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L’accesso alle banche dati ed i poteri di indagine del Curatore

Dottore Commercialista
Revisore Legale dei conti
Docente e formatore Crisi d’impresa

I poteri di indagine del Curatore, volti alla ricostruzione del patrimonio dell’impresa assoggettata alla liquidazione giudiziale, sono stati notevolmente ampliati con l’introduzione del D.lgs. 14/2019. L’art. 49 CCII dispone, infatti, recependo una prassi che aveva trovato ampia applicazione nella maggior parte dei Tribunali, che con la sentenza che dispone l’apertura della liquidazione giudiziale, il tribunale, inter alia, autorizza il Curatore, con il disposto della lettera f) del comma 3, “con le modalità di cui agli articoli 155-quater, 155-quinquies e 155-sexies delle disp.att del c.p.c.:

1) ad accedere alle banche dati dell’anagrafe tributaria e dell’archivio dei rapporti finanziari;

2) ad accedere alla banca dati degli atti assoggettati a imposta di registro e ad estrarre copia degli stessi;

3) ad acquisire l’elenco dei clienti e l’elenco dei fornitori;

4) ad acquisire la documentazione contabile in possesso delle banche e degli altri intermediari finanziari relativa ai rapporti con l’impresa debitrice, anche se estinti;

5) ad acquisire le schede contabili dei fornitori e dei clienti relative ai rapporti con l’impresa debitrice.

La disposizione, di ampia portata, ha un evidente contenuto precettivo che genera, a ben vedere, un preciso obbligo a carico del Curatore di attivarsi in tal senso, senza che possa essere interpretato come mera facoltà, da attivare, dunque, discrezionalmente. La volontà legislativa è, infatti, quella di agevolare la ricostruzione del patrimonio beneficiando delle c.d “fonti esterne”, senza poter invocare l’eventuale assenza della documentazione depositata.

Ad essa si affianca l’ulteriore potere recato dal co. 2 dell’art. 130 CCII che, nel regolamentare la relazione ed i rapporti riepilogativi, prevede che quando il debitore non ottempera agli obblighi di deposito di cui all’articolo 49, comma 3, lettera c), o quando le scritture contabili sono incomplete o comunque risultano inattendibili, il curatore, con riguardo alle operazioni compiute dal debitore nei cinque anni anteriori alla presentazione della domanda cui sia seguita l’apertura della liquidazione giudiziale, oltre alle ricerche effettuate ai sensi dell’articolo 49, comma 3, lettera f), possa chiedere al giudice delegato di essere autorizzato ad accedere a banche dati, ulteriori rispetto a quelle di cui all’articolo 49 e specificamente indicate nell’istanza di autorizzazione (tra le quali possono, ad esempio, annoverarsi le richieste agli archivi notarili, gli accessi alla documentazione conservata presso qualunque ufficio o ente, e più in generale, la consultazione di qualunque “banca dati”).

Norma che, quand’anche apprezzabile nell’intento, contiene alcuni elementi di criticità che potrebbero ridurre la portata dell’intervento.

In primo luogo, in punto di puro formalismo, va segnalato l’ultroneo richiamo agli articoli 155-quater, 155-quinquies e 155-sexies che, essendo riferiti a richieste da formulare agli Enti, non pare possano adattarsi alle acquisizioni delle schede contabili. Parimenti non sembra del tutto felice il richiamo all’elenco dei clienti e fornitori, destinato a perdere vigore in considerazione dell’avvenuta abrogazione di tale obbligo già a far data dal 1/1/2019 e che va, evidentemente, riferito al periodo antecedente, non mancando di evidenziare come esso sia comunque integrato dalla possibile consultazione degli archivi delle fatture elettroniche, attive e passive.

Ma quel che più manca è, con riferimento alla prevista acquisizione delle schede contabili dei fornitori e dei clienti, una precisa disposizione che imponga un’attestazione di veridicità del dato e di conformità alle scritture contabili, nonché un’espressa sanzione o un rimedio coattivo nelle ipotesi, vi è da credere frequenti, in cui i destinatari della richiesta omettano la risposta.

Poter contare su di un riscontro da parte del cliente, nelle situazioni di imprese che vantino posizioni creditorie di rilievo, rappresenta un indubbio vantaggio in termini di affidabilità dei rapporti e di speditezza della procedura, evitando di attivare inutilmente procedure infondate.

Tuttavia, ben potrebbe il soggetto compulsato provvedere ad alterare il contenuto della scrittura ausiliaria, senza che si possa ottenere un ulteriore riscontro riferito, ad esempio alle registrazioni del libro giornale o all’acquisizione delle fatture; così come potrebbe la controparte decidere di omettere il riscontro proprio al fine di impedire la ricostruzione del rapporto.

Ferma la lacuna attestativa, resta allora da domandarsi se tra i poteri del Giudice Delegato possa rientrare quello di ordinare alla Polizia Giudiziaria di acquisire il dato omesso, potendo immaginare una risposta positiva per effetto del richiamo al principio di cooperazione tra gli Uffici che si ricava, in via generale, dalle attivate prassi e dai protocolli adottati dai Tribunali, specie nei casi in cui si sospetta l’utilizzo di fatturazioni per operazioni inesistenti o altre ipotesi di reato. Acquisizione che, quand’anche si rivelasse non decisiva ai fini penalistici, consentirebbe, in ogni caso, di reperire l’informazione utile anche ai soli fini dell’avvio di idonee azioni di recupero.

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