Il DL 7 maggio 2024, n. 60, noto come decreto "Coesione" entrato in vigore l’8.5.2024, giorno…
La singolare fattispecie di un’auto Autorizzazione
L’autorizzazione, per dottrina consolidata del diritto amministrativo, è, al pari della concessione, della licenza, dell’abilitazione e del permesso, un provvedimento ampliativo della sfera giuridica del destinatario. In particolare l’autorizzazione, come la licenza, rimuove un ostacolo all’esercizio di un preesistente diritto, a differenza della concessione che crea un diritto ex novo ed è di regola soggetta all’obbligo di motivazione. Tale obbligo invece manca per i semplici permessi come, ad esempio, quelli che consentono l’assenza del dipendente dal luogo di lavoro nei casi previsti dalla legge.
Ovviamente qualsiasi provvedimento amministrativo è emanato dal titolare di un pubblico potere e non ha mai come destinatario il medesimo ente pubblico che lo emana.
L’art. 32 I comma nn 6 bis e 7 D.P.R. 29 settembre 1973 n 600 prevede che, in sede di accertamento delle imposte sui redditi, l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza, autorizzate rispettivamente dal direttore centrale e dal comandante regionale, possono chiedere al contribuente una “dichiarazione” relativa ai rapporti intrattenuti con le banche e con gli intermediari finanziari ovvero chiedere direttamente agli anzidetti banche ed intermediari “dati, notizie e documenti” relativi alle operazioni effettuate dal contribuente.
La fattispecie delineata dalla norma sopra citata già denota di per sé la sua singolarità, atteso che, diversamente dalla regola, l’autorizzazione viene rilasciata dall’organo di vertice dello stesso soggetto pubblico che ne deve usufruire.
La legge non prevede un espresso obbligo di motivazione di questa autorizzazione ma, in base ai principi generali del diritto amministrativo, la motivazione sarebbe un requisito naturale di tale tipologia di provvedimenti.
Si è posto pertanto, in sede contenziosa, il duplice problema di giudicare la validità di una (auto) autorizzazione non motivata e di statuire l’utilizzabilità o meno – nel procedimento accertativo delle imposte sui redditi – della dichiarazione del contribuente e/o dei dati, notizie e documenti acquisiti senza previa autorizzazione.
La parola definitiva in materia è stata pronunciata dalla Corte di Cassazione sez. V civile con l’Ordinanza n. 4853 del 23 febbraio 2024 con la quale la Suprema Corte ha stabilito che “In tema di accertamento delle imposte, l’autorizzazione per l’espletamento di indagini bancarie non necessita dell’indicazione dei motivi, non solo perché, in relazione ad essa, la legge non prevede alcun obbligo di motivazione, ma anche in quanto, nonostante il “nomen iuris”, essa esplica una funzione organizzativa, incidente solo nei rapporti tra uffici, ed ha natura di atto meramente preparatorio, cosicché non è qualificabile come provvedimento o atto impositivo, tipologie di atti per le quali è previsto, rispettivamente, dall’art. 3, comma 1, l. n. 241 del 1990 e dall’art. 7 l. n. 212 del 2000, un obbligo di motivazione”.
Consegue che “dalla sua mancata allegazione ed esibizione non discende l’illegittimità dell’avviso di accertamento fondato sulle risultanze delle movimentazioni bancarie acquisite, poiché l’illegittimità dell’atto può derivare solo dalla sua materiale assenza e sempre che ne sia derivato un concreto pregiudizio per il contribuente” e la legge tributaria, a differenza di quella penale processuale, non prevede l’inutilizzabilità delle prove acquisite in maniera irrituale.
Quindi la Suprema Corte, modificando la classica natura giuridica dell’autorizzazione (da provvedimento amministrativo ampliativo delle posizioni giuridiche, soggetto a motivazione e necessariamente proveniente da un soggetto diverso dal destinatario ad atto meramente preparatorio che può provenire anche dall’utilizzatore del medesimo senza l’obbligo di indicarne le ragioni) ha “salvato” indistintamente tutti gli accertamenti tributari fondati su indagini bancarie compresi quelli neppure preceduti dall’autorizzazione richiesta dalla legge.
Restano in sospeso due quesiti: quello relativo all’obbligo più che alla facoltà della banca e dell’intermediario finanziario di rifiutarsi di comunicare dati, notizie e documenti all’organo accertatore delle imposte privo di autorizzazione e quello concernente la responsabilità civile e quindi il diritto al risarcimento del danno a favore del contribuente ed a carico della banca e dell’intermediario che abbiano offerto la loro collaborazione all’organo accertatore privo di autorizzazione.
Al primo quesito, atteso che –come precisato dalla Cassazione- l’autorizzazione in esame “incide solo nei rapporti tra uffici” deve darsi certamente risposta affermativa. E di conseguenza, sul presupposto dell’anzidetto obbligo, derivante direttamente dalla legge, non si può escludere un diritto al risarcimento a favore del contribuente ed a carico della banca o dell’intermediario che tale obbligo non ha rispettato.
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