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Abuso dei permessi della Legge 104: la Cassazione conferma il licenziamento

Avvocato esperta in diritto penale, civile, del lavoro, dell'impresa e dell'immigrazione

Un lavoratore utilizzava i permessi per l’assistenza alla zia disabile per svolgere attività personali: gli ermellini ribadiscono la legittimità del licenziamento.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5906 del 5 marzo 2025, ha confermato il licenziamento per giusta causa di un lavoratore accusato di utilizzo improprio dei permessi retribuiti concessi per assistere un familiare disabile. La decisione ribadisce un principio ormai consolidato in giurisprudenza: l’utilizzo non conforme di tali permessi costituisce una grave violazione dei doveri di correttezza e buona fede nei confronti del datore di lavoro e dell’ente previdenziale.

Il caso

Il caso ha avuto origine dal licenziamento di un dipendente di una società per azioni, accusato di aver usato in modo improprio i permessi retribuiti ex Legge 104, destinati all’assistenza della zia disabile. Secondo quanto accertato dalla Corte d’Appello di Catania, il lavoratore impiegava solo mezz’ora al giorno per l’accudimento della parente, mentre il resto del tempo lo dedicava ad attività personali, tra cui gite in barca a vela. La società, ritenendo il comportamento gravemente lesivo degli obblighi contrattuali, aveva optato per la massima sanzione disciplinare: il licenziamento per giusta causa. La Corte d’Appello di Catania aveva anche sottolineato che il licenziamento era proporzionato rispetto alla gravità della condotta, questo anche se in realtà il CCNL  prevede più lievi per altre infrazioni.

Il lavoratore aveva presentato ricorso in Cassazione, contestando la decisione della Corte d’Appello e lamentando la violazione dei criteri di rilevazione dell’abuso del diritto, oltre all’omesso esame di elementi decisivi, come l’orario effettivo di inizio della sua attività lavorativa.

La decisione della Cassazione.

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, confermando integralmente il licenziamento. I giudici hanno ribadito che la valutazione della condotta del lavoratore rientra nella competenza del giudice di merito e che il comportamento accertato giustificava la massima sanzione disciplinare.

In particolare, la Cassazione ha sottolineato che l’abuso dei permessi della Legge 104/1992 costituisce una violazione grave dei principi di correttezza e buona fede. L’assenza dal lavoro deve essere direttamente collegata all’assistenza del familiare disabile, senza che sia necessaria una coincidenza perfetta tra l’orario dei permessi e il tempo dedicato all’assistenza. Tuttavia, se il lavoratore utilizza i permessi per scopi personali, il comportamento può configurarsi come un grave inadempimento, idoneo a giustificare il licenziamento per giusta causa. Questo orientamento è stato già ribadito in altre pronunce della Suprema Corte (Cass. nn. 6469 e 11999 del 2024; Cass. nn. 30462, 7306 del 2023; Cass. nn. 25290, 16973 del 2022).

Vero è che non sempre l’abuso dei permessi ex Legge 104 comporta automaticamente il licenziamento. In una recente ordinanza (n. 22643 del 9 agosto 2024), infatti, la Cassazione ha confermato l’uso improprio dei permessi, ma ha ritenuto che la sanzione del licenziamento fosse sproporzionata. In quel caso, la Corte ha ritenuto legittima la decisione della Corte d’Appello di ridimensionare la gravità dell’inadempimento, considerando fattori attenuanti, come l’assenza di precedenti disciplinari e la mancanza di un quadro probatorio univoco.

Orbene, la sentenza n. 5906/2025 conferma la linea rigorosa adottata dalla giurisprudenza in materia di utilizzo dei permessi retribuiti per l’assistenza ai disabili. Tale pronuncia ha voluto rimarcare un principio fondamentale: i permessi della Legge 104 devono essere usati esclusivamente per l’assistenza del familiare disabile e qualsiasi utilizzo improprio può avere conseguenze gravi, fino al licenziamento per giusta causa. Tuttavia, ogni caso deve essere valutato nel merito, tenendo conto della proporzionalità tra la sanzione e la gravità dell’abuso commesso.

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