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A Santo Stefano Belbo, dall’otto all’undici settembre, si terrà il “Pavese Festival” per ricordare Cesare Pavese
Il 27 agosto del 1950 veniva trovato morto in una camera d’albergo Cesare Pavese, aveva solo 42 anni ed era stato uno degli scrittori più importanti del secolo: la sua morte era destinata a lasciare un profondo vuoto nella letteratura nazionale e nella vita culturale della sua città natale: Torino.
Natalia Ginzburg nel suo Ritratto di un amico gli dedicò queste parole: “La nostra città rassomiglia, adesso noi ci ne accorgiamo, all’amico che abbiamo perduto e che l’aveva cara; è, come lui, laboriosa, aggrondata in una sua operosità febbrile e testarda […] in ogni angolo e ad ogni svolta ci sembra che possa a un tratto apparire la sua figura”.
Pavese nacque nel 1908 in un paesino delle Langhe in provincia di Cuneo, Santo Stefano Belbo al quale rimase sempre legato: era sua abitudine, infatti, tornare ogni anno per trascorrervi l’estate.
La sua infanzia trascorse in solitudine in quanto funestata dalla morte di una sorella e di due fratelli maggiori. A Torino, dove ben presto si trasferì, frequentò le scuole medie e il liceo d’Azeglio. In questo contesto socio-culturale conobbe alcune tra le persone più importanti della sua vita, tra cui: Tullio Pinelli, Leone Ginzbug e Giulio Einaudi, il futuro fondatore della Casa editrice che avrebbe pubblicato tutti i suoi libri.
Diplomatosi nel 1926, si iscrisse alla Facoltà di Lettere e Filosofia distinguendosi, tra l’altro, per la bravura e per la padronanza della lingua inglese che gli consentì di tradurre le opere in prosa e in versi di molti autori, tra cui Sherwood Anderson, Sinclair Lewis e soprattutto Walt Whitman.
Tradusse Moby Dick di Herman Melville e Riso nero di Anderson.
Per molti anni affiancò all’attività di traduttore quella d’insegnante di lingua inglese, fino a quando nel 1934, divenne il direttore della rivista La Cultura prendendo il posto di Leone Ginzburg che, nel frattempo, era stato arrestato dalla polizia fascista.
Fu così che iniziò anche la sua collaborazione con la casa editrice Einaudi.
Ben presto iniziò ad essere perseguitato dal regime a causa della frequentazione di numerosi intellettuali antifascisti. In seguito al ritrovamento di una lettera politica, dopo una perquisizione a casa sua, fu arrestato e ingiustamente condannato a 3 anni per antifascismo e confinato a Brancaleone Calabro.
Fu in quella occasione che si manifestarono i primi segni di depressione.
Dopo un anno di confino pubblicò Lavorare stanca, una raccolta di poesie in cui si evidenziano i principali nuclei tematici della produzione letteraria pavesiana: la solitudine, il silenzio e il rapporto di amore/odio nei confronti delle Langhe.
Tornato a Torino nel 1936 scoprì che la sua amante Tina Pizzardo, la donna a cui era destinata la lettera per cui venne confinato, si era sposata con un altro. Nello stesso anno scrisse anche i suoi più celebri romanzi brevi, La bella estate e La spiaggia.
Nel 1939 rielaborò l’esperienza del confino con il romanzo intitolato Il carcere.
Nel frattempo inizia a scrivere i racconti che verranno pubblicati postumi, prima nella raccolta Notte di festa. Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale trascorse molto tempo nascosto nel convento di Crea in campagna.
Nel 1945 si trasferì a Roma per potenziare la sede dell’Einaudi nella Capitale, si iscrisse al Partito Comunista, cominciò a collaborare all’Unità e pubblicò il romanzo politico Il compagno. Nel 1947, invece, inaugurò la collana di narrativa dei Coralli, divenuta nel corso degli anni una pietra miliare nel mondo dell’editoria.
Il 1950 lo vide protagonista della scena letteraria italiana come autore di un nuovo romanzo sulla guerra partigiana La luna e i falò e, nel mese di giugno, come vincitore del Premio Strega con La bella estate comprendente tre romanzi brevi: “La bella estate” (1940), “Il diavolo sulle colline” (1948), e “Tra donne sole” (1949).
Alla serata di gala prevista a Roma per ritirare il premio fu accompagnato da Doris Dowling, sorella di Constance, l’attrice americana che di fatto fu il suo ultimo amore.
Connie, come era solito chiamarla, a cui aveva dedicato la raccolta di poesie Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, rappresentò la sconfitta sentimentale definitiva per un’anima già profondamente delusa dalle precedenti storie d’amore.
Tre donne: tre sconfitte difficili da dimenticare e, infatti, il14 luglio sulle pagine del suo diario Pavese annotò: “Tornato da Roma. Apoteosi. E con questo? Ci siamo. Tutto crolla. L’ultima dolcezza l’ho avuta da D. non da lei.
Dunque non sorprende che nonostante i successi si susseguissero numerosi nel mondo del lavoro il suo malessere interiore aumentasse, come testimoniano le poche righe scritte in quei giorni nel suo diario, pubblicato postumo nel 1952 con il titolo Il mestiere di vivere.
Non solo le delusioni amorose, ma anche le accuse provenienti dagli ambienti intellettuali comunisti per un suo articolo uscito su Cultura e realtà.
Il 20 agosto il gesto estremo. La scoperta del cadavere avvenne la sera del 27 agosto: furono trovate sulla mensola del lavabo venti bustine di sonnifero. Sul davanzale della finestra invece furono ritrovati i resti di una lettera incenerita, sul comodino, accanto al libro a lui più caro: Dialoghi con Leucò, fu ritrovato un pezzo di carta, un biglietto d’addio, scritto con mano ferma e sicura “Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi.
Moriva l’autore italiano più importante e influente di quegli anni. La sua morte scosse tutti, intellettuali a lui vicini, amici e critica.
Da allora ogni anno a Santo Stefano Belbo si celebra l’illustre concittadino ospitando il Pavese Festival: una manifestazione di arte, letteratura, musica e teatro che si svolgerà dall’otto all’undici settembre 2022, tra le colline tanto amate dallo scrittore.
Al fine di sottolineare la valenza nazionale dell’iniziativa la Giuria ha deciso di riunirsi a Firenze, nella sede dell’Accademia della Crusca e non in Piemonte, come si era sempre fatto.
Filo conduttore del Festival sarà la donna nelle opere di Pavese sintetizzata nella frase “Tu sei come una terra / che nessuno hai mai detto” tratta da una poesia della raccolta La terra e la morte (1945).
Ad essa si è ispirato tra l’altro l’illustratore Paolo Galetto che ha realizzato l’immagine guida del Festival: un acquerello in bianco e nero con un “unico tocco di colore, dei petali di un rosso festa, fiammeggiante, passionale. La frase guida come un tatuaggio che corre lungo la schiena”. Tra le novità più interessanti di quest’anno spicca la tappa calabrese di Brancaleone, dove Cesare Pavese fu confinato tra il 1935 e il 1936.
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