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La legittimazione attiva del cessionario

Giornalista pubblicista.
Dottore Commercialista
Revisore Legale dei conti
Docente e formatore Crisi d’impresa

Il tema della legittimazione attiva del cessionario, nelle frequenti ipotesi che si presentano – in particolare nel settore delle esecuzioni immobiliari ed in quello concorsuale -, continua ad animare il dibattito giurisprudenziale, dovendo interrogarsi se essa permanga anche nelle ipotesi in cui il ricorrente non è iscritto all’Albo degli intermediari finanziari.

In argomento è intervenuto di recente, con la valutazione del profilo preliminare, la Corte di Appello di Salerno, con sentenza n° 523 del 06.06.2024, giungendo, come si vedrà, a confermare l’ipotesi più liberale.

La tesi della reclamante era che, ai sensi dell’art. 2, comma 6, della legge 30 aprile 1999, n. 130, il servizio di riscossione dei crediti ceduti nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione (come, nella specie, il credito ceduto a Siena NPL 2018 s.r.l.) può essere svolto solo da banche o da intermediari finanziari iscritti nell’albo degli intermediari finanziari, di cui all’art. 106 T.U.B, ragion per cui dovrebbe essere ritenuto affetto da nullità il mandato conferito da Siena NPL 2018 s.r.l. a Cerved Credit Management s.p.a. per il recupero dei crediti, trattandosi quest’ultima di una società non iscritta nell’albo degli intermediari finanziari ex art. 106 T.U.B.

Tale impostazione, ovvero quella della nullità ex art. 1418 c.c. del mandato alla riscossione (anche giudiziale e coattiva) conferito alla società non iscritta nell’albo ex art. 106 T.U.B. per violazione di norma imperativa, non appare affatto condivisa dalla giurisprudenza di legittimità, in considerazione della circostanza che la norma posta a presidio di interessi pubblicistici non si pone, nei rapporti privatistici intersoggettivi, in termini imperativi.

La Corte fa, in particolare, perno sulla recente pronuncia resa dalla Cassazione (ordinanza del 18.3.2024, n. 7243) nella quale si afferma testualmente che “le succitate norme non hanno alcuna valenza civilistica, ma attengono alla regolamentazione (amministrativa) del settore bancario (e, più in generale, delle attività finanziarie)” e che “dall’omessa iscrizione nell’albo ex art. 106 T.U.B. del soggetto concretamente incaricato della riscossione dei crediti non deriva alcuna invalidità, pur potendo tale mancanza assumere rilievo sul diverso piano del rapporto con l’autorità di vigilanza o per eventuali profili penalistici”.

La conseguenza, nel caso in esame, è che la società ricorrente, pur non iscritta nell’elenco 106 T.U.B., è stata ritenuta pienamente legittimata a proporre istanza per la dichiarazione di fallimento, affidando il suo recupero ad un’esecuzione concorsuale, non ravvisandosi alcuna fattispecie di nullità, ex art. 1418 c.c., del mandato conferitole dalla cessionaria del credito alla riscossione, anche giudiziale.

Tommaso Nigro
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