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La cartolarizzazione dei crediti è regolamentata dall’Istituto di Vigilanza
La cartolarizzazione dei crediti, nata negli USA nel corso degli anni ’70, è una fattispecie di cessione che consente di smobilizzare una serie di crediti, di cui è titolare un soggetto (banca o intermediario finanziario) definito “originator”, a favore di un altro soggetto, denominato SPV o società veicolo, che emette titoli obbligazionari che vengono, successivamente, collocati sul mercato.
L’originator al vantaggio di mobilizzare attività poco liquide, aggiunge quello di spogliarsi del rischio del mancato pagamento da parte dei debitori che viene “passato” agli investitori.
Se il recupero dei crediti non avviene chi ha comprato i titoli cartolarizzati incorre nella perdita, corrispondente alla parte non recuperata, degli interessi e/o del capitale versato.
Per la riscossione dei crediti ceduti la società veicolo si serve dell’attività di un soggetto (banca o intermediario finanziario) denominato “Servicer”.
Le disposizioni di Vigilanza di Banca d’Italia (Circolare n. 288/2015) contengono la normativa applicabile agli intermediari finanziari ex art.106 TUB che svolgono il ruolo di servicers in operazioni di cartolarizzazione ai sensi dell’art.2, comma 3, lettera c) legge 30/04/1999 n. 130.
Secondo le disposizioni dell’Istituto di Vigilanza il servicer è quel soggetto al quale la società veicolo di cartolarizzazione affida la riscossione dei crediti ceduti e i servizi di cassa e pagamento, è, inoltre, incaricato, ai sensi dell’art. 2 c.6 L.130, di provvedere alla verifica della conformità delle operazioni di cartolarizzazione alla legge e al prospetto informativo.
Al servicer sono affidati, nell’ambito della cartolarizzazione, funzioni sia di natura operativa inerenti alla gestione portafoglio di crediti cartolarizzati e quindi, l’attivo realizzato, sia funzioni di garanzia nel rispetto della correttezza dell’operazione, tanto nell’interesse dei sottoscrittori che, più in generale, del mercato.
Le disposizioni dell’Istituto di Vigilanza sono chiare in merito al fatto che una operazione di cartolarizzazione è un procedimento complesso.
Tenuto conto della vastità di tali operazioni e la consueta prassi della sub-delega dai sevicers ad altri soggetti (c.d. special e/o sub servicers), ci si interroga sulla legittimità di tali dinamiche.
Con precisione: è legittimo che il credito ceduto e cartolarizzato ex l. n.130/99 sia svolto da una società diversa da quella ufficialmente delegata dalla cessionaria?
La dinamica di tali attività prevede la delega del delegato ad un terzo: il delegato (cosiddetto maser –servicer) delega un terzo (c.d. special server) il proprio incarico.
Il credito cartolarizzato diventa un vero e proprio titolo finanziario; viene posto sul mercato e diventa oggetto di investimento.
Alla luce di ciò bisogna fare molta attenzione in quanto possono entrare interessi in gioco che vanno al di là delle cessioni, dove i soggetti in gioco sono il cedente, cessionario, master e special servicer, ovvero i risparmiatori che vogliono investire nei predetti titoli.
Di fronte a questa situazione, che potrebbe far prevalere un interesse “pubblico” su quello privato degli altri soggetti coinvolti, è intervenuto il legislatore per evitare fatti che possono avere risvolti penali.
Alla luce di ciò, il tutto può essere legittimo soltanto se viene rispettato quanto disposto all’articolo 21 l.n.130/99 comma 4°, “i servizi indicati al comma 3 lettera c) possono essere svolti da banche o da intermediari finanziai iscritti nell’albo previsto dall’articolo 106 del decreto legislativo 1°settembre 1993, n.385, anche qualora non esercitino le attività elencate nel comma 1 del medesimo articolo purché possiedano i relativi requisiti indicati nel 6-bis. I soggetti di cui al comma 6 verificano che le operazioni siano conformi alla legge ed al prospetto informativo”.
Il perdurare dello svolgimento di attività riservata a società non iscritte all’Albo, ex art.106 TUB, può comportare rischi serissimi di natura penale in quanto possono configurarsi fenomeni di riciclaggio.
Occorre, dunque, prevenire il dilagarsi di questa situazione, attraverso l’Organo di Vigilanza della Banca d’Italia, che possa garantire il rispetto dei canoni di correttezza e legalità che la norma persegue, affinché si possa evitare l’ingresso della immissione nel mercato di capitali illeciti.
Quindi, in presenza di un credito cartolarizzato ex l. n.130/99, l’attività di recupero crediti può essere svolta soltanto dalla società vigilata (iscritta all’Albo ex art 106 TUB), preventivamente indicata nell’avviso di cessione pubblicato in G.U.
Qualora il recupero del credito venga azionato da soggetti diversi, e non iscritti all’Albo di cui sopra, si può ritenere non siano legittimati ex lege in quanto la relativa delega, seppur presente, è nulla in violazione degli artt.1- 2 l n.130/99.
Se per ipotesi si dovessero ritenere legittime le deleghe, deve escludersi la legittimità di società non dotate della qualità di delegante, in tal modo si violerebbero gli artt.106 e 132 TUB.
Il soggetto che agisce in giudizio, in tal caso, deve ritenersi non legittimato a tale attività di recupero.
La Banca d’Italia sembra essersi accorta del problema e ha emesso una serie di atti.
Un esempio può essere la emanazione della circolare n. 288 del 30.04.2015, poi aggiornata il 11.02.2021.
Alla pagina 40 della predetta circolare la Banca d’Italia precisa che “si fa presente che nell’ambito delle cartolarizzazioni aventi ad oggetto attivi derivanti da aperture di credito, anche regolate in conto corrente, l’SPV può delegare la gestione del portafoglio cartolarizzato e i poteri di cui all’art.4 comma 4-ter della legge n.130/1999, esclusivamente a banche e intermediari finanziari iscritti nell’albo di cui all’art. 106 TUB”
Infine:
- Il soggetto che agisce deve rispettare quanto innanzi esposto ed avere tutti i requisiti di cui si è argomentato;
- Per le operazioni pendenti il contenzioso giudiziario è l’inevitabile esito della violazione commessa a monte, da incauti operatori professionali.
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