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Mediatore Familiare: il nuovo regolamento sulla disciplina professionale
La pubblicazione in GU n. 255/2023 del Decreto del MISE n. 151 del 27.10.2023 “Regolamento sulla disciplina professionale del mediatore familiare” ha permesso la compiuta attuazione in materia della disciplina prevista dalla Riforma Cartabia di cui al D.Lgs. n.149/2022 che aveva inserito il Capo – I bis, dopo il Titolo II, Capo I, delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie – “Dei mediatori familiari”.
Il decreto composto da 10 articoli disciplina:
- l’attività professionale del mediatore familiare e la sua formazione;
- i requisiti di onorabilità per l’esercizio della professione e per l’iscrizione nell’elenco istituito presso ciascun Tribunale di cui all’articolo 12-bis del regio decreto n. 1368 del 1941 recante “Disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie”;
- lemodalità e i contenuti dei corsi obbligatori destinati ai mediatori familiari per la formazione iniziale e l’aggiornamento professionale continuo;
- i requisiti del formatore nella mediazione familiare;
- leregole deontologiche della professione del mediatore familiare;
- le tariffe applicabili all’attività professionale del mediatore familiare.
In particolare, l’iscrizione nell’elenco è prevista per coloro che sono iscritti da almeno cinque anni a una delle associazioni professionali di mediatori familiari, inserite nell’elenco tenuto presso il Ministero dello sviluppo economico, in possesso di una specifica competenza nella disciplina giuridica della famiglia nonché in materia di tutela dei minori e di violenza domestica e di genere. L’elenco tenuto dal Presidente del Tribunale è permanente e viene revisionato ogni quadriennio al fine di cancellare coloro per i quali è venuto meno alcuno dei requisiti previsti o è sorto un impedimento a esercitare l’ufficio.
Il mediatore familiare è la “figura professionale terza e imparziale, con una formazione specifica, che interviene nei casi di cessazione o di oggettive difficoltà relazionali di un rapporto di coppia, prima, durante o dopo l’evento separativo”.
La sua attività mira a “facilitare i soggetti coinvolti nell’elaborazione di un percorso di riorganizzazione di una relazione, anche mediante il raggiungimento di un accordo direttamente e responsabilmente negoziato e con riferimento alla salvaguardia dei rapporti familiari e della relazione genitoriale, ove presente”.
La professione di mediatore viene esercitata in forma non organizzata, pertanto in modo libero ed autonomo da tutti coloro che possiedono i requisiti previsti dalla legge, nello specifico quelli di onorabilità, di professionalità certificata e di formazione iniziale e continua. L’attività di mediatore svolta secondo il principio di buona fede si fonda proprio sulle competenze e sull’indipendenza di giudizio intellettuale e tecnico, sull’affidamento della clientela, sulla correttezza, sulla responsabilità del professionista e sulla riservatezza. In particolare la formazione del mediatore familiare professionista deve essere indirizzata alla risoluzione delle situazioni di crisi familiare a elevata carica conflittuale, che restano potenzialmente, mediabili, oltre a quelle in cui la violenza impone l’interruzione del percorso di mediazione.
Il mediatore familiare deve ottemperare a precise regole deontologiche nell’esercizio della propria professione, la violazione delle quali costituisce illecito deontologico. Dunque l’attività del mediatore deve essere improntata ai principi di imparzialità, neutralità e assenza di giudizio nei confronti dei mediandi, oltre all’opportunità che l’intervento sia orientato a favorire e promuovere tra le parti in mediazione un processo equilibrato teso ad incoraggiarli ad un confronto costruttivo.
Escluse dalle sue competenze valutative le ipotesi di violenza domestica, ritenute incompatibili con il percorso di mediazione; mentre le attività esplicitamente vietate al mediatore familiare attengono a situazioni di incompatibilità con una delle parti per ragioni di amicizia o parentela o frequentazione personale, nonché l’erogazione di servizi non previsti nell’ambito degli interventi consentiti al professionista dalla normativa in materia.
L’art. 7 del D.M., infine, stabilisce i criteri di determinazione del compenso del mediatore familiare, disponendo che lo stesso deve essere pattuito al momento del conferimento dell’incarico professionale e adeguato alla delicatezza del ruolo rivestito, al decoro della professione e soprattutto all’importanza della prestazione e non può essere condizionato all’esito o ai risultati dell’intervento professionale. Un compenso composto, dunque, da plurime voci con riferimento esplicito al numero degli incontri, alla complessità e alla conflittualità del caso; il professionista attraverso un preventivo informa il cliente circa il grado di complessità dell’incarico e gli oneri prevedibili, dal momento del conferimento fino alla conclusione dell’incarico stesso. Tale importo che non comprende le spese forfettarie, né gli oneri e i contributi dovuti a qualsiasi titolo, include invece le attività accessorie alla prestazione professionale.
Nella notula di pagamento vanno specificati separatamente l’ammontare del compenso dovuto al professionista, delle spese, degli oneri e dei contributi, nonché il totale di tali voci.
Per gli incarichi non conclusi, o costituenti prosecuzione di precedenti incarichi, “si tiene conto dell’opera effettivamente svolta”. “Ciascuno dei mediandi si impegna a corrispondere al mediatore familiare per ogni incontro effettivamente svolto la somma di € 40,00 oltre oneri di legge”.
Detta somma viene poi moltiplicata secondo determinati coefficienti in ragione dei parametri di complessità comunicati e predefiniti all’atto del conferimento dell’incarico; dettagliatamente, nell’ipotesi di:
- bassa complessità e conflittualità, tale importo viene moltiplicato per 1;
- media complessità e conflittualità, tale importo viene moltiplicato per 1,5;
- alta complessità e conflittualità, tale importo viene moltiplicato per 2.
Orbene la disciplina della mediazione familiare appare complessa e disparata, frutto di interventi normativi particolari che richiamano l’istituto, il quale rappresenta uno strumento negoziale degli aspetti personali e patrimoniali della convivenza familiare, nonché di gestione della crisi di coppia, assegnata all’autonomia e all’autodeterminazione dei coniugi o dei conviventi.
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