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Stalking e Revenge porn: la Cassazione chiarisce i rapporti tra i due reati

Avvocato esperta in diritto penale, civile, del lavoro, dell'impresa e dell'immigrazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33230/2024, ha confermato la configurabilità di un concorso di reati tra le fattispecie di atti persecutori (art. 612-bis c.p.) e diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (art. 612-ter c.p.). La Corte ha evidenziato come ciascuna fattispecie tuteli beni giuridici distinti e abbia condotte ed eventi autonomi, escludendo la possibilità di un assorbimento.

Il caso concreto

L’imputato, ex amante della vittima, non aveva accettato la fine della relazione extraconiugale e aveva posto in essere una serie di condotte illecite, tra cui:

  • ingiurie e minacce tramite messaggi ossessivi, prospettando di rivelare la relazione ai familiari della vittima;
  • coinvolgimento dei figli della vittima inviando loro messaggi denigratori e foto della madre in atteggiamenti intimi;
  • diffusione di immagini private: una fotografia della vittima a seno nudo era stata inviata anche a un’amica della donna;
  • condotte intrusive, come appostamenti sul luogo di lavoro della vittima e contatti diretti con il marito, culminati nella divulgazione del tradimento.

Queste azioni avevano provocato nella vittima un grave stato d’ansia e un cambiamento radicale delle abitudini di vita, tra cui l’interruzione della convivenza con il marito e il trasferimento presso la casa materna. I giudici di primo e di secondo grado avevano riconosciuto la colpevolezza dell’imputato condannandolo alla pena di giustizia.

Il ricorso per Cassazione proposto avverso la sentenza di appello era stato rigettato. In particolare la Corte ha ribadito che i due reati (stalking e revenge porn) tutelano beni giuridici differenti: l’art. 612-bis c.p. mira a proteggere la libertà morale e l’equilibrio psicologico della vittima, mentre l’art. 612-ter c.p. tutela la riservatezza e la dignità sessuale della persona.

Le condotte di minaccia e persecuzione non sono sovrapponibili alla diffusione di materiale intimo; quest’ultima, anche quando inserita in un contesto persecutorio, rappresenta un ulteriore attacco alla dignità della persona e costituisce un’offesa autonoma.

Il ricorrente aveva contestato la mancata valutazione della richiesta di assorbimento tra i reati, sostenendo un errore precettivo della Corte. Tuttavia, la Cassazione ha rigettato l’istanza, sottolineando che la pluralità di eventi e la diversità dei beni giuridici tutelati giustificano l’autonoma rilevanza delle due fattispecie. Orbene, la sentenza della Cassazione riafferma il principio per cui, in casi di condotte multiple e diversificate che integrano reati autonomi, si applica il concorso di reati. La diffusione di materiale intimo non può essere assorbita nell’ambito persecutorio, poiché costituisce un’offesa distinta e meritevole di autonoma considerazione sanzionatoria.

La Sentenza della Corte di Cassazione: rapporto tra stalking e revenge porn

La Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso ordinario in sede di giudizio rescissorio, ha escluso la natura complessa del reato di atti persecutori (art. 612-bis c.p.), ribadendo che quest’ultimo e la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (art. 612-ter c.p.) configurano reati distinti in concorso materiale. La decisione, pertanto, offre importanti chiarimenti sulle caratteristiche fondamentali delle due fattispecie e sul loro rapporto.

Il reato di stalking (art. 612-bis c.p.)

La Corte ha analizzato in dettaglio le condotte dell’imputato, riscontrandone la tipicità rispetto al delitto di atti persecutori. Specificatamente, l’imputato aveva minacciato ripetutamente la vittima, prospettando di rivelare la relazione extraconiugale al marito e ai figli; inviato un numero rilevante di messaggi molesti e offensivi, anche indirizzati ai figli della vittima. diffuso informazioni e immagini private per colpire la dignità e la tranquillità esistenziale della vittima.

Tali condotte incriminate avevano determinato un grave stato d’ansia e uno squilibrio psicologico nella vittima; il mutamento delle abitudini di vita, con l’abbandono della casa familiare e la compromissione della vita familiare, culminata nella rottura della convivenza con il marito.

Il reato di stalking si realizza al verificarsi anche di uno solo degli eventi alternativi previsti dall’art. 612-bis c.p., ossia: grave stato d’ansia o di paura nella vittima; fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto; alterazione delle abitudini di vita.

Nel caso concreto, la Corte ha rilevato che l’insieme delle condotte persecutorie aveva portato a un accumulo di eventi integranti il reato, in particolare l’abbandono della casa familiare da parte della vittima.

Il reato di revenge porn (art. 612-ter c.p.): analisi della Cassazione

L’art. 612-ter c.p., introdotto con la legge n. 69/2019, punisce chi diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito senza il consenso delle persone rappresentate, tutelando la libertà morale individuale e la riservatezza nella sfera sessuale. La Corte di Cassazione, analizzando il caso, ha affrontato tre questioni di rilievo legate alla configurabilità del reato: il carattere “diffusivo” della condotta, il dolo specifico richiesto dalla norma e la definizione di “contenuto sessualmente esplicito”.

Il concetto di diffusione

La Corte ha chiarito che il reato di revenge porn è configurabile come reato istantaneo, consumato nel momento in cui l’immagine o il video viene inviato per la prima volta senza il consenso della persona ritratta.

Non rileva se il destinatario, nel caso specifico i figli della vittima, non abbia un interesse a diffondere ulteriormente l’immagine. La norma non richiede una reiterazione della condotta né una “quantificazione” della diffusione: basta il primo invio per integrare la lesione al bene giuridico tutelato.

Il dolo specifico del revenge porn

Il dolo specifico si configura nella volontà di recare un danno alla vittima, minandone la reputazione o la dignità.

Nel caso de quo, la Corte ha ritenuto che l’imputato avesse agito con l’intento punitivo e di vendetta, strettamente legato alla decisione della vittima di interrompere la relazione extraconiugale. La volontà di recare nocumento emerge dalla consapevolezza dell’effetto destabilizzante che tale diffusione avrebbe avuto sulla sfera personale e familiare della vittima.

La nozione di “contenuto sessualmente esplicito”

La Corte ha respinto un’interpretazione restrittiva del termine “contenuto sessualmente esplicito”, chiarendo che non è necessario che l’immagine ritragga organi genitali o atti sessuali veri e propri; la sessualità può essere evocata attraverso la rappresentazione di zone erogene, come seno o glutei, soprattutto quando ritratte nude o in un contesto che richiami istinti sessuali. Nel caso specifico, la foto della vittima a seno nudo, mentre mimava un bacio in un gesto con connotazione erotizzante, è stata considerata idonea a rientrare nella definizione normativa. La Corte ha riaffermato che il primo invio di immagini senza consenso integra già una diffusione lesiva, indipendentemente dalla successiva circolazione del contenuto; il dolo specifico si realizza quando l’azione è finalizzata a colpire la reputazione e la dignità della vittima, come avvenuto nel caso in esame. La nozione di contenuto sessualmente esplicito include non solo atti sessuali o immagini di organi genitali, ma anche rappresentazioni evocative della sessualità legate a zone erogene e al contesto. Dunque, la decisione consolida l’interpretazione della norma quale strumento di tutela effettiva della libertà morale e della riservatezza della sfera sessuale, in un’ottica di autodeterminazione della persona.

Rapporti tra il reato di stalking e il reato di revenge porn: concorso e differenze

La Corte di Cassazione ha escluso che il reato di stalking (art. 612-bis c.p.) e quello di revenge porn (art. 612-ter c.p.) possano configurare un reato complesso. Ha invece ribadito che le due fattispecie si pongono in rapporto di concorso di reati, basandosi su una serie di argomentazioni legate alla struttura normativa, agli elementi costitutivi e ai beni giuridici tutelati.

Nella fattispecie in esame, la difesa del ricorrente sosteneva che il reato di stalking, per la sua natura abituale e per il suo ambito applicativo, potesse “assorbire” le condotte di revenge porn qualora queste si inserissero in un quadro più ampio di atti persecutori. Secondo questa impostazione, l’art. 612-ter c.p. riguarderebbe singoli episodi di diffusione illecita di contenuti sessuali, mentre l’art. 612-bis c.p. disciplinerebbe comportamenti reiterati che potrebbero includere, come modalità esecutiva, anche episodi di revenge porn. Pertanto, l’art. 612-bis c.p. dovrebbe considerarsi reato complesso, in grado di ricomprendere tutte le condotte moleste, compreso il revenge porn, sulla base della clausola di riserva contenuta nell’art. 612-ter (“salvo che il fatto costituisca più grave reato”) e della collocazione sistematica delle due norme.

La Corte ha respinto tale ricostruzione ed ha evidenziato che il reato complesso è configurabile solo se un fatto costituisce elemento necessario della fattispecie più ampia. Questo presupposto non sussiste nel caso di stalking e revenge porn, che: hanno condotte incriminate diverse; si differenziano negli eventi richiesti; proteggono beni giuridici distinti e, infine, differiscono nella natura del reato. La Corte ha ulteriormente precisato che la clausola di riserva presente nell’art. 612-ter c.p. (“salvo che il fatto costituisca più grave reato”) non è riferibile al reato di stalking, ma piuttosto ad altre fattispecie più gravi, come l’estorsione. L’eventuale sovrapposizione tra condotte di stalking e revenge porn è da considerarsi occasionale e non strutturale. Gli ermellini hanno concluso che non sussistono i presupposti per qualificare il reato di stalking come complesso rispetto al revenge porn. Pertanto, si configura un rapporto di concorso materiale di reati tra le due fattispecie ed entrambi i reati conservano autonomia normativa e applicativa. La loro separata punibilità riflette la pluralità di offese ai beni giuridici, aggravando la responsabilità dell’autore.

Il ricorso è stato rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

Alla stregua di quanto esaminato possiamo affermare che questa pronuncia rafforza l’autonomia del reato di revenge porn rispetto ad altre fattispecie persecutorie, garantendo una tutela più ampia della dignità, della riservatezza e della sfera sessuale delle vittime. La separazione tra le due fattispecie sottolinea l’impegno del legislatore e della giurisprudenza nel contrastare fenomeni di violenza e abuso che si manifestano in modalità diverse ma ugualmente lesive.

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