Quando parliamo di sostenibilità, spesso la associamo alla tutela dell’ambiente o a una crescita economica equa…
Revisore – Autovalutazione e verifica della professionalità e onorabilità
Con il presente contributo iniziamo una serie di approfondimenti sul tema delle norme di comportamento del collegio sindacale. Riteniamo possa essere utile a chi si occupa di revisione rivedere e rispolverare le norme alla base della delicata funzione di responsabilità e impegno che ricopre nell’ambito delle società.
1. Premessa. L’evoluzione dell’istituto.
Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (CNDCEC) ha aggiornato le “Norme di comportamento del collegio sindacale di società quotate”[1] nel 2018.
Le Norme, già emanate nel 2015, mantengono la vecchia struttura basata sui Principi, sui Criteri Applicativi e sui Commenti accompagnati dai riferimenti normativi. Nelle nuove Norme, quindi, l’attività del Collegio resta ancora indirizzata dai Principi.
Come specificato nel documento del Consiglio, le Norme hanno natura tecnica e deontologica e sono applicabili agli organi di controllo delle società quotate in borsa. Esse, però, rappresentano una guida indispensabile per tutti i professionisti che ricoprono incarichi di revisione.
Nella loro nuova formulazione si è dovuto tener conto dell’evoluzione normativa adeguandosi alle disposizioni inerenti alle società di revisione. Come prima cosa, le Norme di comportamento pongono particolare attenzione al processo dell’Autovalutazione del collegio sindacale.
A tal proposito è stata introdotta la nuova “Norma Q.1.1. relativa all’autovalutazione del collegio sindacale che, traendo spunto dalla regolamentazione e dalla prassi relative alle istituzioni finanziarie, esplicita la necessità che l’organo di controllo si sottoponga, assumendone diretta responsabilità, ad un periodico processo interno di valutazione circa la ricorrenza – e la permanenza – dei requisiti di idoneità dei componenti e circa la correttezza e l’efficacia del proprio funzionamento”[2].
I requisiti di idoneità dei componenti, richiamati dalla Norma Q 1.1., sono quelli di professionalità, competenza, onorabilità e indipendenza dei membri del collegio sindacale.
Dei requisiti di professionalità e di onorabilità si era già occupata la CONSOB con il Regolamento adottato con decreto del Ministro di giustizia n. 162 del 30 marzo 2000[3], riferendosi a membri del collegio sindacale delle società quotate.
Anche Banca d’Italia, nella Circolare n. 285 del 17 dicembre 2013[4], tratta dell’argomento. E, ancora più recentemente, nel maggio 2018, la BCE aggiorna la “Guida alla verifica dei requisiti di professionalità e onorabilità”.
Le indicazioni riportate nella guida BCE sono dettate per tutti gli istituti sottoposti alla sua diretta vigilanza. In particolare, sostiene la BCE, si applicano ai membri degli organi amministrativi, sia con funzione di gestione (membri esecutivi), sia con funzione di supervisione strategica e controllo (membri non esecutivi, tra cui vanno annoverati anche i revisori).
L’interesse mostrato dal legislatore e dagli organi istituzionali preposti, sottolinea la delicatezza e l’importanza dell’argomento. Da qui la necessità di un approfondimento della materia che interessa tutta la platea dei professionisti che si occupano di revisione.
Tralasciando gli altri argomenti che riguardano l’operatività vera e propria del revisore, nel presente lavoro si pone l’attenzione sugli argomenti specifici dell’autovalutazione e verifica della professionalità e onorabilità dei componenti degli organi di controllo e revisione.
In un successivo lavoro saranno approfonditi ulteriori aspetti della funzione in esame.
2. L’Autovalutazione.
Gli organi aziendali con “funzione di supervisione strategica”- stabilisce la Banca D’Italia – si sottopongono periodicamente ad autovalutazione, almeno una volta l’anno.
Tra gli organi di supervisione strategica rientra anche l’organo con funzione di controllo, e quindi il collegio sindacale o il revisore (sia esso revisore persona fisica o società di revisione).
E ancor di più, la Banca D’Italia precisa, che “l’organo con funzione di controllo, periodicamente verifica la propria adeguatezza in termini di poteri, funzionamento e composizione, tenuto conto delle dimensioni, della complessità e delle attività svolte dalla società”.
L’attività di autovalutazione, dunque, è orientata ad accertare la corretta composizione dell’organo ed il corretto funzionamento dello stesso. Essa si basa su criteri e modalità coerenti con le proprie caratteristiche.
Il CNDEC, nella nuova Norma Q.1.1., letteralmente stabilisce:
Norma Q.1.1. Autovalutazione del collegio sindacale |
Principi Il collegio sindacale, nella prima riunione e con periodicità almeno annuale, valuta l’idoneità dei componenti e l’adeguata composizione dell’organo, con riferimento ai requisiti di professionalità, competenza, onorabilità e indipendenza richiesti dalla normativa. Il collegio sindacale, nella prima riunione e con periodicità almeno annuale, valuta la disponibilità di tempo e di risorse adeguate alla complessità dell’incarico. Il collegio sindacale effettua autovalutazioni periodiche del proprio operato in relazione alla concertata pianificazione della propria attività. |
Dalla lettura della Norma Q1.1. emerge che già dalla sua prima riunione, il collegio sindacale di nuova nomina o rinnovato, effettua l’autovalutazione iniziale che coinvolge tutti i componenti dell’organo. In altre parole, il collegio valuta la propria idoneità a svolgere il delicato incarico assegnatogli dalla legge, dallo statuto sociale e dai principi tecnico-deontologici stabiliti dall’Ordine di appartenenza.
Altro elemento di valutazione è rappresentato dalla sua “adeguata composizione”. Il rivoluzionario concetto dell’autovalutazione trova in questo parametro il momento più elevato della sua espressione. L’organo stesso deve auto valutarsi sul possesso dei requisiti essenziali della professionalità, competenza, onorabilità e indipendenza.
L’organo collegiale compie un’azione di spersonalizzazione rispetto ai suoi singoli componenti. Ed è il collegio, quale organo terzo, che stabilisce le modalità di acquisizione delle informazioni necessarie alla valutazione.
Naturalmente, per una corretta valutazione è necessario un attento esame – istruttorio e valutativo – delle informazioni fornite dai singoli membri.
Sintetizzando, si rappresenta graficamente il procedimento:
ESAME ISTRUTTORIO |
Il Collegio |
Esegue la raccolta delle informazioni e dei dati, in particolare, sui seguenti elementi (elenco fornito dal CNDCEC): |
|
Come detto, le informazioni sono assunte nella prima seduta del collegio. Se le situazioni soggettive mutano nel corso del mandato, il singolo componente deve informare tempestivamente il collegio dei cambiamenti verificatisi.
Terminato l’esame istruttorio il Collegio procede con l’esame valutativo dell’idoneità dei componenti, basandosi sulle informazioni ottenute e tenendo traccia della procedura adottata nell’apposito verbale della seduta.
Le fasi del procedimento valutativo sono rappresentate nel seguente schema.
ESAME VALUTATIVO |
Collegio |
Sulla base delle informazioni acquisite, procede nell’azione di valutazione delle singole posizioni nel modo seguente (elenco fornito dal CNDCEC): |
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Allo stesso modo la BCE individua i criteri da utilizzare nel processo di valutazione della professionalità e onorabilità dei componenti degli organi amministrativi e di controllo. Tali criteri possono essere sintetizzati nei seguenti cinque: professionalità ed esperienza, onorabilità, conflitti di interesse e indipendenza di giudizio, disponibilità di tempo, adeguatezza complessiva.
Analizziamo brevemente i singoli criteri. Per un opportuno approfondimento si rimanda a quanto trattato nella guida ai requisiti di professionalità e onorabilità della BCE sopra richiamata.
La professionalità e l’esperienza
L’esperienza maturata dal componente dell’organo, va intesa sia in termini di “esperienza professionale” pregressa, sia in termini di “conoscenze e competenze tecniche” acquisite tramite l’istruzione e la formazione.
In rapporto all’esperienza, fondamentale è il principio di proporzionalità.
Il livello di esperienza, infatti, è commisurato, da un lato al ruolo ricoperto nell’ambito dell’organo, quindi alla funzione specifica ricoperta. Dall’altro lato in base alla tipologia di soggetto sottoposto a controllo o revisione quale: la natura, il settore di appartenenza, la dimensione societarie ecc…
In altre parole la scelta dei componenti dell’organo di controllo deve tener conto delle dimensioni e della struttura della società, della specificità del settore di appartenenza e della complessità dell’incarico da svolgere ponendo l’attenzione all’esperienza maturata in tali settori dal sindaco.
Da quanto sopra, in base al principio di proporzionalità, deriva che: ad una maggiore complessità delle caratteristiche aziendali deve corrisponde un più elevato livello di esperienza richiesto.
Per la misurazione quantitativa dell’esperienza maturata, sono previste delle soglie sopra le quali si presume acquisita, fino a prova contraria, l’esperienza necessaria.
Presunzione di adeguata esperienza con riferimento all’organo con funzione di controllo | |
PRESIDENTE | COMPONENTE |
Tale esperienza può includere una proporzione significativa di posizioni dirigenziali di alto livello e conoscenze tecniche significative |
A seconda della posizione ricoperta potrebbe rilevare anche l’esperienza maturata nei settori accademico e pubblico. |
Quando il sindaco nominato non raggiunge le soglie di presunzione ed adeguatezza, si considera prioritaria la presenza di opportuni piani di formazione che permettano il raggiungimento dell’idoneità alla funzione.
Soglie diverse sono previste dalle norme di comportamento del collegio sindacale emanate dall’ONDCEC. Esse stabiliscono che nella composizione del collegio, “almeno uno dei sindaci effettivi, se questi sono in numero di tre, ovvero almeno due dei sindaci effettivi, se questi sono in numero superiore a tre e, in entrambi i casi, almeno uno dei sindaci supplenti devono essere scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori e aver esercitato l’attività di revisione legale dei conti per un periodo non inferiore a tre anni”.
Appare chiaro, quindi, che i parametri di individuazione del possesso del requisito della professionalità per l’intero collegio sono due:
- L’iscrizione nel registro dei revisori contabili di almeno un sindaco effettivo (o due, a seconda dei casi), e di almeno un supplente.
- L’esercizio dell’attività di revisore legale dei conti per almeno un triennio.
Scompare, dalle prescrizioni nazionali, il riferimento a dieci anni di attività pregressa per il Presidente dell’organo ma è introdotto il doppio requisito dell’esperienza triennale e dell’iscrizione al registro dei revisori dei conti.
Tale differenziazione è giustificata dal fatto che l’iscrizione nel registro dei revisori è garanzia di un requisito di qualità e professionalità acquisita. La formazione continua prevista per mantenere l’iscrizione al suddetto registro da parte del professionista è altro indice di qualificazione professionale.
Da notare che i due requisiti, quello dell’iscrizione al registro e quello dell’esercizio almeno triennale dell’attività, devono sussistere contemporaneamente in testa al componente professionalmente qualificato.
Se nella composizione del collegio non sono presenti professionisti in possesso di queste caratteristiche allora sarà possibile scegliere professionisti che hanno maturato un’esperienza almeno triennale nell’esercizio delle seguenti attività:
- attività di amministrazione o di controllo ovvero compiti direttivi presso società di capitali che abbiano un capitale sociale non inferiore a due milioni di euro;
- attività professionali o di insegnamento universitario di ruolo in materie giuridiche, economiche, finanziarie e tecnico-scientifiche, strettamente attinenti all’attività dell’impresa;
- funzioni dirigenziali presso enti pubblici o pubbliche amministrazioni operanti nei settori creditizio, finanziario e assicurativo o comunque in settori strettamente attinenti a quello di attività dell’impresa.
Ancora una volta, elemento importante da non sottovalutare è che i sindaci devono essere competenti nel settore in cui opera la società sottoposta a controllo o revisione.
Questa prescrizione è sancita dall’art. 19, co. 3, D.lgs. n. 39/2010 che prevede espressamente che “i componenti del comitato per il controllo interno e la revisione contabile siano nel complesso competenti nel settore in cui opera la società”.
Pertanto, il singolo componente può anche non possedere le competenze necessarie all’atto della nomina, ma può acquisirle nel corso del mandato, documentandosi, assumendo informazioni (anche presso la società) e fruendo dell’esperienza sulle peculiarità del settore maturate dai colleghi.
L’onorabilità
Mentre per il requisito dell’esperienza è fondamentale l’applicazione del principio della proporzionalità, ciò non vale per l’onorabilità. Infatti, il revisore o possiede il requisito dell’onorabilità oppure no, non sono previste mezze misure, indipendentemente dalla dimensione aziendale o dalla complessità dell’incarico.
Anche per quanto attiene alla valutazione di questo requisito, si ritiene che debbano essere utilizzate le stesse tecniche sia per un revisore neo nominato, sia per un professionista di lungo corso.
Particolare rilevanza nella valutazione dell’onorabilità assumono i procedimenti penali e amministrativi imputabili al componente dell’organo di vigilanza e revisione. Non solo i procedimenti in corso di svolgimento, ma anche quelli già chiusi possono rappresentare un ostacolo sul percorso valutativo dell’onorabilità dell’esponente.
Per quanto attiene all’onorabilità, il collegio deve raccogliere tutte le informazioni utili e, in caso di riscontro positivo, deve interessare l’organo amministrativo della società.
A quest’ultimo spetta il compito di rinnovare la fiducia nei confronti dell’esponente, una volta esaminati i procedimenti in corso e la gravità delle accuse.
Tale passaggio è fondamentale anche alla luce delle ripercussioni che la mancanza del requisito di onorabilità potrebbero esserci, non solo nei confronti del revisore singolo ma anche nei confronti della società stessa. In questo caso, si configura l’esposizione della società al cosiddetto “rischio reputazionale”.
Le norme di comportamento dei dottori commercialisti prevedono che non può essere nominato alla carica, e se eletto decade, il professionista che:
- è stato sottoposto a misure di prevenzione disposte dall’autorità giudiziaria previste dalla legislazione antimafia, salvi gli effetti della riabilitazione;
- è stato condannato con sentenza irrevocabile, salvi gli effetti della riabilitazione:
- a pena detentiva per uno dei reati previsti dalle norme che disciplinano l’attività bancaria, finanziaria e assicurativa e dalle norme in materia di mercati e strumenti finanziari, in materia tributaria e di strumenti di pagamento;
- a reclusione per uno dei delitti societari previsti nel codice civile (titolo XI del libro V) e nella legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267);
- a reclusione per un tempo non inferiore a sei mesi per un delitto contro la pubblica amministrazione, la fede pubblica, il patrimonio, l’ordine pubblico e l’economia pubblica;
- a reclusione per un tempo non inferiore a un anno per un qualunque delitto non colposo;
- è stato sottoposto su richiesta delle parti a pena detentiva per uno dei reati previsti dalle norme che disciplinano l’attività bancaria, finanziaria e assicurativa e dalle norme in materia di mercati e strumenti finanziari, in materia tributaria e di strumenti di pagamento, salvo il caso dell’estinzione del reato;
- è stato cancellato dal ruolo unico nazionale degli agenti di cambio (art. 201, co. 15, t.u.f.), nonché gli agenti di cambio che si trovano in stato di esclusione dalle negoziazioni in un mercato regolamentato. I predetti divieti hanno la durata di tre anni dall’adozione dei relativi provvedimenti. Il periodo è ridotto ad un anno nelle ipotesi in cui il provvedimento è stato adottato su istanza dell’imprenditore, degli organi amministrativi dell’impresa o dell’agente di cambio.
Conflitto di interesse e indipendenza di giudizio
Il requisito dell’indipendenza del collegio sindacale e dei suoi membri è un altro elemento cardine su cui l’organo di controllo si basa.
Il revisore deve svolgere il proprio compito senza condizionamenti e con un’indipendenza di giudizio esemplare.
L’indipendenza di giudizio può essere messa in discussione dalla presenza dei conflitti di interesse. Questi ultimi possono essere reali, nel caso di effettive situazioni di interessi conflittuali con la funzione ricoperta. Possono anche configurarsi come conflitti potenziali, o addirittura scaturire da comportamenti o posizioni percepiti come conflitti di interesse dall’opinione pubblica.
Per quanto attiene alla procedura di valutazione della presenza di un conflitto di interesse in capo ad un componente, l’organo procede con azioni a più livelli.
Innanzitutto il componente deve comunicare all’organo di appartenenza le circostanze che comportano la presenza di un conflitto di interesse effettivo, potenziale o anche solo percepito.
Sulla base delle informazioni assunte il collegio, nella sua gestione dell’autovalutazione, svolge una valutazione dettagliata su ogni singola situazione.
Qualora la situazione conflittuale sia considerata rilevante, saranno individuate le misure da intraprendere e le azioni da compiere per l’attenuazione e/o eliminazione del rischio.
Se le condizioni oggettive presentano delle criticità superabili, allora l’organo propone interventi appropriati ad ogni singola situazione.
Un elenco, non esaustivo, delle azioni proponibili può essere cosi sintetizzato:
- divieto nei confronti del componente di prendere parte a riunioni o decisioni che riguardino un particolare interesse a lui riconducibile;
- rassegnazione delle dimissioni da una carica che lo pone in conflitto con l’incarico ricoperto;
- comunicazione specifica all’organo amministrativo della società su una determinata situazione;
- obbligo di rendere pubblico il conflitto di interessi;
- autorizzazioni specifiche da parte dell’organo di amministrazione che permettano il protrarsi di una determinata situazione.
Se le misure suddette, o altre adottate allo scopo di ridurre e gestire il conflitto di interesse in cui è posto il componente, non sono sufficienti, il membro eletto o nominato non può essere considerato idoneo a ricoprire la carica.
Al di là dell’autovalutazione condotta dall’organo interessato, vi sono delle situazioni in cui vi è la presunzione dell’esistenza di un conflitto di interessi rilevante.
Per vincere la presunzione della presenza di una situazione di rischio, l’organo deve valutare approfonditamente le singole situazioni, in base alle informazioni fornite dall’interessato.
Le situazioni di presunzione sono schematizzate nella seguente tabella:
Presunzione dell’esistenza di un conflitto di interessi rilevante | ||
Potenziali conflitti di interesse rilevanti
Categoria di conflitto | Periodo | Grado e tipo di legame e, ove applicabile, soglia |
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dell’ente vigilato; dell’impresa madre o delle sue controllate; di uno qualsiasi dei clienti dell’ente vigilato; di uno qualsiasi dei concorrenti dell’ente vigilato. Sono esempi di obbligazioni/interessi finanziari le partecipazioni, gli altri tipi di investimenti e i crediti. Il carattere notevole dell’interesse o dell’obbligazione dipende dall’entità del valore (finanziario) che questi rappresentano per le risorse finanziarie dell’esponente nominato. |
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Disponibilità di tempo
Le funzioni ricoperte all’interno dell’organo di controllo prevedono lo svolgimento di azioni impegnative che assorbono tempo della propria attività professionale.
La quantità di tempo dedicata a tali attività deve essere sufficiente a fornire una prestazione di rilevanza qualitativa e quantitativa.
I Requisiti quantitativi e qualitativi rappresentano i criteri di valutazione del tempo che il componente è in grado di dedicare allo svolgimento delle proprie funzioni.
Dal punto di vista della valutazione quantitativa, il tempo impiegato dipende dai seguenti fattori:
- Dimensioni e situazione della società o ente controllato;
- Natura, portata e complessità delle attività;
- Luogo o paese di insediamento degli enti;
- Impegni e circostanze di natura personale o professionale (ad esempio un procedimento giudiziario in cui l’esponente è coinvolto).
- Numero di incarichi ricoperti;
La titolarità di molteplici incarichi è un fattore rilevante che può influenzare la disponibilità di tempo. Sono, pertanto previsti dei limiti al numero di “incarichi” che possono essere assunti in un ente “significativo” in termini di dimensioni, organizzazione interna, natura, portata e complessità delle sue attività.
Il limite previsto per tale cumulo, a grandi linee, può essere individuato in un numero di quattro incarichi svolti contemporaneamente.
La situazione del calcolo, però, va individuata caso per caso. Per una disamina completa delle casistiche di calcolo del numero degli incarichi ammessi, si rimanda alla Guida della BCE che elenca dettagliatamente il computo di tale parametro.
La valutazione qualitativa della disponibilità di tempo avviene prendendo in considerazione i seguenti fattori:
- il tempo impiegato per gli spostamenti ed i viaggi necessari per il ruolo;
- il numero di riunioni, sedute, attività di verifica e controlli previsti;
- il tempo necessario per la preparazione e la formazione professionale;
- la natura della posizione specifica (ad esempio presidente o membro dell’organo).
Nella valutazione della disponibilità di tempo necessaria all’adempimento delle funzioni da parte del revisore si deve anche tener conto del tempo assorbito dalle circostanze impreviste.
Le informazioni che il componente deve fornire all’organo e che sono indispensabili allo svolgimento dell’autovalutazione sono le seguenti:
- individuazione del tempo necessario che l’espletamento del ruolo richiede;
- elenco completo degli incarichi o delle posizioni ricoperte e la quantità di tempo necessaria per l’espletamento di ogni mandato o posizione;
- autodichiarazione dell’esponente circa la disponibilità di tempo sufficiente da dedicare a tutti i mandati;
- eventuale titolarità da parte dell’esponente nominato di un’occupazione a tempo pieno, con l’indicazione del numero di ore o giorni dedicati ad ogni mandato o posizione;
- possibilità che la natura, la tipologia e le dimensioni della società richieda maggiore disponibilità di tempo (come ad esempio per le società quotate);
- individuazione della disponibilità di tempo aggiuntivo da dedicare alla formazione;
Idoneità complessiva
I requisiti del singolo componente devono contribuire all’idoneità complessiva dell’organo. L’Autovalutazione iniziale dei requisiti di professionalità e onorabilità del singolo esponente e della sua idoneità a contribuire all’idoneità complessiva dell’organo costituisce uno dei cardini chiave sul quale si fonda l’attività di autovalutazione.
Dalla relazione sull’autovalutazione, redatta dall’organo di controllo, devono risultare gli aspetti rilevanti che hanno portato alla definizione dell’idoneità dell’organo, e tra questi possiamo annotare:
- l’individuazione delle modalità con cui l’esponente contribuisce al requisito di idoneità complessiva dell’organo;
- l’esplicazione dei risultati dell’autovalutazione periodica e delle eventuali carenze a cui sopperire.
Nella relazione sarà esaminata la situazione di partenza sulla base delle risultanze dell’autovalutazione e le modalità di introduzione di ogni singolo elemento nella composizione dell’organo, nonché le conseguenze, i modi e le contribuzioni del singolo elemento al miglioramento della situazione di partenza.
Relazione di autovalutazione
A conclusione del processo di autovalutazione il collegio sindacale redige un verbale nel quale sono riportati i risultati dell’autovalutazione compiuta. Il collegio redige, inoltre, la “Relazione di autovalutazione”. Quest’ultima rappresenta il documento con il quale il collegio comunica al Consiglio di Amministrazione (C.d.A) gli esiti del processo valutativo e le eventuali misure correttive delle problematiche riscontrate.
È compito del C.d.A. rendere pubblici i contenuti della Relazione di valutazione ed inserirli nella sua relazione annuale sul governo della società.
I risultati dell’autovalutazione annuale sono riportati anche in un apposito paragrafo della relazione del Collegio Sindacale all’assemblea di approvazione del bilancio d’esercizio.
Nello svolgimento del suo incarico, compito del Collegio è quello di controllare la corretta applicazione delle azioni correttive dei rilievi mossi nella Relazione di autovalutazione.
[1] CNDCEC – Norme di comportamento del collegio sindacale di società quotate – A cura del Gruppo di Lavoro Revisione Norme di Comportamento del Collegio Sindacale di Società Quotate – Area Sistema di Amministrazione e Controllo – 2018.
[2] Ibidem, pag. 5.
[3] Regolamento recante norme per la fissazione dei requisiti di professionalità e onorabilità dei membri del collegio sindacale delle società quotate da emanare in base all’articolo 148 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (adottato con decreto del Ministro di giustizia n. 162 del 30 marzo 2000)
[4] Disposizioni di vigilanza per le banche – Circolare n. 285del 17dicembre 2013 – 31° aggiornamento del 24 marzo 2020.
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