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Assegno di divorzio tra fattispecie impositive e ipotesi fiscalmente irrilevanti
L’obbligo di somministrazione dell’assegno divorzile, disposto in forza del provvedimento giurisdizionale dichiarativo della cessazione degli effetti civili o dello scioglimento del matrimonio, determina, sul versante tributario, differenti effetti a seconda che il pagamento sia periodico, effettuato in unica soluzione, seppur definito nell’importo, corrisposto in misura frazionata.
In applicazione della disciplina positiva in tema di divorzio, ed in ragione di specifiche e particolari situazioni valutabili dalla Autorità giudiziaria al momento della pronuncia, potrebbe porsi l’obbligo di versamento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge.
L’erogazione periodica, ove giudizialmente disposta e quantificata, produce importanti conseguenze di carattere impositivo per entrambi gli ex coniugi: posto che si configura come reddito tassabile per il beneficiario dell’assegno in parola (ad esclusione dell’importo riferibile al mantenimento dei figli, nella misura indicata nel provvedimento del Giudice), mentre costituisce onere deducibile (ai fini IRPEF) per il soggetto erogante.
Le vicende portate sovente a cospetto della magistratura tributaria, quali il versamento una tantum, la corresponsione di assegni scaduti e/o arretrati, il rimborso delle imposte versate sugli assegni tassati ed il pagamento dei premi assicurativi, hanno gradualmente favorito una interpretazione costituzionalmente orientata delle vigenti e pertinenti regole giuridiche.
Il carattere imponibile dell’assegno periodico
In applicazione del principio normativo di cui all’art. 5, comma 6 della Legge n. 898/70, e della prevalente opinione giurisprudenziale, di legittimità e di merito, l’assegno divorzile è determinato (fatta salva l’evoluzione della situazione economico-patrimoniale da far valere in eventuale giudizio di revisione) in funzione di molteplici criteri oggetto di valutazione all’atto della decisione, quali:
- la durata del matrimonio;
- l’età dell’avente diritto, del suo titolo di studio e di eventuali patologie ostative al normale svolgimento delle attività quotidiane;
- le condizioni economico-patrimoniali delle parti;
- il contributo reso dall’ex coniuge richiedente, economicamente più debole, alla conduzione della vita familiare e alla realizzazione del patrimonio comune.
In merito al comparto delle imposte sui redditi giova qui evidenziare che l’onere economico quantificato dal Giudice del divorzio, compreso l’eventuale adeguamento ISTAT, ove espressamente contemplato nel provvedimento giudiziale, produce due diverse conseguenze ricadenti, rispettivamente, nella sfera giuridica del dante causa e dell’avente diritto.
Più precisamente, per l’ex coniuge tenuto l’adempimento della obbligazione divorzile, l’assegno periodico costituisce, ai sensi dell’art. 10 comma 1 lettera c) del TUIR, un onere deducibile per l’ex coniuge percipiente, invece, l’assegno di divorzio conserva piena valenza imponibile quale reddito assimilato a quello di lavoro dipendente, ex art. 50 comma 1 lett. i) del TUIR, ad esclusione della sola quota destinata al sostegno dei figli (che, come è noto, non è fiscalmente deducibile dal reddito complessivo del dante causa), si considera riferita al loro mantenimento la metà dell’importo di cui alla statuizione giudiziale.
Assegno divorzile una tantum versato in unica soluzione.
Sul piano impositivo, per quel che qui interessa, occorre distinguere le seguenti due ipotesi:
- la prima, riguardante l’assegno periodicamente versato in ottemperanza alla decisione giudiziale;
- la seconda, invece, relativa alla corresponsione una tantum, ovvero in unica soluzione.
Ciò posto, rileva, che diversamente dall’assegno periodico, soggetto a tassazione ordinaria secondo il diritto attualmente vigente, l’importo versato una tantum non concorre alla determinazione del reddito complessivo del soggetto beneficiario e, pertanto, non assume alcun rilievo sul versante impositivo.
Infatti, secondo il costante indirizzo interpretativo la somma versata a titolo di assegno divorzile, in via definitiva e senza altro futuro versamento, non concorre alla formazione dell’imponibile fiscale del percipiente; per l’effetto detta erogazione, per il beneficiario, non costituisce onere deducibile per l’ex coniuge che esegue l’atto adempitivo.
Giova evidenziare che, in virtù di una risalente e minoritaria opzione interpretativa, l’assegno di divorzio versato in una unica soluzione è da considerarsi parimenti deducibile, posto che difetterebbe di un ragionevole motivo che non giustifica un trattamento tributario diverso, rispetto a quello previsto per l’assegno periodico.
Assegno di divorzio una tantum con pagamento rateale
Gli ex coniugi potrebbero aver concordato, anche attraverso un accordo transattivo, il versamento di un assegno divorzile definitivo, ovvero una tantum, che corrisponde in forma dilazionata anziché in unica soluzione.
Ricorrendo la circostanza di cui innanzi, atteso che il pagamento della somma dovuta a detto titolo viene “spalmato” in un arco temporale negozialmente convenuto, assume comunque importanza il carattere periodico delle erogazioni; ed infatti, stante la periodicità dei versamenti, occorre chiedersi se gli stessi costituiscano o meno, per il beneficiario, reddito tassabile.
Per l’ex coniuge obbligato al pagamento, invece, rileva appurare se i valori rateizzati possano essere qualificati come oneri fiscalmente deducibili in sede di determinazione del reddito imponibile.
Considerazioni conclusive
A tal fine, occorrerà sempre partire dalla pronuncia di divorzio onde ricercare ogni utile dato di fatto che, posto in relazione ai principi normativi applicabili, alla elaborazione pretoria ed ai documenti di prassi, consenta di ricavare la soluzione giuridicamente più corretta.
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