Il processo a Julian Assange è diventato uno dei casi legali più significativi degli ultimi anni poiché solleva importanti questioni riguardanti la libertà di stampa, la protezione dei whistleblower e il confine tra giornalismo investigativo e attività criminale.
La sua notorietà internazionale ebbe inizio nel 2010, quando pubblicò un video segreto dell’esercito americano, Collateral Murder, che mostrava un elicottero aprire il fuoco contro due giornalisti iracheni di Reuters, scambiati per guerriglieri e poi di nuovo contro un gruppo di civili.
Subito dopo furono pubblicati centinaia di migliaia di “cablo” statunitensi ovvero le comunicazioni diplomatiche che ambasciate e consolati americani nel mondo scambiano tra loro e con il dipartimento di Stato.
In entrambe le occasioni Wikileaks mantenne anonimato della fonte che aveva consegnato il materiale ma un paio di mesi dopo la pubblicazione l’esercito americano riuscì a individuarla: si trattava di Chelsea Manning, ex analista dell’intelligence, convinto che l’assoluta trasparenza promossa da Assange avrebbe migliorato il mondo.
Tra coloro che in questi anni hanno accusato Assange di aver violato il National Espionage Act del 1917 ci sono le principali organizzazioni dei media, i sostenitori della libertà di stampa e il parlamento australiano.
Da allora, è stato coinvolto in una lunga battaglia legale per evitare l’estradizione negli Stati Uniti: Washington, infatti, vuole che Assange venga giudicato per i diciotto capi d’accusa dei quali è stato accusato presso il tribunale federale della Virginia per aver pubblicato “circa 700mila documenti riservati, sottratti al Pentagono e al Dipartimento di Stato” mettendo in pericolo molte vite umane perché “il leak sulla guerra in Afghanistan conteneva i dati identificabili di centinaia di afghani coinvolti in varie maniere nelle operazioni militari americane”.
Il Dipartimento della Giustizia Usa rendendo pubblica l’accusa di hacking ha dichiarato che nel caso in cui la colpevolezza di Assange fosse dimostrata, è probabile una sentenza fra i cinque e i sei anni.
Assange è stato arrestato nel 2019 a Londra, con l’accusa di aver violato le condizioni di libertà su cauzione nel 2012 e per conto delle autorità statunitensi, dopo essere stato privato dal presidente ecuadoriano Lenin Moreno dell’asilo politico che lo poneva sotto la protezione diplomatica dell’Ecuador, dove si era rifugiato per sfuggire a una domanda di estradizione della Svezia che nel 2010 emise un mandato d’arresto per Assange in base alle accuse di stupro da parte di una donna e di molestie da parte di un’altra.
Da allora si trova nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, nel sud-est di Londra.
Durante la sua detenzione, sono state sollevate preoccupazioni riguardo alle sue condizioni di salute. Sostenitori e organizzazioni per i diritti umani hanno affermato che le sue condizioni si sono deteriorate a causa delle lunghe permanenze in isolamento e delle limitazioni all’accesso alle cure mediche adeguate.
Nel gennaio 2021, la corte britannica ha respinto la richiesta di estradizione, citando ragioni di salute e il rischio di suicidio di Assange. Tuttavia, la decisione è stata oggetto di appello da parte delle autorità statunitensi secondo le quali Assange debba essere estradato e condannato nel paese che lo accusa formalmente.
Il processo a Julian Assange rappresenta una pietra miliare nella discussione sulla libertà di stampa, la protezione dei whistleblower e il ruolo del giornalismo investigativo nella società moderna.
Le attenzioni del mondo intero dal 20 febbraio sono quindi tutte rivolte all’Alta Corte di giustizia della capitale britannica che inizierà ad esaminare l’ultimo appello del fondatore di WikiLeaks Julian Assange contro l’estradizione negli Stati Uniti, ma finora non è emersa alcuna responsabilità in tutti questi anni di fatti simili, stando almeno alle cronache.
Se il ricorso non fosse accolto, risulterebbero esaurite le possibilità di azione legale presso la giustizia del Regno Unito. Se la Corte accetterà la sua richiesta di appello, comincerà un nuovo processo nel Regno Unito, mentre se la rigetterà Assange potrebbe in teoria fare ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, cosa che metterebbe in pausa il processo di estradizione.
Secondo Stella Assange che ha parlato rivolgendosi ai reporter e ai sostenitori del marito scesi in piazza sotto le insegne di Free Assange a cui aderiscono il governo laburista australiano di Anthony Albanese, ONG come Amnesty International e varie agenzie dell’Onu, “Julian è un prigioniero politico e la sua vita è in pericolo: ciò che è successo a Navalny in Russia potrebbe succedere a lui in America”.