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La prededucibilità dei crediti sorti in funzione della procedura fallimentare

Dottore Commercialista
Revisore Legale dei conti
Docente e formatore Crisi d’impresa

La recente sentenza delle Sezioni Unite offre lo spunto per esaminare la prededucibilità dei crediti nei casi di epilogo di autofallimento

Il tema della prededucibilità dei crediti dei professionisti sorti in funzione delle procedure concorsuali ai sensi del co. 2 dell’art. 111 RD 267/42 ha trovato, di recente, l’arresto giurisprudenziale delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che, con sentenza n° 42093 del 31.12.2021, ha enunciato il seguente principio di diritto “il credito del professionista incaricato dal debitore di ausilio tecnico per l’accesso al concordato preventivo o il perfezionamento dei relativi atti è considerato prededucibile, anche nel successivo e consecutivo fallimento, se la relativa prestazione, anteriore o posteriore alla domanda di cui all’art.161 l.f., sia stata funzionale, ai sensi dell’art.111 co.2  l.f., alle finalità della prima procedura, contribuendo con inerenza necessaria, secondo un giudizio ex ante rimesso all’apprezzamento del giudice del merito, alla conservazione o all’incremento dei valori aziendali dell’impresa, sempre che il debitore venga ammesso alla procedura ai sensi dell’art.163 l.f., ciò permettendo istituzionalmente ai creditori, cui la proposta è rivolta, di potersi esprimere sulla stessa; restano impregiudicate, da un lato, la possibile ammissione al passivo, con l’eventuale causa di prelazione e, per l’altro, la non ammissione, totale o parziale, del singolo credito ove si accerti l’inadempimento della obbligazione assunta o la partecipazione del professionista ad attività fraudatoria”.

Con ciò valorizzando il rapporto di funzionalità e di necessaria inerenza con la procedura di concordato aperta e ponendo fine al contrasto presente in numerosi precedenti laddove era prevalsa anche la tesi di una riconosciuta prededucibilità automatica, senza espresso riferimento all’utilità e all’apertura della procedura stessa.

Ciò posto, va in questa sede indagato un profilo che la Corte, nella sua pur imponente premessa, decide di affrontare senza, per vero, poi addivenire alla formulazione di un vero e proprio principio e lasciando così il lettore nel dubbio interpretativo.

Nell’ampio percorso motivazionale, che porta al requisito di funzionalità necessario, la sentenza  tocca, al paragrafo 39, lo “scenario” dell’equiparazione delle prestazioni svolte in funzione del concordato preventivo e quelle poste in essere per la preparazione del ricorso di auto fallimento, ripercorrendo l’attuale orientamento della giurisprudenza di legittimità; in tal senso riconoscendo che la prededucibilità è tutt’ora attribuita al “credito del professionista che abbia assistito il debitore nella preparazione della documentazione per la proposizione dell’istanza di fallimento in proprio” la quale “sebbene sia attività che può essere svolta personalmente dal debitore ma che lo stesso ha scelto di affidare ad un esperto di settore, costituisce un credito sorto in funzione della procedura fallimentare, prededucibile ai sensi dell’art. 111, co. 2, l.f., trattandosi appunto di norma generale, applicabile a tutte le procedure concorsuali”. Filone giurisprudenziale, mai smentito non risultando precedenti contrari (Cassazione 18922 del 09.09.2014; Cassazione 17596 del 28.06.2019, Cassazione 12578 del 12.05.2021) che si pone, dunque, in apparente contrasto con la soluzione offerta delle stesse SS.UU.,  nella parte in cui, per stabilire la funzionalità, necessariamente richiede che sia stata aperta una procedura di concordato preventivo (al fine di permettere istituzionalmente ai creditori di potersi esprimere sulla stessa); requisito questo che mai potrà presentarsi, ovviamente, nelle ipotesi in cui il debitore decida, magari anche dopo l’ingresso nella concorsualità con un’istanza ex art. 161 co.6 RD 267/42, di optare per la dichiarazione di fallimento in proprio.

La disarmonia può essere forse colmata attraverso il richiamo, che la stessa Corte adotta, al principio offerto dalla più recente Cassazione n° 25313 del 20.09.2021 la quale “meglio emancipandosi da ogni riconoscimento de plano, ha più efficacemente richiamato l’accertata strumentalità e funzionalità alla procedura fallimentare dell’iniziativa del debitore, che aveva allestito – dopo aver rinunciato al concordato preventivo avviato – la presentazione dell’istanza di fallimento in proprio con esercizio provvisorio, tramite costituzione di una cooperativa tra dipendenti ed acquisto del marchio e degli impianti, permettendo il proseguimento dell’attività caratteristica e dei posti di lavoro, cioè quella aggregazione di risorse che avrebbe reso adeguata, almeno secondo il confermato giudizio ex ante rimesso al giudice di merito, la scelta di instaurare e appunto preparare anche con l’apporto del terzo l’accesso alla procedura fallimentare, infatti oggetto di domanda accolta nei termini richiesti” (par. 39 sentenza 42093).

Così potendo ampliare il precetto giurisprudenziale e condurre a ritenere garantito dalla prededucibilità il credito maturato in un rapporto di funzionalità e di inerenza non solo nei casi di apertura del concordato preventivo, ma anche nel diverso epilogo fallimentare, se pur solo quando esso risulti conseguenza di iniziativa del debitore che abbia articolato mezzi atti alla conservazione del patrimonio in ottica concorsuale.

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