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La disciplina delle Controlled Foreign Companies (CFCC)
Le disposizioni in materia di imprese estere controllate sono collocate nell’arti. 67 del TUIR, da ultimo modificato dall’art. 4 del D.lgs. n. 142 del 2018 attuativo della Direttiva (UE) 2016/4464 del Consiglio del 12 luglio 2016, recante norme contro le pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno.
A norma del citato articolo ed al verificarsi delle condizioni che sono elencate, il reddito che si realizza dal contribuente controllato non residente, determinato a seconda delle sue caratteristiche in base alle disposizioni valevoli ai fini dell’imposta sul reddito delle società, è imputato per trasparenza al residente controllante in proporzione alla quota di partecipazione agli utili da essa detenuta, direttamente o indirettamente.
Sic et simpliciter (cosi è semplicemente), ” ai fini della imputazione del reddito, oltre al controllo è necessaria una, seppur minima partecipazione all’utile dell’impresa estera da parte del soggetto italiano”, stante, che in sua assenza la disposizione del CFC non potrebbe essere applicata, considerato che l’unico driver di imputazione del reddito del soggetto controllato non residente è appunto, la percentuale di diritto all’utile del soggetto controllante residente.
Le condizioni richiamate dalla norma per attrarre i redditi delle società controllate nell’ambito della disposizione antielusiva, operano ad un triplice livello.
In primo luogo, il comma 2 si occupa di definire le condizioni per ritenere le imprese, le società e gli enti non residenti controllati da legal entity (entità legale) residenti nel territorio dello Stato, al verificarsi di una delle seguenti condizioni:
- sono controllati direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciaria o interposta persona, ai sensi dell’art. 2359 c.c. (ossia il controllo di diritto, il controllo di fatto ed il controllo contrattuale);
- oltre il 50 per cento della partecipazione ai loro utili è detenuto, direttamente o indirettamente, mediante una o più società controllate ai sensi dell’art. 2359 c.c. o tramite società fiduciaria o interposta persona.
Il comma 4, alle lettere a e b, individua rispettivamente due requisiti che devono essere presenti congiuntamente: l’entità non residente deve essere assoggetta a tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbe sottoposta qualora residente in Italia e, delineando il perimetro dei paesi a fiscalità privilegiata;
le componenti reddituali rilevanti per l’applicazione della disposizione devono essere tra quelle elencate (reddito passivo) esempio: interessi, canoni, dividendi proventi da transfer pricing ovvero i prezzi di trasferimento.
Concludendo, si ricorda che per espressa previsione, la disciplina non si applica sei il soggetto residente dimostra che quello controllato non residente svolge un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, altre attività e locali.
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