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Gli esiti della composizione negoziata e la relazione dell’Esperto
La complessa declinazione dei percorsi di uscita dalla composizione negoziata pone alcune problematiche di rilievo. In un contesto dove la valutazione dell’esito positivo, o meno, della composizione negoziata si misura con il deposito dello strumento nel tempo massimo annuale stabilito dalla norma, occorre comprendere se tra gli “esiti favorevoli” possano rientrare anche il deposito di accordi, recati dal comma 2, confezionati dopo la conclusione del percorso. La soluzione del quesito è di rilievo posto che impatta sul programma di lavoro dell’imprenditore, il quale è tenuto a conoscere se il suo obiettivo finale, una volta esclusi gli strumenti del co.1, possa essere realizzato anche dopo la relazione finale dell’Esperto; e che va ad incidere anche sull’attività di quest’ultimo, chiamato a comprendere il suo “grado di partecipazione” alla formulazione dei medesimi accordi di cui al co.2.
Quanto al primo aspetto, non pare revocabile in dubbio che la conclusione degli accordi possa intervenire anche a composizione esaurita. Milita in tale direzione il chiaro tenore del Decreto Dirigenziale che, nell’esaminare i contenuti della relazione finale dell’Esperto, considera, quanto all’art. 23 co. 2, sia l’ipotesi in cui la relazione dia conto di un accordo che sia stato già perfezionato e attestato dal professionista indipendente, sia anche il caso in cui all’esito delle trattative l’accordo non sia del tutto maturo, prevedendo, in tal caso, che l’esperto dia conto dell’eventuale term sheet sul quale si è manifestato il consenso. È, allora, vero che l’accordo di ristrutturazione può trovare il suo sottostante in trattative condotte dinanzi all’esperto (il che fa maturare il beneficio della ridotta percentuale del 60%), ma ben potrebbe concretizzarsi grazie a nuove trattative attivate dopo la conclusione della negoziazione (ed in tal caso il beneficio non opera). Sarà, allora, determinante l’interpretazione e la puntuazione che l’Esperto effettuerà nella sua relazione finale, sia in ottica di vincolatività degli accordi già raggiunti con uno o più creditori, sia anche in punto di prospettive di deposito della domanda.
Se ciò accade, ovvero se la presentazione della domanda postuma si fonda sulle trattative concluse con la maggioranza limitata dell’art. 61 CCII, è ben possibile ritenere che la composizione negoziata si sia conclusa con “esito favorevole”, dando così rilevo primario non tanto al tempo di deposito dell’accordo, quanto piuttosto al risultato ottenuto con le “trattative” condotte. E che questo sia un esito fausto ne è prova anche la disposizione dell’art. 25 ter co. 6 CCII che prevede l’aumento del 100% del compenso se, “anche successivamente alla redazione della relazione finale”, si concludono gli accordi di cui all’articolo 23, co. 2, lettera b). Viene, così, superato il dato meramente statistico dei report Unioncamere che cristallizzano tra gli “esiti favorevoli” solo gli accordi già depositati prima della relazione finale.
Ciò posto, deve darsi atto di alcune criticità. In primo luogo, per la valutazione del compenso è necessario monitorare gli effetti successivi, il che impatta anche sulla determinazione del valore delle prededuzioni di piano. Di più, esiste una potenziale sovrapposizione tra l’accordo che potrebbe prognosticamene concludersi oltre il termine della composizione negoziata e la domanda di concordato semplificato. Qui, a ben vedere, l’Esperto si trova di fronte ad un guado: o certifica l’eventuale esito favorevole delle trattative con alcuni creditori, anche nei termini di cui all’art. 61 CCII, ed opera così una prognosi favorevole in ordine ad un successivo accordo (così negando l’accesso al concordato semplificato); oppure, chiamato a pronunciarsi ex art. 25 sexies CCII, certifica il mancato accordo e l’“impraticabilità” delle “soluzioni individuate ai sensi dell’articolo 23, commi 1 e 2, lettera b)”, creando i presupposti per l’accesso al concordato semplificato. Ed ancora, quand’anche potesse superarsi tale impasse (ad esempio dando atto l’Esperto che le trattative si sono concluse con una certa maggioranza, ma che, tuttavia, all’atto della redazione la soluzione non è praticabile) resta aperta una problematica di tempistica che deve indurre l’imprenditore ad ottenere l’omologazione nel termine di 60 giorni dal deposito della relazione, precludendosi, in difetto, la richiesta di apertura del concordato semplificato.
Resta il punto finale da esaminare, ovvero la partecipazione, o meno, dell’esperto alla formulazione dell’accordo. Qui, valorizzando il tema primario delle trattative, è possibile escludere qualsiasi suo coinvolgimento nell’elaborazione di tutti gli strumenti di cui al co.2 dell’art. 23 CCII, posto che l’Esperto esaurisce il suo compito con la relazione finale (tant’è che, a rigore dell’attuale norma, il deposito è previsto “all’esito delle trattative”). L’accordo è, infatti, atto esclusivo dell’imprenditore che sarà vagliato, nella sua completezza ed affidabilità giuridica, dal Tribunale all’esito del deposito della domanda di omologazione, trovando il punto di contatto con l’Esperto esclusivamente nell’ausilio alle trattative e nella propedeutica valutazione sommaria di coerenza.
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