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Pensioni – Rivalutazione 2021
Con la Circolare del 18 dicembre, l’INPS descrive in i criteri e le modalità di applicazione della rivalutazione delle pensioni delle prestazioni assistenziali e delle indennità di accompagnamento a pensione per l’anno 2021. Dal primo gennaio, infatti, scatta la rivalutazione delle pensioni, per un importo corrispondente allo 0,1%, come stabilito da apposito decreto ministeriale.
Va ricordato che questa percentuale viene applicata solo alle pensioni fino a quattro volte il minimo, che in base alla normativa in vigore (Legge 145/2018) sono indicizzate al 100%. Si tratta di assegni fino a 2mila euro lordi al mese che quindi sono rivalutati dello 0,1%.
compensi più alti, invece, sono rivalutati solo parzialmente con il seguente prospetto:
- fra quattro e cinque volte il minimo (fra 2mila e 500 e 3mila euro): l’indice di perequazione è al 77%, quindi il conguaglio 2021 è pari allo 0,07%;
- fra cinque e sei volte il minimo (da 3mila a 3mila e 500 euro) si rivalutano allo 0,52%, quindi l’indice che si applica nel 2021 è pari allo 0,052%;
- fra sei e otto volte il minimo (da 3mila 500 a 4mila 500 euro): la rivalutazione 2021 è pari allo 0,047%;
- fra otto e nove volte il minimo (da 4mila 500 a 5mila euro): la rivalutazione è lo 0,045%;
- sopra nove volte il minimo (oltre 5mila euro): la rivalutazione è dello 0,04%.
Vuol dire comunque un incremento che non supera nella migliore delle ipotesi 30 euro lordi annui . Questo funzionamento rimane in vigore anche nel 2021. Successivamente, sempre con la Legge di Bilancio, si dovrebbe ritornare alla riconsiderazione per fasce applicata nel 2011. La differenza fondamentale tra il sistema attuale e quello che dovrebbe tornare in vigore è che il primo applica l’aliquota di aumento a tutto l’importo in pagamento, il secondo lo applica a fasce: 100% dell’inflazione fino a quattro volte il minimo, 90% oltre quattro volte e fino a cinque volte, 75% oltre cinque volte il minimo.
Va precisato che sulle pensioni d’oro, superiori a 100mila euro lordi annui, c’è il taglio previsto (sempre dalla Legge n. 145/2018) che va dal 15 al 40%, in base all’importo dell’assegno previdenziale. Su questo punto si è espressa la Corte Costituzionale che ha ritenuto consono il taglio per la durata di tre anni, dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2021, sulle pensioni Inps ed ex Inpdap, mentre è illegittimo applicarlo anche agli anni 2022 e 2023.
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