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L’entrata in vigore del codice della crisi e la disciplina transitoria

Dottore Commercialista
Revisore Legale dei conti
Docente e formatore Crisi d’impresa

L’ingresso graduale nel nuovo mondo della crisi di impresa e le ricadute sulle nomine

La recente pubblicazione del D.Lgs. 17 giugno 2022 n. 83 segna il limite dell’ingresso nella nuova concorsualità con un testo destinato ad operare per lungo tempo e con riferimento a tutti gli istituti sia di matrice prettamente giudiziale, che di derivazione “negoziale”.

Il sistema entra in vigore con efficacia immediata, ma solo con riferimento alle procedure aperte a far data dal 15 luglio 2022. L’articolo 390 del CCI, regolando la disciplina transitoria, dispone, infatti, che “1. I ricorsi per dichiarazione di fallimento e le proposte di concordato fallimentare, i ricorsi per l’omologazione degli accordi di ristrutturazione, per l’apertura del concordato preventivo, per l’accertamento dello stato di insolvenza delle imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa e le domande di accesso alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento depositati prima dell’entrata in vigore del presente decreto sono definiti secondo le disposizioni del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, nonché della legge 27 gennaio 2012, n. 3.  2. Le procedure di fallimento e le altre procedure di cui al comma 1, pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché le procedure aperte a seguito della definizione dei ricorsi e delle domande di cui al medesimo comma sono definite secondo le disposizioni del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, nonché della legge 27 gennaio 2012, n. 3”.

Convalidando, così, il principio del “tempus regit actum”, regolando espressamente la sorte sia delle procedure avviate prima dell’entrata in vigore del Codice, che di quelle a quel tempo pendenti.

In argomento va ricordato che il Consiglio di Stato, nel parere n. 832/2022, aveva proposto una modifica all’articolo 390 del Codice individuando la necessità di prevedere una sorta di sospensione delle procedure fallimentari pendenti che si fossero trovate ad uno stadio iniziale o che non fossero  state interessate da operazioni irreversibili; chiedendo per esse di prevedere la possibilità, entro un certo arco temporale, “di superare lo stato di crisi mediante una delle procedure disciplinate dal Codice”. Invito totalmente disatteso con un’ermetica motivazione che si rinviene nel seguente testo della Relazione Illustrativa “Rispetto a tale proposta si rileva che l’apertura della procedura fallimentare presuppone l’accertamento sul fatto che l’impresa versi in stato di insolvenza e non in stato di crisi. Ne discende l’impossibilità di introdurre la disciplina richiesta non essendo possibile consentire l’accesso a procedure o a strumenti di regolazione della crisi ad imprese per le quali sia stato giudizialmente accertato lo stato di insolvenza”. Per vero, il parere aveva, inoltre, richiamato l’attenzione sull’opportunità di prevedere norme transitorie destinate, specificamente, ad essere applicate solo alle procedure già pendenti alla data di entrata in vigore del Codice, finalizzate, tra gli altri, ad evitare l’utilizzo dei termini “fallito” e “fallimento”. Sul punto il Legislatore nulla ha previsto e neppure è dato rinvenire un’espressa motivazione.

La stesura definitiva della norma introduce, allora, un sistema di “doppio binario” con una parallela disposizione destinata ad operare ed a coesistere quantomeno per il tempo necessario affinché le procedure pendenti al 15 luglio 2022 e quelle aperte a seguito di ricorsi presentati entro detta data trovino la loro naturale conclusione.

Il che, a ben vedere, non costituisce una novità nel nostro ordinamento, atteso che il medesimo principio si rinviene anche in occasione della precedente riforma recata dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 (art. 150) e dal D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169 (art. 22), con la derivata che i professionisti della crisi di impresa si troveranno ad operare con regole diverse ancora per lungo tempo.

La previsione del comma 1 dell’art. 390 CCI consente, ad ogni buon conto ed almeno in parte, di venire in soccorso ad un sistema che rischia il default già nella sua prima applicazione, stante la mancanza di regole in ordine al materiale popolamento dell’Albo previsto dal Regolamento di cui al DM 3 marzo 2022 n. 75, la cui negata concreta operatività, legata alla necessità di attendere un “decreto dirigenziale del responsabile per i sistemi informatizzati del Ministero della giustizia da adottarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore” è stata già segnalata (si veda “Problematico il limite temporale del primo popolamento dell’albo dei gestori” del 28 giugno 2022)

La circostanza che i ricorsi per dichiarazione di fallimento e di apertura delle altre procedure di risoluzione della crisi depositati prima dell’entrata in vigore del decreto siano definiti secondo le pregresse disposizioni determina un naturale slittamento dell’avvio delle nuove regole applicative, quantomeno per le liquidazioni giudiziali, posto che le stesse potranno essere dichiarate ex art. 49 CCI solo a seguito del completamento dell’istruttoria di cui all’art. 41 CCI.

Qualche problema si pone, invece, per le domande prenotative di cui al nuovo articolo 44 CCI per le quali il Tribunale sarà chiamato ad officiare un Commissario Giudiziale senza poter concretamente attingere dall’Albo previsto.

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