante la Mostra d’arte libera di Milano del 1911 – si può considerare il primo dipinto futurista in quanto sintetizza al meglio i tratti distintivi del movimento.

Con l’entrata in guerra dell’Italia, e la morte di Boccioni del 1916, il gruppo perse coesione: fu così che ognuno si orientò verso le altre forme di ricerca estetica che, in quegli anni, avevano preso il sopravvento come il cubismo di Picasso e Braque e il surrealismo, lo spiritualismo di Kandinskij o la ricerca geometrica di Mondrian.

Gli artisti futuristi che sopravvissero alla seconda guerra mondiale caddero in disgrazia con l’accusa di aver fiancheggiato il fascismo.

Nel secondo Novecento molti studiosi tra cui Giordano Bruno Guerri hanno in parte corretto l’accusa di collusione fascista, rilanciando l’interesse artistico-sociale verso il futurismo.

Prima d’ora nessuna mostra si era mai soffermata ad analizzare le radici culturali e figurative di un movimento che ha condizionato l’estetica occidentale nella prima metà del Novecento.

La mostra si compone di diverse sezioni: nella prima sezione, per esempio, spicca l’opera Paolo e Francesca (1909) di G. Previati – raffigurazione simbolista dei celebri amanti danteschi- Veneriamo la madre (1907-08) di U. Boccioni e Il roveto (o Tramonto) di Giuseppe Pellizza da Volpedo del 1900-02. Opere realizzate con materiali insoliti, tra cui il collage realizzato da C. Carrà del 1915, Cavallo e cavaliere, oppure i plastici di Balla e Depero, appositamente ricreati per questa rassegna poiché andati perduti; spiccano nelle sezioni Tridimensionalità e Polimaterismo.

Il percorso espositivo, dopo una sezione sulle Parolibere, tocca il tema della Guerra considerata l’unico mezzo che permette alla gioventù di prevalere sul passato vecchio e noioso. Chiude il percorso espositivo la Ricostruzione Futurista dell’Universo; entra a far parte del mondo degli uomini e degli oggetti quotidiani.

Tuttavia il vero capolavoro della mostra è la scultura più nota di Boccioni: Forme uniche nella continuità dello spazio; raffigura plasticamente un uomo che cammina attraverso una sequenza di curve, cavità, rilievi, spirali.

Roberta Fameli
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