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Inammissibile l’impugnazione dell’ingiunzione fiscale conosciuta tramite estratto di ruolo se manca un interesse concreto

La Suprema Corte ribadisce il principio per cui l’azione di accertamento negativo non è ammissibile in assenza di una situazione di obiettiva incertezza e senza un’iniziativa esecutiva dell’amministrazione.
La Corte di Cassazione, Sezione III, con la sentenza n. 24552, del 12 settembre 2024, ha stabilito che l’impugnazione di un’ingiunzione fiscale conosciuta tramite estratto di ruolo non è ammissibile se il contribuente non dimostra un interesse concreto all’azione. Secondo la Suprema Corte, in assenza di un’iniziativa esecutiva da parte dell’amministrazione, l’azione di accertamento negativo non può essere accolta.
Il caso: l’ingiunzione fiscale e la contestazione del contribuente.
Un uomo, dopo aver richiesto di propria iniziativa un estratto di ruolo, ha scoperto l’esistenza di due ingiunzioni di pagamento, emesse dall’agente della riscossione per il Comune, concernenti sanzioni amministrative derivanti da violazioni del Codice della Strada. Il contribuente ha impugnato tali ingiunzioni deducendo la loro prescrizione e l’omessa notifica, chiedendo l’accertamento negativo del credito vantato dall’amministrazione. Il giudice di pace ha accolto l’opposizione, ma in sede di appello è stato accertato che le ingiunzioni erano state correttamente notificate e che i termini di prescrizione di 5 anni non erano decorsi. Di conseguenza, l’opposizione è stata rigettata e la vicenda è arrivata in Cassazione.
In primis, la Cassazione ha chiarito la differenza tra ruolo ed estratto di ruolo.
Il ruolo è un atto amministrativo impositivo che è proprio dell’ente impositore che deve essere notificato, la sua notificazione coincide con la notificazione della cartella di pagamento, e che, pertanto, può essere impugnato insieme alla cartella di pagamento nei termini previsti dalla legge.
L’estratto di ruolo, invece, è un semplice documento informativo contenente gli elementi della cartella rilasciato su richiesta del contribuente e non costituisce atto impugnabile, in quanto non contiene nessuna pretesa impositiva, né diretta né indiretta.
Il comma 4-bis dell’art. 12 del DPR 602/1973, modificato dal d.l. 146/2021, conferma che il ruolo e la cartella di pagamento possono essere impugnati solo in presenza di un pregiudizio concreto per il debitore.
Ebbene, l’ingiunzione fiscale, disciplinata dal R.D. 639/1910, è lo strumento con cui i Comuni riscuotono crediti patrimoniali e sanzioni amministrative anche affidando il servizio di riscossione a propri concessionari. L’ingiunzione fiscale è riferibile al creditore e svolge la funzione della cartella di pagamento in quanto atto prodromico all’esecuzione forzata. La sua notifica consente all’ente creditore di accedere alle procedure di riscossione coattiva, ossia l’espropriazione forzata e alle misure cautelari come il fermo amministrativo o l’iscrizione di ipoteca.
Nella fattispecie in esame, anche considerando le censure sollevate dal ricorrente, la Suprema Corte sottolinea l’originaria improponibilità della domanda limitandosi a definire l’impugnazione con la correzione della motivazione della decisione gravata. Dunque, la domanda dell’opponente si sostanzia in un’azione di accertamento negativo dell’avverso diritto di credito. La Cassazione ha inoltre confermato che all’ingiunzione fiscale si applicano i principi giuridici elaborati in materia di cartelle esattoriali.
In particolare, l’azione di accertamento negativo richiede un pregiudizio concreto. Secondo la giurisprudenza, un’azione di accertamento negativo può essere proposta solo in presenza di una concreta incertezza giuridica che arrechi un pregiudizio al contribuente. Gli ermellini hanno evidenziato che l’impugnazione della cartella o dell’ingiunzione conosciuta tramite estratto di ruolo è ammissibile solo se il debitore dimostra di non aver mai ricevuto la notifica per un vizio procedurale e agisce per recuperare i termini di impugnazione. Diversamente, l’azione non è ammissibile poiché il contribuente potrebbe ricorrere ad altri strumenti, come l’autotutela, chiedendo lo “sgravio” all’amministrazione titolare della pretesa.
Pronuncia della Corte di Cassazione: impugnazione inammissibile per difetto di interesse.
Nel caso de quo, il ricorrente non ha comprovato l’interesse ad esperire l’azione di accertamento, pertanto la Suprema Corte ha rigettato il ricorso del contribuente per difetto di interesse all’azione, ribadendo che l’accertamento negativo non può essere utilizzato per anticipare una contestazione futura e ipotetica. Tuttavia, data la novità delle questioni affrontate, ha disposto la compensazione integrale delle spese tra le parti.
Alla luce di quanto esposto, si può affermare che la suddetta sentenza rafforza il principio secondo cui il contribuente non può impugnare un’ingiunzione fiscale basandosi esclusivamente sulla conoscenza derivata dall’estratto di ruolo, a meno che non dimostri un concreto pregiudizio derivante dall’iscrizione a ruolo. La decisione si inserisce in un quadro giurisprudenziale volto a evitare l’abuso dello strumento dell’azione di accertamento negativo, garantendo al contempo la certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuenti.
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