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Diritto all’aborto negli Stati Uniti. Tuonano forti le parole di Joe Biden
È notizia recente che Joe Biden abbia firmato un ordine esecutivo per garantire il diritto all’aborto negli Stati Uniti impegnandosi a porre il veto a qualsiasi ulteriore restrizione.
Dopo il voto di midterm di novembre tuonano le sue parole: “non si può permettere a una Corte fuori controllo di limitare le libertà” ed esprimendo inoltre la speranza che le “donne votino in massa per riprendersi i diritti”.
Le donne che vorranno abortire potranno avvalersi di tutti i servizi di assistenza medica e psicologica usufruendo anche di cliniche mobili vicine ai confini degli Stati che “limitano l’accesso all’aborto”.
Com’è noto è accaduto che a fine giugno la Corte suprema americana si è pronunciata sulla legittimità di una legge che negli anni Settanta fece clamore, in quanto legalizzò l’aborto nello Stato del Mississippi.
Questa sentenza non riguarda solo le donne americane, ma tutte le donne del mondo perché rischia di generare applicazioni restrittive delle leggi sull’aborto rafforzando posizioni politiche ostili ai diritti sessuali e riproduttivi che, da molto tempo, stanno nascendo in tutta Europa.
Era il 1973 e si dibatteva il caso Dobbs vs Jackson Women’s Health Organization. La sentenza stabilì che Jane Roe, pseudonimo di Norma Mc Corvey, aveva il diritto di abortire sulla base del diritto alla privacy in quanto “la donna ha diritto ad autodeterminarsi”.
In tal modo si affermava non solo il fondamento costituzionale di questo diritto, ma anche la sua universalità rendendo illegittime, in tutti gli stati, le leggi che vietavano l’aborto.
L’onda lunga del femminismo americano si spinse anche in Italia dove la Corte costituzionale pur premettendo che “l’art. 2 della Costituzione riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”, e fra questi “non può non collocarsi, sia pure con le particolari caratteristiche sue proprie, la situazione giuridica del concepito “.
Stabilì che “non esiste equivalenza fra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute proprio di chi è già persona, come la madre, e la salvaguardia dell’embrione che persona deve ancora diventare”. Non può non collocarsi, sia pure con le particolari caratteristiche sue proprie, la situazione giuridica del concepito. Depenalizzò l’aborto e formulò una legge che è tutt’ora in vigore: la legge n. 194 del 1978.
Poche settimane fa, invece, con una decisone sofferta che ha spaccato la Corte con 6 voti a favore e 3 contrari ha annullato la Roe vs Wade lasciando ai singoli stati la libertà di legiferare in materia.
Il risultato è che il Texas, che ha la normativa più rigida sull’interruzione di gravidanza, ha reso subito illegale l’aborto: basti pensare che la legge texana prevede la riscossione di vere e proprie taglie per chi denuncia le donne che abortiscono.
Le reazioni del mondo politico sono state variegate: per esempio secondo Kevin McCarthy, leader dei repubblicani, questa sentenza salverà molte vite umane, Donald Trump, artefice della svolta ultra conservatrice dell’Alta corte americana, con la nomina di tre giudici sul finire del suo tumultuoso quadriennio, afferma che è stata fatta la “volontà di Dio”.
Di parere opposto il vicepresidente Kamala Harris secondo la quale “La teoria legale rivendicata dalla Corte Suprema per ribaltare la Roe v Wade mette a rischio anche altri diritti”.
Reazioni sono giunte anche dal Regno Unito dove l’ex premier Boris Johnson ha condannato in modo netto la decisione della Corte Suprema come “un grande passo indietro”. Ha affermato anche di aver sempre “creduto nel diritto di scelta delle donne”.
Anche il presidente francese Emmanuel Macron ha twittato: “l’aborto è un diritto fondamentale per tutte le donne. Bisogna proteggerlo. Esprimo la mia solidarietà alle donne le cui libertà sono oggi rimesse in discussione dalla Corte suprema degli Stati Uniti”.
Molte sono state le persone che si sono riunite di fronte all’ambasciata di Washington a Londra per dar luogo ad una protesta, e persino l’Onu è intervenuto sulla questione affermando che abolire il diritto ad abortire è “un colpo terribile ai diritti umani delle donne”.
Dal canto suo il mondo dell’arte ha fatto sentire la propria voce attraverso le opere di alcune artiste impegnate nel campo dell’attivismo politico, come per esempio Barbara Kruger all’indomani della sentenza ha creato un’opera per un intervento sul New York Times adoperando il noto lettering nero su bianco. Marilyn Minter, invece, ha pubblicato su Instagram il video My Vote, in cui esprime il proprio dissenso in occasione delle elezioni di medio termine in programma a novembre.
La sentenza della Corte Suprema americana ci mostra che nessun diritto deve essere dato per scontato: i diritti civili dipendono dalle vicende umane ed è per questo che devono essere tutelati tramite le costituzioni che servono a limitare il potere dei singoli e garantiscono i diritti nel presente e nel futuro.
La Costituzione americana, redatta a Filadelfia nel 1787, si pone l’obiettivo di proteggere i diritti individuali ma anche di assicurare al governo federale la sovranità democratica popolare.
In particolare il XIV emendamento con la sua “doctrine of incorporation” consente al cittadino di invocare la tutela delle libertà comprese nella Carta dei Diritti anche contro i singoli Stati: fu approvato per garantire agli ex-schiavi la tutela dei diritti civili annullando, di fatto, la sentenza Dred Scott v. Sandford che li escludeva dal godimento dei diritti costituzionali.
Proprio la clausola che richiede di garantire la stessa protezione legale, a tutte le persone sottoposte alla giurisdizione dello Stato, è alla base alla base di casi molto importanti, com’è appunto quello di Roe vs Wade riguardo all’aborto. In conclusione possiamo dire che è necessario che ogni cittadino possa esercitare sempre i propri diritti, perché “la mancata concretizzazione può agire da moltiplicatore delle diseguaglianze”.
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