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Istanza di proroga dei termini in presenza di domande per l’apertura della liquidazione giudiziale ex art. 44 CCII
Nel novero degli strumenti di regolazione della crisi continua, anche nel nuovo assetto recato dal D.Lgs. 14/2019, a rivestire un ruolo centrale il c.d. “ricorso prenotativo” che alberga ora nella disposizione di cui all’art. 44 CCII e che, replicando parzialmente il contenuto del previgente art. 161 co.6° L.Fall, dispone che il debitore possa presentare la domanda di cui all’articolo 40 con la documentazione prevista dall’articolo 39, comma 3, riservandosi di presentare la proposta, il piano e gli accordi. In detta particolare ipotesi il tribunale è chiamato a pronunciare decreto con il quale, tra gli altri, “a) fissa un termine compreso tra trenta e sessanta giorni, prorogabile su istanza del debitore in presenza di giustificati motivi e in assenza di domande per l’apertura della liquidazione giudiziale, fino a ulteriori sessanta giorni, entro il quale il debitore deposita la proposta di concordato preventivo o di omologazione degli accordi di ristrutturazione .
Nel confronto evolutivo della norma si annota una decida dimidiazione del termine concesso, sul presupposto, evidentemente, che all’imprenditore serva un tempo più breve per articolare la proposta, immaginando che abbia dato corso a tutte le iniziative atte a prevenire ed intercettare lo stato di crisi. Per di più il Legislatore ha voluto introdurre un ulteriore sbarramento laddove il procedimento unitario accolga sia la domanda di regolazione della crisi, che quella di apertura della liquidazione giudiziale.
Il chiaro tenore letterale non dovrebbe dare adito ad incertezze. Tuttavia, in chiaro principio di favor per il debitore e per consentire una soluzione alternativa alla denegata ipotesi di liquidazione giudiziale, la recente giurisprudenza apre ad un’interpretazione maggiormente spinta, anche in considerazione del termine forse troppo stringente ottimisticamente previsto dalla norma per definire il delicato percorso di stesura del piano, della proposta e delle attestazioni di legge.
Una prima soluzione è offerta dal Tribunale di Brescia (si veda “L’istanza di liquidazione giudiziale non preclude la proroga della domanda in bianco” del 15/12/2023 in questa rivista) che, con decreto del 4 maggio 2023, valorizzando la necessità di indagare la fondatezza del presupposto che limita la proroga e richiamando il dovere dei creditori di comportarsi secondo buona fede e correttezza, giunge a stabilire che: “la possibilità, per l’imprenditore, di accedere agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza diversi dalla liquidazione giudiziale, non possa essere pregiudicata da iniziative dei creditori manifestamente inammissibili o infondate”, sicché “può affermarsi che il tribunale, nel decidere sulla proroga ex art. 44 CCII in presenza di un’istanza di liquidazione giudiziale, sia chiamato ad una delibazione sulla stessa con esclusione della sua efficacia preclusiva laddove sia formulabile un giudizio prognostico di manifesta inammissibilità/infondatezza”. Soluzione di buon senso che, però, non pare aderente al dettato normativo nella misura in cui, effettuando una valutazione meramente incidentale della domanda di apertura della liquidazione giudiziale, non interviene su di essa, con la conseguenza di traguardare una proroga in presenza di detta domanda, in aperta violazione della disposizione.
Maggiormente convincente, se si vuol seguire il solco del superamento del dato meramente letterale, è la valutazione offerta dal Tribunale di Salerno (provv. del 12/02/2024) che attribuisce anch’esso il potere al Tribunale di vagliare la fondatezza della domanda di liquidazione giudiziale, astrattamente preclusiva all’invocata proroga, ma determinando, in caso di manifesta infondatezza del ricorso volto all’apertura della liquidazione, la dichiarazione di rigetto della domanda e la conseguente concessione dell’ulteriore termine.
Nel caso di specie il Tribunale, operando il necessario contemperamento delle domande pendenti (ove come noto, va data priorità di trattazione alle procedure di regolazione della crisi) individua una precisa scansione temporale lasciando intendere che l’organo giudiziario, proprio al fine di tutelare il percorso ex art. 44 CCII già avviato e sul presupposto che quest’ultimo sia giunto alla sua naturale conclusione, debba dapprima pronunciarsi ex art. 49 CCII sui presupposti di apertura della liquidazione giudiziale (posto che detto articolo impone di definire prioritariamente le domande di accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza prima di procedere oltre) e, dove non integrati gli estremi, far “rivivere”, anche per economia processuale, il precedente procedimento con concessione dell’ulteriore termine fino a 60 giorni. In tal modo viene superato il vulnus presente nel provvedimento del Tribunale di Brescia, posto che in tal caso, operata la valutazione definitiva sulla domanda che astrattamente precludeva la proroga, il sistema si allinea, consentendo una scelta aderente al dettato normativo.
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