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Ricordando Giovanni Verga nell’anno del centenario
“Io mi son messo in pieno, e fin dal principio, in mezzo ai miei personaggi e ci ho condotto il lettore, come se ei li avesse tutti conosciuti diggià, e più vissuto con loro e in quell’ambiente sempre. Parmi questo il modo migliore per darci completa l’illusione della realtà.”
Sono queste le parole con cui Giovanni Verga, maestro del verismo italiano, descrisse la sua arte. Quest’anno, infatti, tra i centenari letterari di cui il 2022 è stato prodigo non possiamo dimenticare di menzionare prima che giunga al termine, l’anniversario della morte di Giovanni Verga per promuovere la conoscenza delle sue opere e valorizzare i luoghi che hanno ispirato i suoi capolavori.
Nel corso della sua lunga esistenza Verga non solo è stato testimone della vita politica, culturale e sociale dell’Italia dall’impresa dei Mille fino alla Grande Guerra ma è stato anche il caposcuola del verismo italiano al quale fu indirizzato dall’amico fraterno Luigi Capuana.
La corrente letteraria prendeva in prestito dal Naturalismo francese di E. Zola la volontà di descrivere il mondo e la società così come essa si presentava realmente rinunciando “alla denuncia sistematica delle diseguaglianze e mirava a una totale oggettività nella descrizione di personaggi, fatti ed eventi”.
Nacquero da questi presupposti le straordinarie sperimentazioni di Verga nel Ciclo dei vinti che immortalava le condizioni delle classi più umili della Sicilia dell’epoca.
I Vinti di Verga furono gli eroi del Verismo italiano perché nel loro perenne tentativo di allontanarsi dalla loro posizione sociale e dalle tradizioni finivano sempre per ripiombare nella solitudine e nella miseria, “calpestati dal secolo che li illudeva con il progresso”.
Giovanni nacque il due settembre 1840 a Catania, anche se in realtà ancora oggi non abbiamo alcuna certezza in merito visto che, lo stesso autore, in una celebre lettera inviata a Benedetto Croce – e da questi pubblicata nel 1916 sulla sua rivista La Critica scrisse: “Illustre amico, sono stato al Municipio per avere la data precisa che desidera conoscere: 31 agosto 1840, Catania. Io invece credevo fosse il 2, oppure l’8 settembre dello stesso anno. Eccomi dunque più vecchio di una settimana, ma sempre con grande stima e affetto per Lei”.
Catania sarà la città che lo vedrà diventare adulto scelta dalla madre per ragioni d’affari e dove morirà nel 1922. Ed è qui che si trova tutt’ora in via S. Anna n. 8, nel pieno centro di Catania, Palazzo Verga: un bel palazzo settecentesco che originariamente ospitava il convento dei Padri di Sant’Anna che in seguito alla soppressione dell’ordine fu acquisita dal Regio Demanio e poi acquistata dagli avi materni dello scrittore.
È qui che Giovanni ascoltò per la prima volta i canti delle Clarisse di cui parlerà in “Storia di una Capinera”.
Oggi il Palazzo ospita la Casa Museo dello scrittore “con gli arredi originali in legno di noce proveniente dalla tenuta di famiglia a Vizzini e la ricchissima biblioteca privata” che è già nel 1939 fu proclamata monumento nazionale.
Ma è Vizzini, paese d’origine della famiglia, luogo dell’anima e approdo sicuro nel momento del bisogno ma anche luogo letterario in quanto sfondo di tante sue novelle e, soprattutto, del capolavoro Mastro Don Gesualdo.
È in via Santa Maria dei Greci che troviamo la casa di Gesualdo ovvero Palazzo Rubiera. Un altro luogo mitico dell’esistenza e delle opere verghiane è Acitrezza con le sue barche, la chiesa, il mare, la piazza, i Faraglioni.
È qui che troviamo la celebre Casa del Nespolo della famiglia Malavoglia con l’annesso Museo articolato in due stanze: la prima sala si chiama La terra trema dal nome del capolavoro cinematografico che Luchino Visconti nel 1947 girò scritturando il cast fra gli abitanti del piccolo borgo marinaro.
La seconda sala detta dei Malavoglia sono custodite alcune lettere indirizzate dallo scrittore al fratello Pietro nonché numerose fotografie scattate personalmente da Verga che, infatti, si dedicò con passione a quest’arte fin dalla giovinezza anche se le lastre fotografiche da lui realizzate furono ritrovate solo negli anni Settanta in un armadio nella sua abitazione di Catania.
Non altrettanto, invece, amò la settima arte che definiva “castigo di Dio” e “romanzo d’appendice per analfabeti”. Ciononostante partecipò attivamente alla sceneggiatura di varie sue opere tra cui Cavalleria rusticana in seguito alla cui trasposizione decise di non apparire più nelle pellicole successive, limitandosi alla cessione dei diritti cinematografici.
Le trasposizioni cinematografiche dei testi del Verga sono numerose, una delle più recenti è Storia di una Capinera di Franco Zeffirelli e risale agli anni Novanta.
Il calendario delle celebrazioni è ricco di eventi ai quali parteciperà anche una rappresentanza della famiglia Verga. La Dreamworld Pictures e il Festival Verghiano, diretto dal regista Lorenzo Muscoso, realizzerà una serie di spettacoli teatrali, musicali, cinematografiche, itinerari con FAI, incontri culturali che si terranno nel corso dell’anno a partire dai luoghi verghiani in Sicilia, tra Vizzini e la provincia di Catania, e toccheranno i maggiori centri italiani ed europei legati alla figura dello scrittore.
La Fondazione Verga di Catania con il sostegno del Ministero della Cultura, inoltre, ha previsto la ristampa e la digitalizzazione del Ciclo dei vinti e delle novelle più famose del maestro come La roba o Rosso Malpelo per dar loro nuova vita e maggiore diffusione tra i giovani.
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