Quando parliamo di sostenibilità, spesso la associamo alla tutela dell’ambiente o a una crescita economica equa…
La criticità della check-list particolareggiata nella composizione negoziata
L’articolazione della check-list, come prevista dal Dirigenziale si presenta non del tutto organica, trattando solo alcune poste contabili, seppur di significativa valenza; di più si rivolge, all’interno dello stesso paragrafo e senza una chiara successione temporale ed argomentativa, sia all’imprenditore che all’esperto (seppur a quest’ultimo è richiesto solo una verifica di coerenza del piano).
In tal senso sarebbe stato forse maggiormente opportuno riferirsi integralmente alle migliori riconosciute prassi in materia di redazione ed attestazione, suggerendo all’imprenditore e/o ai suoi consulenti di conformarsi ad essa onde addivenire alla redazione di un piano affidabile; così come sarebbe stato più consono prevedere due differenti paragrafi, di cui il primo dedicato ai redattori del piano ed il secondo alle attribuzioni assegnate all’esperto, in maniera da rendere più chiare ed evidenti le diversità di attribuzioni.
Il tema agitato si pone evidente già dalla lettura del secondo paragrafo della Sezione II dedicato alla “Rilevazione della situazione contabile e dell’andamento corrente”, nella misura in cui le indicazioni operative paiono essere riferite solo ad alcuni isolati elementi atti alla formulazione del piano.
Di sicuro interesse è l’analisi richiesta ai seguenti punti, tutti appannaggio dell’imprenditore, ai quali fa seguito, per ognuno di essi, il comportamento richiesto da assumere:
“2.1. L’impresa dispone di una situazione contabile recante le rettifiche di competenza e gli assestamenti di chiusura, nel rispetto del principio contabile OIC 30, quanto più possibile aggiornata e comunque non anteriore di oltre 120 giorni? In mancanza l’imprenditore deve redigerla quale presupposto necessario per la predisposizione del piano. La situazione contabile dovrà essere aggiornata all’occorrenza nel corso delle trattative anche per accertare le cause di eventuali scostamenti rispetto alle attese.
2.2. La situazione debitoria è completa ed affidabile? Il valore contabile dei cespiti non è superiore al maggiore tra il valore recuperabile e quelli di mercato? In difetto, occorre quanto meno appostare con prudenza adeguati fondi rischi e fondi per l’adeguamento delle attività e delle passività.
2.3. È disponibile un prospetto recante l’anzianità dei crediti commerciali e le cause del ritardo di incasso tale da consentire una valutazione oggettiva dei rischi di perdite sui crediti e una stima prudente dei tempi di incasso? In difetto, è opportuno che i crediti commerciali siano suddivisi in relazione alla loro anzianità. Per gli scaduti che superano la fisiologia (tempi ordinari di pagamento, pur oltre la scadenza contrattuale, che caratterizzano il settore) occorre che la stima del momento dell’incasso sia particolarmente prudente.
2.4. È disponibile un prospetto recante le rimanenze di magazzino con i tempi di movimentazione che consenta di individuare le giacenze oggetto di lenta rotazione? In caso contrario, è opportuno che l’imprenditore isoli le giacenze di magazzino a lenta rotazione per consentire una stima corretta degli approvvigionamenti necessari.
2.5. I debiti risultanti dalla contabilità sono riconciliati con quanto risultante dal certificato unico dei debiti tributari, dalla situazione debitoria complessiva dell’agente della riscossione, dal certificato dei debiti contributivi e per premi assicurativi e dall’estratto della Centrale Rischi? In caso contrario, è necessario individuare le cause delle differenze significative.
2.6. Si è tenuto adeguatamente conto dei rischi di passività potenziali, anche derivanti dalle garanzie concesse? In difetto, anche con l’aiuto dei professionisti che assistono l’impresa, occorre stimare entità e momento del pagamento di eventuali passività potenziali.
2.8. Sono disponibili informazioni sull’andamento corrente in termini di ricavi, portafoglio ordini, costi e flussi finanziari? È disponibile un confronto con lo stesso periodo del precedente esercizio?”.
Un set informativo che, a ben vedere, pare mutuare, seppur solo in parte, le indicazioni presenti nel documento titolato “Principi di attestazione dei piani di risanamento”, laddove, attraverso un timido tentativo di procedere ad una sorta di analisi di “veridicità dei dati”, si richiede all’imprenditore di verificare il valore dei cespiti, di valutare il rischio di perdite su crediti ed i tempi di incasso degli stessi; di isolare le giacenze di magazzino a lenta rotazione; nonché di riconciliare i debiti bancari, tributari e previdenziali con le “fonti esterne”, in uno alle “passività potenziali”.
Restando così fuori dal perimetro di indagine, e non si sa perché, le verifiche attinenti alle immobilizzazioni immateriali e finanziarie, le disponibilità liquide ed i saldi attivi bancari, i titoli, i debiti verso fornitori ed i debiti verso il personale dipendente, i debiti nei confronti degli altri enti.
Di più, anche il dato enunciato non va immune da censure e tradisce una certa sommarietà, forse dettata dalla minore invasività del controllo richiesto, in considerazione della non voluta attestazione di veridicità dei dati.
Segnalando, in primo luogo, l’incongruenza del dato temporale di cui al punto 2.1 della situazione contabile (non anteriore a 120 giorni) difforme dal termine di “non più di 60 giorni” previsto nel modello di domanda e dal comma 3 dell’art. 17; ma ancor più la stravagante richiesta formulata all’imprenditore, al successivo punto 2.2, di dichiarare se “la situazione debitoria è completa e affidabile”, condizione questa che avrebbe forse meritato, al di là della mera informativa, un pregnante corredo documentale ed una maggiore responsabilizzazione del dichiarante. Ed anche l’analisi relativa ai cespiti ed alle rimanenze si prospetta con ampi margini di sommarietà, non prescrivendo, ad esempio, alcuna procedura di inventariazione e/o di campionatura, né, per i crediti, alcuna ipotesi di circolarizzazione e convalida del dato. Altrettanto dicasi per l’esame della debitoria bancaria, che non impone alcuna quadratura con gli estratti conto bancari o con altre fonti maggiormente dettagliate (quali ad esempio le risultanze del modello ABI/REV).
L’analisi così condotta svela, dunque, in tutta la sua evidenza la mancanza di “veridicità dei dati” e le difficoltà a concepire una valutazione della “concreta prospettiva di risanamento” che resti scevra da un preventivo filtro di attendibilità del dato di partenza. Sicché è lecito domandarsi quale sia il livello di credibilità di una situazione patrimoniale e finanziaria e di un piano finanziario non suffragati dalla verifica dell’attendibilità dei dati contabili e aziendali in genere; così come ci si deve interrogare sulla concreta percezione da parte dei terzi interessati al percorso, nella misura in cui il dato prospettato appare privo di completo riscontro, con il rischio di una “caduta di fiducia”.
In tal senso sarebbe stato opportuno prevedere per l’esperto, prima ancora di incontrare le parti, una preventiva validazione, attraverso apposita diligence, della “base dati” costituita dalla documentazione di cui al comma 3 dell’art. 17 e finanche un giudizio di concreta fattibilità del percorso di risanamento.
Il che avrebbe però condotto ad una attività poi non così dissimile da quella dell’attuale “professionista indipendente” della norma concorsuale, allontanandosi, così, dalla più volte evocata figura di soggetto facilitatore che nessuna responsabilità il legislatore, almeno nelle intenzioni, intende accollargli.
Le ulteriori indicazioni presenti nella Sezione II, seppur connotate da una maggiore linearità, non appaiono anch’esse del tutto soddisfacenti e restano comunque all’ombra del più completo ed articolato percorso tratteggiato dalla più nota prassi professionale declinata dai “Principi di redazione dei piani di risanamento”, dai quali pure la lista di controllo particolareggiata sembra attingere.
Ne vien fuori un articolato alquanto sintetico e (forse volutamente) semplificato che, se da un lato agevola il compito dell’imprenditore, dall’altro pone l’esperto in una condizione di difficoltà nella misura in cui sarà chiamato a validare (o respingere) piani non del tutto rigorosi, con un concreto rischio di selezione avversa e di tendenza a mantenere un pericoloso profilo di cautela.
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