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L’accordo ad efficacia estesa e la composizione negoziata

Giornalista pubblicista.
Dottore Commercialista
Revisore Legale dei conti
Docente e formatore Crisi d’impresa

Diversi sono, come noto, gli epiloghi della composizione negoziata, oscillanti tra i rimedi tipici e quelli già precedentemente noti nel nostro ordinamento concorsuale. Tra essi, merita attenzione, anche per il diffuso uso crescente, l’accordo di ristrutturazione ad efficacia estesa ex art. 61 del D.Lgs. 14/2019, norma di grande impatto che, nel solco dei più generale impianto di cui all’art.57 CCII, si applica, in deroga agli articoli 1372 e 1411 C.C., al caso in cui gli effetti dell’accordo vengano estesi anche ai creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria, individuata tenuto conto dell’omogeneità di posizione giuridica ed interessi economici.

Affinché lo strumento possa trovare concreta realizzazione è necessaria l’osservanza di un insieme di stringenti condizioni, ovvero che:

a) tutti i creditori appartenenti alla categoria siano stati informati dell’avvio delle trattative, siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede e abbiano ricevuto complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore nonché sull’accordo e sui suoi effetti;

b) l’accordo abbia carattere non liquidatorio, prevedendo la prosecuzione dell’attività d’impresa in via diretta o indiretta ai sensi dell’articolo 84;

c) i crediti dei creditori aderenti appartenenti alla categoria rappresentino il settantacinque per cento di tutti i creditori appartenenti alla categoria, fermo restando che un creditore può essere titolare di crediti inseriti in più di una categoria;

d) i creditori della medesima categoria non aderenti cui vengono estesi gli effetti dell’accordo possano risultare soddisfatti in base all’accordo stesso in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale;

e) il debitore abbia notificato l’accordo, la domanda di omologazione e i documenti allegati ai creditori nei confronti dei quali chiede di estendere gli effetti dell’accordo”.

Orbene, laddove tale accordo trovi radici nella composizione negoziata, l’art. 23 CCII, comma 2 lettera b) prevede che l’imprenditore possa, tra gli altri, “domandare l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi degli articoli 57, 60 e 61”, con la particolarità che “La percentuale di cui all’articolo 61, comma 2, lettera c), è ridotta al 60 per cento se il raggiungimento dell’accordo risulta dalla relazione finale dell’esperto”.

Su tale ultimo specifico punto, che legittima una maggioranza meno qualificata, occorre preliminarmente chiarirsi, interrogandosi se, per ottenere il beneficio, sia necessario che le trattative siano state condotte necessariamente alla presenza dell’esperto.

In argomento si segnala un isolato e non condivisibile orientamento di merito (Trib. Milano, 14 maggio 2022), secondo il quale: “In tema di composizione negoziata della crisi, la partecipazione dell’esperto alla procedura è concepita come indispensabile.

Ne consegue che l’imprenditore è tenuto ad affidarglisi in toto, fornendogli tutte le informazioni necessarie in ordine alla condizione finanziaria dell’impresa e nulla omettendo”. Ciò in quanto, sostiene il Tribunale, “Solo adottando tale comportamento collaborativo l’imprenditore può consentire all’esperto di condurre le trattative e individuare la via per raggiungere il risanamento dell’impresa; al contrario, frusterebbe la stessa ratio legis della composizione negoziata ed il ruolo di mediatore e facilitatore dell’esperto la conduzione di una trattativa diretta esclusiva tra l’imprenditore e alcuni creditori”.

Al quesito, tuttavia,  pare di dover fornire risposta negativa, posto che la norma sembra far riferimento, più in generale, al tempo della formazione del consenso ed alla sua certificazione all’interno della relazione finale; così mostrando di far affidamento sugli accordi conclusi entro il termine della composizione negoziata, indipendentemente dalle modalità con cui si è addivenuti alla soluzione, evidentemente perché si ritiene che l’accordo raggiunto sia comunque frutto dell’ingresso fecondo nella composizione negoziata dove l’esperto, per la sua sola nomina, funge da elemento di garanzia.

Ciò stante, può concludersi che è ben possibile, soprattutto nell’alveo del co. 2 dell’art. 23 CCII, che l’imprenditore consegua i suoi accordi al di fuori dei tavoli tenuti in presenza dell’esperto, purché essi promanino da una iniziale trattativa dinanzi all’esperto stesso e vengano poi riportati nel suo patrimonio informativo, sancendone definitivamente gli effetti.

Milita in tale direzione anche la bozza del Decreto correttivo, il quale dovrebbe prevedere, nel riformando art. 17 co. 5 CCII, che “L’imprenditore partecipa personalmente, e può farsi assistere da consulenti e informa l’esperto sullo stato delle trattative che conduce senza la sua presenza”; il che, indirettamente, conferma la possibilità che gli accordi possano maturare al di fuori del perimetro dell’esperto.

Tommaso Nigro
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