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Problemi irrisolti nel procedimento di verifica del passivo
Il sistema concorsuale riformato dal D.Lgs. 14/2019 prevede la trattazione del procedimento di verifica al Capo III denominato “Accertamento del passivo e dei diritti dei terzi sui beni compresi nella liquidazione giudiziale” ed accoglie gli articoli da 200 a 210; con un sistema che, per vero, scarsamente innova rispetto al precedente sistema tradendo parzialmente i contenuti della Legge Delega 155/2017.
Particolare attenzione nel corso dei lavori preparatori era stata dedicata alla fase dell’accertamento dello stato passivo, e, nell’iter formativo, era stata addirittura caldeggiata l’ipotesi di attribuire al Curatore il compito di formare lo stato passivo con riserva di intervento del giudice nella fase delle successive contestazioni (adottando il sistema già in uso in altre procedure anche minori). Soluzione ritenuta evidentemente troppo spinta e pertanto abbandonata, dando invece ingresso a nuove disposizioni finalizzate solo ad un maggior efficientamento in termini di rapidità e snellezza.
Nell’esame del nuovo testo viene in evidenza la disciplina di cui all’art. 203 dedicato al “Progetto di stato passivo e udienza di discussione”, con una disposizione che, nel solco del precedente assetto normativo mantiene la previsione della formazione bifasica di un progetto di stato passivo redatto dal curatore che rassegna per ciascuna domanda le sue motivate conclusioni e di una udienza di discussione dinanzi al Giudice Delegato. Immutati anche i termini di deposito in cancelleria di almeno quindici giorni prima della udienza fissata per l’esame dello stato passivo e del termine per osservazioni scritte e documenti integrativi fino a cinque giorni prima dell’udienza stessa. Il giudice delegato, anche in assenza delle parti, all’udienza deputata decide su ciascuna domanda, nei limiti delle conclusioni formulate e avuto riguardo alle eccezioni del curatore, a quelle rilevabili d’ufficio ed a quelle formulate dagli altri interessati, redigendo processo verbale; di poi rende esecutivo lo stato passivo con decreto depositato in cancelleria.
A tal proposito va rilevato come il D.Lgs. 14/2019 mantenga fermi i termini di presentazione delle domande tempestive, senza preoccuparsi di disciplinare quei casi ricorrenti in cui le domande risultino pervenute successivamente al trentesimo giorno antecedente l’udienza di verifica, la cui sorte, in termini di qualificazione di domanda tempestiva o tardiva, non appare del tutto definita allorquando, per un qualsiasi motivo, la verifica del passivo non si dovesse tenere nel giorno prefissato ed essere rinviata a futura data.
Per una soluzione favorevole alla cristallizzazione del termine, escludendo che il rinvio dell’udienza possa comportare la riapertura del termine per la presentazione delle domande tempestive, si richiama un recente orientamento di merito (Tribunale di Avellino decreto del 04.10.2022) secondo il quale “il deposito delle domande tempestive è altresì perentorio e scade il trentesimo giorno anteriore alla data dell’udienza di verifica;- in conseguenza di quanto sopra, il differimento dell’udienza di verifica, pur possibile per esigenze rappresentate dal curatore – posto che lo stesso art. 96 l.f. consente la celebrazione dell’udienza di verifica in date successive e che il differimento della stessa va in ogni caso disposto in caso di tardivo deposito del progetto di stato passivo – non può tuttavia avere l’effetto di modificare i termini perentori di deposito delle domande tempestive;- che tale conclusione è avvalorata, quantomeno per le decisioni da assumere sui crediti chirografari, dalle conseguenze che la mancata osservanza del termine perentorio produce in sede di riparto per i creditori chirografari che non abbiano giustificato le ragioni della tardiva insinuazione (art. 112 l.f.)”
Di più si segnala l’occasione mancata di disciplinare l’attuale assenza di regolamentazione di una prassi invalsa in molti Tribunali di differire le udienze ben oltre il termine, lasciato immutato dall’art. 204 comma 3, di otto giorni, manifestamente inidoneo a consentire la conclusione delle complesse operazioni di verifica soprattutto nei casi di procedure di rilevante dimensione.
Qui sarebbe stato ben possibile prevedere una soluzione più aderente alla realtà ipotizzando, a valere quale proposta per eventuali futuri correttivi, che se le operazioni non possono esaurirsi in una sola udienza, ferma la validità del progetto depositato nei termini contenente l’esame di tutte le domande, il giudice ne possa rinviare la prosecuzione a non più di trenta giorni, senza altro avviso per gli intervenuti e per gli assenti, salvi i casi di particolare complessità per i quali sarebbe possibile prevedere un termine più lungo, ma non superiore a centoventi giorni.
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