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Nuova convivenza dell’ex coniuge: impatto sull’assegno di divorzio e sulla quota del trattamento di fine rapporto
La Corte di Cassazione, sezione I civile, con l’ordinanza del 10 giugno 2024, n. 16055, ha fornito chiarimenti in merito all’incidenza di una nuova convivenza stabile sull’assegno di divorzio e sul diritto alla quota del trattamento di fine rapporto (TFR) dell’ex coniuge. In particolare la decisione affronta i presupposti per il riconoscimento del diritto del coniuge divorziato all’assegno divorzile o alla sua revisione e alla quota del TFR, anche in presenza dell’instaurazione di una relazione sentimentale o di una vera convivenza more uxorio.
Secondo l’art. 5, co. 6, della L. n. 898/1970, il coniuge divorziato che percepisce l’assegno divorzile ha diritto ad ottenere una quota del TFR dell’ex coniuge al momento in cui quest’ultimo matura il diritto a percepire detto trattamento e, pertanto, della cessazione del rapporto di lavoro di quest’ultimo. Tale diritto persiste anche se il credito è esigibile solo quando l’importo è effettivamente erogato. Tuttavia, la stabile convivenza di fatto dell’ex coniuge può influire sul diritto all’assegno di divorzio, senza necessariamente comportarne la perdita totale, in relazione alla componente compensativa dell’assegno stesso.
La vicenda
In un procedimento di revisione delle condizioni di divorzio, l’ex marito ha richiesto la revoca dell’assegno divorzile a causa della convivenza more uxorio dell’ex moglie. Quest’ultima, vantando la titolarità dell’assegno divorzile e non avendo contratto nuovo matrimonio, ha chiesto al Tribunale ai sensi dell’art. 12-bis L. div., l’accertamento del riconoscimento del suo diritto a una quota del TFR dell’ex marito, il quale era andato in pensione.
Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’appello in secondo grado hanno respinto entrambe le richieste.
I giudici di merito con riferimento al riconoscimento del diritto ad una quota del TFR hanno ritenuto che la domanda fosse generica e priva delle informazioni minime necessarie per una sua valutazione, quali ad es. l’indicazione della eventuale liquidazione del t.f.r., del periodo preciso di attività lavorativa dell’ex marito e quindi quello coincidente con la durata del matrimonio.
La domanda di revoca dell’assegno divorzile è stata invece rigettata in quanto i giudici di merito, hanno ritenuto preesistente la relazione sentimentale dell’ex moglie, poi sfociata in una convivenza more uxorio, rispetto alla crisi coniugale.
Tale decisione è stata pertanto oggetto di ricorso principale per cassazione a opera della ex moglie e di ricorso incidentale a opera dell’ex marito.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha accolto entrambi i ricorsi.
Ricorso Principale: la Corte ha confermato che il diritto del coniuge divorziato, che sia anche titolare dell’assegno divorzile, alla quota del TFR dell’ex coniuge erge al momento della cessazione del rapporto di lavoro, anche se il relativo credito è esigibile solo quando l’importo viene effettivamente erogato.
Specificatamente, la Cassazione ha sottolineato l’errore commesso dai giudici di merito, in quanto poiché tra le indicazioni “minime” per la valutazione della domanda non risultano l’avvenuta liquidazione e percezione del trattamento di fine rapporto da parte del titolare, considerata come condizione di esigibilità, per cui la mancata percezione vieta l’accertamento del diritto dell’ex coniuge di percepire la quota di sua spettanza, qualora questi sia già titolare di assegno di divorzio e non abbia contratto nuovo matrimonio.
Nel caso de quo, gli elementi necessari per la valutazione del diritto alla quota del TFR erano già noti alla corte di merito, in quanto l’assegno divorzile in favore della donna non era stato revocato in seguito all’instaurazione di una nuova convivenza e il rapporto di lavoro dell’ex marito, come dallo stesso confermato in sede di giudizio, era cessato per pensionamento con indicazione della relativa data. Lo stesso aveva, tra l’altro, precisato che il suo diritto al trattamento di fine rapporto era maturato dopo l’introduzione della sua domanda di revisione delle condizioni di divorzio. Infine, sul punto, gli ermellini hanno censurato il rigetto, da parte dei giudici di merito, delle istanze istruttorie fornite dalla ex moglie volte ad accertare i termini del rapporto lavorativo, del pensionamento e della maturazione, liquidazione e corresponsione del TFR, evidenziando, pertanto, un vizio nella sentenza.
Ricorso Incidentale: La Corte ha accolto il ricorso incidentale ritenendo la motivazione della corte di appello viziata in diritto non potendosi equiparare, ai fini della revoca dell’assegno divorzile la convivenza di fatto e la mera relazione sentimentale, chiarendo che solo la convivenza more uxorio, può influire sul diritto a percepire l’assegno divorzile, salvo per la sua componente compensativa. Orbene, la consapevolezza dell’ex marito di una relazione sentimentale precedente al divorzio è irrilevante in quanto, il fatto sopravvenuto della stabile convivenza, che doveva essere provato, è quello che incide sul diritto all’assegno.
Conclusioni
La Suprema Corte ha cassato la decisione della corte d’appello, rimandando al giudice del rinvio il compito di accertare se sussistono i presupposti per la revoca dell’assegno divorzile e con quale decorrenza, valutando l’incidenza del fatto nuovo dedotto, cioè l’instaurazione successiva al divorzio di una convivenza stabile, ove provato e di valutare il diritto della ricorrente ad una quota del TFR, seguendo i principi di diritto enunciati. In particolare, il giudice dovrà considerare la stabile convivenza come fatto nuovo e valutare se, alla data di maturazione del diritto al trattamento di fine rapporto in capo all’ex coniuge, la ricorrente fosse ancora titolare del diritto all’assegno di divorzio e che non sia nelle more passata a nuove nozze.
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