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Le origini del Teatro alla Scala. Il teatro più celebre d’Italia e uno tra i più noti del mondo

Giornalista. Docente specializzata in analisi del comportamento per il recupero degli studenti con disabilità intellettiva.
Tutor specializzato per il supporto di ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento.

Scala Milano

Ogni anno melomani, musicisti, appassionati, curiosi e contestatori attendono un appuntamento imprescindibile.

Stiamo parlando della Prima della Scala di Milano, l’evento mondano più atteso dell’anno; a Milano e non solo.

Sul palco del tempio della lirica, sono passate star del calibro di Renata Tebaldi e Montserrat Caballé, H. Von Karajan, Arturo Toscanini e Riccardo Muti, Giorgio Strehler, Luchino Visconti e Franco Zeffirelli, étoile come Rudolf Nureyev, Carla Fracci e Roberto Bolle.

Le origini del teatro La Scala si perdono nel lontano XVIII secolo.

Fin dal 1717, infatti, la Corte Austriaca creò un teatro all’interno del Palazzo Regio, vicino al Duomo: esso purtroppo andò distrutto nel 1776 a causa di un incendio.

Di lì a poco l’imperatrice d’Austria, appassionata di opera lirica, e l’arciduca Ferdinando incaricarono il Regio Architetto Giuseppe Piermarini (1734-1808) di costruire un nuovo teatro.

Dopo lunghe dispute sulla scelta del sito più idoneo fu individuata, dai proprietari dei palchi – veri finanziatori dell’opera pubblica – l’area della chiesa gotica di Santa Maria della Scala, in quanto fondatrice della chiesa fu Beatrice della Scala di Verona, moglie di Berna Visconti, che la fece costruire alla fine del 1300.

Il nuovo edificio, realizzato in stile neoclassico, fu inaugurato il 3 agosto 1778 con l’opera L’Europa riconosciuta, composta da Antonio Salieri su libretto di Mattia Verazi.

Il nuovo teatro a La Scala divenne in breve il più celebre d’Italia e uno tra i più noti del mondo.

Stendhal nel 1816, per esempio, ne scrive ammirato nel suo diario: “Nella sala non c’è lampadario: il teatro è illuminato soltanto dalla luce proveniente dalle quinte. Impossibile immaginare niente di più fastoso, ricco, imponente, originale”.

Nel corso della Seconda guerra mondiale la Scala venne bombardata ma la cittadinanza, sia pur con il poco denaro a disposizione, avviò la ricostruzione dell’edificio che terminò nel 1946 quando vi fu la riapertura definitiva e il ritorno del grande Arturo Toscanini.

La Prima alla Scala non è solo una serata di musica e cultura, ma anche un evento di costume ricco di rituali attraverso i quali la borghesia cittadina celebra sé stessa. Numerosi infatti sono gli aneddoti che nel corso degli anni hanno legato questo teatro alla vita ed ai costumi milanesi. Ma perché la Prima a La Scala è così ambita e chiacchierata?

Innanzitutto perché in Italia si è perpetrata un’eredità ottocentesca in base alla quale l’apertura della stagione lirica costituisce un grande evento mondano e culturale. In secondo luogo perché per circa 150 anni la stagione lirica milanese aveva inizio il 26 dicembre, per poi durare fino a Carnevale e, dunque, comprendeva non solo opere serie ma anche balli e veglioni, fino a concludersi con il veglione mascherato del Sabato Grasso.

Fu solo nel 1951 che il direttore d’orchestra Victor De Sabata decise di anticipare l’inaugurazione della stagione al 7 dicembre, per farla coincidere con la festa patronale di Sant’Ambrogio, Patrono di Milano. Quell’anno, andarono in scena I Vespri Siciliani di Giuseppe Verdi e debuttò l’esordiente Maria Callas.

Oggi la prima de La Scala continua ad essere uno degli aventi mondani più attesi dell’anno sebbene si sia cercato di dare maggiore risalto all’aspetto culturale della manifestazione.

Quest’anno, in particolare, la stagione lirica de La Scala sarà inaugurata dal capolavoro del compositore russo Modest Musorgskij, Boris Godunov. La direzione sarà affidata al direttore musicale del teatro, Riccardo Chailly.

Tra le opere in cartellone per la stagione 2022/23 ricordiamo Salomè, Lucia di Lammermoor, La Boheme, Macbeth, Il barbiere di Siviglia e Le nozze di Figaro. Tra i balletti, spiccano Lo schiaccianoci e il Gala Fracci.

Roberta Fameli
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