Quando parliamo di sostenibilità, spesso la associamo alla tutela dell’ambiente o a una crescita economica equa…
La biodiversità costituisce “la rete della vita”. L’ecosistema e le conseguenze della siccità
Il termine biodiversità (dall’inglese biodiversità, a sua volta abbreviazione di biologica diversity) è stato coniato dall’entomologo americano Edward O. Wilson nel 1988 e indica l’estrema varietà e ricchezza di forme di vita esistenti sulla terra: piante, animali e microrganismi che costituiscono la biosfera.
La biodiversità è definita dalla Convenzione ONU sulla Diversità Biologica come “l’insieme degli organismi viventi e dei sistemi ecologici in cui essi vivono, evidenziando che essa include la diversità a livello genetico, di specie e di ecosistema”.
Questa varietà comprende anche la diversità tra le diverse componenti degli ecosistemi all’interno dei quali convivono ed interagiscono fra loro “sia gli esseri viventi sia le componenti fisiche ed inorganiche, influenzandosi reciprocamente”.
La biodiversità costituisce “la rete della vita” che comprende la totalità degli organismi viventi presenti sul Pianeta.
Purtroppo, la biodiversità è minacciata dall’inquinamento, dall’agricoltura intensiva, dall’erosione del suolo, dalla desertificazione e dal cambiamento climatico.
Studi recenti spiegano quanto è urgente tutelare gli ecosistemi perché entro il 2030 sono: per invertire o quanto meno mettere un freno alla vertiginosa perdita di biodiversità in corso, la superficie terrestre deve essere protetta non solo tramite l’istituzione di parchi, riserve e aree protette, ma anche con l’approvazione di politiche adeguate alla conservazione degli ecosistemi.
Negli ultimi cinque anni, quasi tutti gli indicatori della biodiversità e della salute degli ecosistemi in Europa sono peggiorati.
La perdita e l’impoverimento della biodiversità ha impatti pesanti sull’economia e sulle società, riducendo la disponibilità di risorse alimentari, energetiche e medicinali per la popolazione del pianeta con il risultato che gli ambienti naturali si frammentano oppure si distruggono completamente influenzando le persone, gli animali e le piante che vi abitano.
Soprattutto in Africa, dove le persone dipendono maggiormente dal loro ambiente naturale locale per trovare cibo, carburante, reddito, è stato dimostrato che la perdita di biodiversità contribuisce ad aumentare la fragilità dell’ambiente naturale causando inondazioni o tempeste tropicali, riducendo la disponibilità e la qualità delle risorse idriche e provocando anche insicurezza alimentare ed energetica.
La prolungata siccità di quest’anno, secondo il WWF, sta provocando numerosi danni alla biodiversità e, in particolare, agli organismi che vivono nelle acque interne perché il prosciugamento di molte piccole e grandi zone umide ha impedito o ridotto la riproduzione di molte specie di anfibi.
L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale del Ministero della Transizione ecologica ritiene che una buona parte del territorio italiano è “a rischio desertificazione” ovvero che il degrado progressivo delle terre aride o semi-aride, causato da cambiamenti climatici e dall’uomo, è destinato ad aumentare con il passare degli anni.
La desertificazione del resto è anche una conseguenza dei cambiamenti climatici, per via dell’aumento delle temperature e del ridursi delle precipitazioni: il cambiamento climatico sta determinando ondate di siccità sempre più intense e frequenti tanto è vero che miliardi di persone stanno già facendo i conti con la scarsità idrica.
Un numero destinato ad aumentare, entro la metà di questo secolo, visto che il numero e la durata delle ondate siccità nel mondo sono cresciuti del 29%.
Secondo i numeri dell’UNCCD, Agenzia ONU per il contrasto alla desertificazione, la siccità ha provocato perdite economiche in tutto il mondo e si pensa, che entro il 2050, saranno settecento milioni le persone a rischio di dover migrare a causa della siccità.
Per quanto riguarda l’Italia è notizia recente che molti fiumi italiani e, in particolare, il Po siano in secca da diversi mesi: si tratta della peggiore secca degli ultimi settant’anni ed è ancor più grave se si pensa che essa si è manifestata già alla fine dell’inverno.
Anche la siccità che sta colpendo l’Italia è causata principalmente dal cambiamento climatico: i dati della comunità scientifica internazionale in tal senso sono chiari perché “Il riscaldamento globale è responsabile di diversi fenomeni rischiosi per l’ambiente. Dallo scioglimento dei ghiacciai all’innalzamento del livello del mare, dall’incremento delle ondate di calore all’aumento di alluvioni”.
Il superamento di questo livello di riscaldamento provocherà gravi impatti, alcuni dei quali saranno irreversibili perché il surriscaldamento ridurrà gli habitat adatti agli attuali ecosistemi terrestri e marini cambiando la loro composizione.
Le conseguenze della siccità di questi giorni, nel Nord Italia minacciano la produzione agricola, la produzione di energia (non solo quella idroelettrica, ma anche le centrali termoelettriche che usano l’acqua dolce) l’industria, l’approvvigionamento idrico per le abitazioni, gli ecosistemi tanto è vero che secondo Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente “L’emergenza siccità e la scarsità di acqua sono due problemi con i quali dovremo convivere. Per questo prima di tutto serve rivedere gli usi e i consumi, puntando ad una diminuzione di prelievi ed un efficientamento degli usi. Una siccità prolungata comporta danni diretti derivanti dalla perdita di disponibilità di acqua per usi civili, agricoli e industriali ma anche perdita di biodiversità, minori rese delle colture agrarie e degli allevamenti zootecnici”.
Gli esperti avvertono che, per prevenire in modo adeguato i rischi, occorre “coinvolgere tutti nella pianificazione, con l’attenzione all’equità e alla giustizia e attingendo alla conoscenza indigena e locale”.
Apprendiamo inoltre che in queste ore il cuneo salino, che porta acqua dal mare verso l’entroterra attraverso il sottosuolo, ha raggiunto l’estensione di ventuno KM.
Secondo l’Osservatorio per il Po è questo un dato molto allarmante perché quando la portata del fiume è troppo debole, l’acqua salata del mare Adriatico si immette nel Delta del fiume, rendendola inutilizzabile per l’irrigazione. È probabile che di qui a pochi giorni il governo dichiari lo stato di emergenza e ratifichi un Decreto per poter utilizzare i fondi del PNRR e attuare le prime misure per la riduzione degli sprechi, come il razionamento se non addirittura lo stop alla distribuzione dell’acqua durante la notte.
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