Quando parliamo di sostenibilità, spesso la associamo alla tutela dell’ambiente o a una crescita economica equa…
Crisi di Impresa e omessi versamenti fiscali
Lo stato di sofferenza economica delle imprese causato dalla drammatica crisi pandemica che stiamo vivendo, potrebbe comportare all’imprenditore la problematica degli omessi versamenti fiscali derivanti dalla crisi di liquidità.
Con la Sentenza della sezione III del 16 luglio n.220, n. 21158, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di omesso versamento di ritenute certificate, punito dall’art. 10-bis del DLgs. 74 del 2000,offrendo spunti sugli effetti scriminanti dalla crisi di liquidità del debitore.
I Giudici confermano la ritrosia a ricondurre lo stato di sofferenza dell’impresa, constatando la circostanza, che in caso di omesso versamento delle ritenute, sono in rilievo somme già nella piena disponibilità del sostituto d’imposta, il quale anzichè versare all’Erario li utilizza per altri scopi.
Secondo la Corte di Cassazione, per verificare le giustificazioni sarebbe necessario dimostrare che la mancanza dei mezzi finanziari possa rappresentare la conseguenza di un evento imprevisto da cui deriva l’impossibilità di adempiere, infatti, la causa di forza maggiore ricorre solamente nelle circostanze in cui il debitore non ha nessun margine di scelta.
Praticamente, per il contribuente in grave crisi finanziaria il “corridoio” di ingresso all’articolo 45 c.p. non ha particolare rilevanza se si considera la decisione della Suprema Corte, secondo cui il mancato accantonamento delle ritenute operate (e dell’IVA incassata) rende irrilevante ogni sforzo per rimediare alla crisi della propria impresa.
Analizzando le motivazioni della Corte, ci si convince che per evitare la condanna penale per debiti fiscali (IVA e ritenute IRPEF), in caso di crisi finanziaria sono ridotti se non nulli.
A maggior ragione se si considera che la stessa giurisprudenza di legittimità ha escluso l’applicabilità della scriminante dello stato di necessità al “bisogno economico”, sostenendo che questa situazione di decozione si deve fronteggiare con gli strumenti dello stato sociale (cfr. Corte di Cassazione, Sez. III sent. 29 maggio 2020 n. 16433).
In questo senso la pandemia potrebbe essere un banco di prova per la legislazione penal-tributaria in materia di riscossione, una evoluzione per il rispetto alle conseguenze degli stati di crisi finanziaria.
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