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Il nuovo procedimento di ripartizione nella liquidazione giudiziale
L’iniziativa del riparto è oggi, come allora, rimessa esclusivamente all’impulso del Curatore che, a cadenza quadrimestrale a far data dall’emissione del decreto di esecutività dello stato passivo (o nel diverso termine stabilito dal Giudice Delegato) è tenuto (rectius, obbligato) non più a depositare in Cancelleria, ma direttamente a trasmettere a tutti i creditori, compresi quelli per i quali è in corso uno dei giudizi di cui all’articolo 206, un prospetto delle somme disponibili, nonché, qualora l’entità del passivo accertato consenta una ripartizione in misura apprezzabile, anche un progetto di ripartizione delle medesime, riservate quelle occorrenti per la procedura.
Una modifica che recepisce l’avvento delle modalità telematiche con cui si svolge la procedura di liquidazione giudiziale e che propone un testo ben allineato alla nuova disposizione prevedendo, nel travaso di norme, la soppressione del secondo comma dell’art. 110 L.Fall., così eliminando quell’obbligo, mai fino in fondo perfettamente compreso, di procedere ad un nuovo ordine di deposito di un documento già precedentemente acquisito al fascicolo telematico.
Per come è stata riformata la disposizione, appare chiaro che la “seconda fase”, ovvero il riparto delle somme disponibili, vada operata unicamente allorquando l’entità del passivo accertato consenta una ripartizione che la norma qualifica con l’aggettivo “apprezzabile”, con l’evidente scopo di evitare di attivare in maniera indiscriminata e superflua un procedimento che potrebbe risultare dispendioso sia dal punto di vista economico, che in termini di aggravio di adempimenti.
Certo è che la norma appare sul punto lacunosa, sottraendosi al compito di dettare parametri adeguati di quantificazione del valore del riparto che possa considerarsi univocamente “apprezzabile”, lasciando così la determinazione alla libera interpretazione del Curatore, il quale, verosimilmente ed auspicabilmente, sarà chiamato ad investire il Giudice Delegato della sua scelta, al fine di convalidarne l’operato. Tema che si presenta indubbiamente delicato anche per le ricadute delle previsioni previste al comma 6 dell’art. 220, essendo concreto il rischio, in assenza di condivisione con il Giudice Delegato, di una proposta di revoca causata da un’errata valutazione di capienza.
Quale sia il motivo a fondamento di una richiesta di rinvio del termine è questione delicata, così come complicata è anche l’individuazione di un limite minimo per non procedere.
Un primo caso potrebbe configurarsi nelle ipotesi di contemporanea presenza di un attivo scarsamente consistente ed in grado di soddisfare solo in minima parte i creditori, in presenza di un numero elevato di creditori stessi; in tale evenienza dovrebbe essere contemperato l’interesse dei legittimi percettori a ricevere un esiguo riparto, con quello della procedura di evitare un aggravio di lavoro alle Cancellerie ed agli organi di giustizia. Altra circostanza che si presenta con una certa frequenza attiene la pendenza di numerosi giudizi dall’esito incerto che generano importi in prededuzione, oltre ai costi potenziali legati alla possibile soccombenza e dei quali occorrerà tener conto anche in via prudenziale. Senza trascurare il subdolo onere sotteso relativo alle imposte di registro su eventuali sentenze di condanna a titolo risarcitorio o di revocatoria che potrebbero ricadere anche sulla Curatela per via del principio di responsabilità solidale (e ciò anche in caso di esito vittorioso in presenza di scarsa solvibilità dei convenuti).
Quanto al limite numerico può farsi applicazione della prassi adottata, già nel previgente sistema, da diversi Tribunali che sembra attribuire al valore di euro 50.000,00 la soglia di “giacenza minima”, oltrepassata la quale si consiglia di eseguire i riparti (Tribunale di Nuoro, 30 settembre 2019, Circolare avente ad oggetto disposizioni varie sull’attività del curatore fallimentare). Valutazione che, evidentemente, non può assurgere a criterio generale dovendo sempre contemperare il limite di valore alle concrete esigenze e complessità della procedura, tanto più che la norma ha evitato, come già visto, di fornire un parametro numerico univoco.
Resta un’ulteriore considerazione di carattere sostanziale che sembrerebbe imporre al Curatore l’obbligo di trasmettere, in ogni caso ed ogni quattro mesi, il prospetto delle somme disponibili anche laddove non sia prevista la materiale ripartizione delle somme. Milita in tale direzione il tenore letterale della disposizione che troverebbe un addentellato nella necessità di dover comunque informare i creditori delle somme potenzialmente disponibili, consentendo così un adeguato monitoraggio ed un eventuale rimedio da parte di coloro che ritenessero di non condividere la scelta di soprassedere alla materiale ripartizione. Costituendo, nel contempo, un ulteriore strumento di verifica e di riscontro per il Curatore, in uno ai prescritti adempimenti recati dal comma 9 dell’art. 130 e dall’art. 213.
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