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I principi di Sostenibilità E.S.G. – aspetti e criticità

Dottore Commercialista. Revisore legale dei conti. Esperto in materia di energia, fonti rinnovabili e fiscalità ambientale

Con l’introduzione dei criteri di sostenibilità si è aperta la nuova era. L’acronimo ESG rappresenta un concetto ampio e non riconducibile soltanto all’aspetto ambientale, bensì all’impatto che tutte le attività economiche hanno sotto il profilo sociale, nonché al modello di organizzazione aziendale che adottano.

ESG sta per Environmental, Social e Governance, cioè le tematiche ambientali, sociali e di governance. Potremmo datare agli anni ’50 la nascita della responsabilità di impresa, infatti nel 1953 l’economista statunitense Howard Bowen fu il primo autore di un libro, dal titolo “Social Responsibilities of the Businessman” che trattò il tema della responsabilità dell’uomo di impresa.

Negli anni ’60, poi con il Club di Roma, composto da politici, scienziati e ricercatori, e nel 1972 con la Dichiarazione di Stoccolma si gettarono le basi per sancire tra, i nuovi diritti inalienabili, quelli legati al “diritto di tutti gli esseri umani di avere accesso a condizioni di vita soddisfacenti, in un ambiente che consenta di vivere nella dignità e nel benessere”. Per arrivare, poi, fino al Trattato di Maastricht, che nel 1992 getta le basi per la nascita della Comunità Europea.

La prima ‘vera’ Direttiva UE, che intraprende la strada del ‘bilancio di sostenibilità’’ è la n.95 del 22 ottobre 2014, e prevede l’adozione di un report che fornisca anche informazioni di carattere ‘non financial’’ e sulla ‘diversità’.

Un lungo percorso che ha portato poi gli Enti regolatori, fra tutti l’EFRAG, ad immaginare degli appositi standard di rendicontazione, tali da permettere a tutti gli stakeholders di valutare il livello di compliance, ai nuovi criteri ESG, partendo dalle imprese di grandi dimensioni e da quelle di interesse pubblico, come banche ed assicurazioni. Tuttavia è con le ultime due Direttive Europee che è avvenuto il salto di qualità, in primis la Direttiva UE n.2464/2022, recepita dal D.Lgs n.125 del 6 settembre 2024, denominata CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) e la Direttiva UE n.1760/2024, denominata CSDDD o CS3D (Corporate Sustainability Due Diligence Directive) da recepire entro il 26 luglio 2026.

Le Direttive CSRD e CS3D

La Direttiva CSRD rafforza il concetto di materialità, già introdotto nel 2022, prevedendo l’attuazione del principio di ‘doppia materialità’’ e cioè inside-out, la rilevanza d’impatto ed inside-in, riferita alla rilevanza finanziaria. In sintesi come l’azienda opera all’interno del perimetro ESG e come i fattori esterni, ad esempio il cambiamento climatico, la scarsità delle materie prime e l’instabilità politica, influenzano e condizionano le performance dell’impresa.

La Direttiva CSDDD o CS3D, invece, ha un orizzonte più ampio, legato alla filiera dei fornitori ed alla catena del valore. Ad oggi riguarda i seguenti soggetti:

Imprese UE: imprese che, per due esercizi consecutivi, anche su base consolidata, hanno più di 1.000 dipendenti e oltre 450 milioni di euro di ricavi netti a livello mondiale;

imprese extra-UE: imprese che, per due esercizi consecutivi, anche se base consolidata, hanno generato oltre 450 milioni di euro di ricavi netti in UE.

L’obbligo della revisione legale di sostenibilità

La rendicontazione di sostenibilità riguarderà, circa, 50 mila aziende in Europa ed a cascata potrebbe coinvolgere una platea potenziale di 200 mila imprese (fonte: Sole 24 Ore) che dovranno preoccuparsi di comunicare agli attori esterni ed al mercato (per le aziende quotate) le loro activity per l’adeguamento ai principi ESG, anche solo in via tendenziale. Ed in questo scenario che si innesta la procedura di ‘assurance’, quindi di asseverazione dei report di sostenibilità. Il D.Lgs. 125/2024 che, oltre a disciplinare la Direttiva CSRD, traccia un percorso ed introduce le regole per l’abilitazione e la formazione annuale del ‘revisore legale ed attestatore della dichiarazione di sostenibilità’. Fino al 31 dicembre 2025, i revisori già iscritti al registro del MEF, che asseverano un bilancio di sostenibilità sono dispensati dall’obbligo formativo specifico, prevedendo una deroga fino al 1°gennaio 2026.

Il parere che il revisore dovrà rilasciare riguarderà, quindi, la conformità delle informazioni inserite nel ‘report di sostenibilità’, (allegato in appendice alla Relazione sulla gestione, in formato .xbrl) agli standard europei ESRS, cioè i criteri introdotti dall’EFRAG, attraverso il suo board ‘SRB’ Sustainability Reporting Board. In sintesi gli standard ESG di riferimento saranno:

Environmental

ESRS E1 Cambiamenti climatici;

ESRS E2 Inquinamento;

ESRS E3 Risorse idriche e marine;

ESRS E4 Biodiversità ed ecosistemi;

ESRS E5 Uso delle risorse & economia circolare.

Social

ESRS S1 Forza lavoro propria;

ESRS S2 Lavoratori nella catena di valore;

ESRS S4 Consumatori e utilizzatori finali;

ESRS S3 Comunità interessate.

Governance

ESRS G1 Condotta aziendale.

In definitiva, sebbene, il sistema sanzionatorio sarà introdotto gradualmente, fino al 2028, la rendicontazione di sostenibilità, con il nuovo quadro normativo, riguarderà già i bilanci 2024.

Emanuele Mazza
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