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Settant’anni fa morì Benedetto Croce. Il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano lo ricorda a Napoli con la visita a palazzo Filomarino, casa del filosofo e sede dell’istituto italiano per gli Studi Storici
Ricorre quest’anno il settantesimo anniversario dalla morte di Benedetto Croce avvenuta il 20 novembre 1952 a Napoli.
Se ne andava con lui uno degli intellettuali più autorevoli intellettuali del primo Novecento: con la sua attività di filosofo e storico aveva occupato per decenni un ruolo centrale nella cultura italiana del XX secolo.
In questa ottica il neo Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha deciso di rendere omaggio al filosofo, attraverso una serie di iniziative culturali, tese al ricordo e alla valorizzazione dell’immenso patrimonio culturale tramandatoci dal Croce. È stato anche a Napoli e l’ha ricordato a palazzo Filomarino, casa del filosofo e sede dell’istituto italiano per gli Studi Storici.
Abruzzese, nato a Pescasseroli il 25 febbraio 1866 da ricchi proprietari terrieri, perse i genitori e la sorella ad appena diciassette anni a causa del terremoto che nel 1883 che colpì Casamicciola (Ischia).
Una tragedia che lo segnò profondamente per tutta la vita e che lo condusse a Roma in casa dello zio Silvio Spaventa.
Fu nella capitale che iniziò gli studi universitari: s’iscrisse alla facoltà di giurisprudenza che interruppe per dedicarsi ai corsi di etica di Antonio Labriola.
Fu a Napoli, però, che Croce sentì “il bisogno di oltrepassare i confini dell’erudizione tradizionale spostando i suoi interessi sulla riflessione critica” dando inizio ad un’opera che costituì un profondo rinnovamento per il mondo della cultura italiana, ovvero La storia ridotta sotto il concetto generale dell’arte (1893).
Dopo un lungo viaggio in Europa, decise di abbandonare gli studi universitari e di trasferirsi a Napoli dove, nel 1903, fondò una rivista con l’amico Giovanni Gentile.
Nacque così La critica, ovvero il più potente strumento di divulgazione del suo pensiero e delle sue posizioni.
Da quel momento in poi Croce avrebbe rappresentato un punto di riferimento fondamentale dell’antifascismo militante durante il periodo della dittatura. Fu proprio a causa delle divergenti opinioni politiche che ruppe l’amicizia con G. Gentile: dopo il delitto Matteotti, infatti, divenne un fiero oppositore del regime rifiutando anche la nomina a Accademico d’Italia.
Nominato senatore per censo nel 1910, fu Ministro della Pubblica Istruzione nel 1920-1921 durante il quinto governo Giolitti, ma perse ogni benemerenza dopo che rifiutò di votare le leggi razziali nel 1938.
In seguito alla fuoriuscita dal governo divenne un esponente di spunto di riferimento morale e culturale per l’antifascismo di matrice liberale; infatti, anni dopo, caduto il regime divenne il presidente del Partito Liberale Italiano.
Scrisse il “Manifesto degli intellettuali antifascisti” in risposta al “Manifesto degli intellettuali fascisti” di cui fu autore Gentile.
Durante la Resistenza fu Ministro senza portafoglio nel secondo governo Badoglio, benché non stimasse né il Maresciallo né il re Vittorio Emanuele III.
Dopo la liberazione di Roma nel giugno del 1944 fu ministro senza portafoglio del secondo governo Bonomi, ma diede le dimissioni qualche mese dopo in quanto riteneva che Vittorio Emanuele III dovesse abdicare immediatamente in favore del nipote (con rinuncia di Umberto al trono).
Fu eletto all’Assemblea Costituente, ma non accettò la proposta di essere candidato a Capo provvisorio dello Stato, così come poi rifiutò la nomina a senatore a vita avanzata da Luigi Einaudi.
Si oppose strenuamente alla firma del Trattato di pace con un accorato e famoso intervento all’Assemblea costituente, ritenendolo indecoroso per la nuova Repubblica.
Nel 1946 fondò a Napoli l’Istituto italiano per gli studi storici nel Palazzo Filomarino mettendo a disposizione la sua biblioteca, secondo alcuni forse la più importante biblioteca privata d’Italia.
È dunque per ricordare degnamente il settantesimo anniversario della scomparsa di Croce che l’editore Adelphi ha pubblicato ‘Soliloquio e altre pagine autobiografiche’, a cura di Giuseppe Galasso, con la prefazione di Piero Craveri.
Galasso, morto nel 2018, decise di scegliere i passi più intimi dell’opera di Croce per costruire il dialogo interiore che l’intellettuale intrattenne con sé stesso nel corso della sua esistenza. In tal modo l’autore ci svela le ragioni intime e profonde di un’attività intellettuale che gli permise di superare gli anni dolorosi e cupi successivi alla scomparsa dei genitori e della sorella.
Il volume mette in luce e coglie anche i risvolti più personali e segreti dell’uomo.
Emblematica la confessione del 1951: “La morte … non può fare altro che così interromperci, come noi non possiamo fare altro che lasciarci interrompere, perché in ozio stupido essa non ci può trovare”.
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