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La non applicabilità della sospensione feriale al termine del saldo prezzo nelle vendite coattive
Il tema dell’utilizzabilità della cd “sospensione feriale” nella verifica del termine finale del versamento prezzo all’interno delle vendite coattive, siano esse svolte in ambito delle esecuzioni individuali ovvero nel novero delle procedure concorsuali, torna ad essere attuale per effetto di una recente pronuncia resa dalla Corte di Cassazione (Sezione 3 Civile, 8 giugno 2022, n. 18421) con la quale i giudici di legittimità, ponendosi in aperto contrasto con la risalente sentenza n° 12004 del 13/07/2012, quest’ultima fino ad oggi mai smentita, ha stabilito, tra gli altri, il seguente principio di diritto “In tema di vendita forzata, il termine di versamento del saldo del prezzo da parte dell’aggiudicatario è di natura sostanziale, in quanto è posto a presidio del relativo ius ad rem circa l’emissione del decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c., attenendo all’adempimento dell’obbligazione pecuniaria assunta dall’aggiudicatario stesso, attività che non necessita di difesa tecnica, ma che costituisce esecuzione di un atto dovuto e non negoziale; ne consegue che esso non è soggetto alla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, ex art. 1 della legge n. 742 del 1969″.
La decisione in commento crea evidente disordine in un contesto che sembrava oramai adagiato sulla natura eminentemente “processuale” del termine con un ragionamento, in parte condivisibile, che facendo perno sulla circostanza che il termine per il versamento del prezzo, di cui all’art. 576 c.p.c., n. 7 e all’art. 585 c.p.c., comma 1 si ponesse all’interno del più articolato procedimento di vendita coattiva, lo stesso non potesse che avere natura processuale, proprio perché prodromico al trasferimento dell’immobile e quindi alla definitiva attribuzione del bene.
L’odierna opposta tesi, che ben potrebbe a breve determinare un auspicabile intervento delle Sezioni Unite tende, dunque, a ritenere detto termine non soggetto a sospensione in considerazione del fatto che l’adempimento del versamento del saldo prezzo costituisce attività estranea al processo e rimessa a un terzo, con la conseguenza di non ravvisare la necessità di assicurare ad esso il periodo di sospensione previsto dalla legge.
Non va però sottaciuto che la molteplicità dei temi trattati abbia potuto generare un evidente contrasto nella misura in cui, valorizzando l’impostazione giurisprudenziale del periodo di sospensione costituzionalmente orientata a garantire “la necessità d’assicurare un periodo di riposo a favore degli avvocati (..) scopo perseguito senza ledere interessi preminenti, nei limiti, cioè, della gerarchia dei beni e dei valori giuridicamente tutelati”, si giunge poi a contraddire il successivo principio.
Sostenere, infatti, la tesi della mancata sospensione dei termini feriali alla procedura di vendita crea un’evidente differenza di tutela tra i professionisti finendo per ledere il “diritto al riposo” del Delegato il quale, diversamente dal legale cui è assicurata la legittima astensione dal lavoro, sarà tenuto a presidiare il versamento del saldo prezzo magari in scadenza proprio nel mese di agosto.
La sentenza in commento merita inoltre rilievo anche in relazione agli altri principi enunciati tra cui si staglia quello secondo il quale “In tema di vendita forzata, le disposizioni adottate dal giudice dell’esecuzione nell’ordinanza di vendita o di delega circa gli adempimenti, le modalità, i termini e, in generale, le condizioni cui l’esperimento di vendita è soggetto sono posti a presidio delle esigenze di certezza, legittimità, trasparenza, correttezza ed efficienza che sovrintendono al sistema dell’espropriazione forzata”. Pronuncia che si inserisce nel solco del costante ed indiscusso orientamento di legittimità (Cassazione. 29 maggio 2015 n. 11171), già ribadito da Cassazione 10/12/2019, n. 32136 che comporta, tra le altre derivate, la perentorietà e non prorogabilità del termine per il versamento del saldo del prezzo da parte dell’aggiudicatario del bene staggito, attesa la necessaria immutabilità delle iniziali condizioni del subprocedimento di vendita. Senza trascurare l’altro precetto in virtù del quale “Il termine di venti giorni per la proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. avverso il decreto di trasferimento di cui all’art. 586 c.p.c. decorre dalla conoscenza legale o di fatto del provvedimento, ovvero dal momento in cui la conoscenza del vizio da cui è affetto il bene (qualora integrante gli estremi del c.d. aliud pro alio), si è conseguita o sarebbe stata conseguibile secondo la diligenza ordinaria, non rilevando di per sé né la data di deposito (neppure essendo prescritto da alcuna norma che debba darsene comunicazione a cura della cancelleria o del professionista delegato ex art. 591-bis c.p.c.), né quella di trascrizione nei RR.II., avente mera funzione di pubblicità dichiarativa”.
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