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Trasformazione delle attività per imposte anticipate in credito d’imposta

Profilo redazionale della testata giornalistica.

Trasformazione delle attività per imposte anticipate in credito d’imposta

L’art. 44- bis del D.L. 30 aprile 2019, n. 34 introduce un nuovo regime di trasformazione delle attività per imposte anticipate (dette anche “DTA”) in credito d’imposta.

 

  1. Premessa

L’art. 44- bis del D.L. 30 aprile 2019, n. 34, introdotto in sede di conversione in legge, contiene un regime di trasformazione delle attività per imposte anticipate (dette anche “DTA”) che, per molti aspetti, si distingue da quello ordinario (D.L. 29 dicembre 2010, n. 225art. 2, commi 55-58).

Con l’art. 55 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18 è stata introdotta, quale misura di sostegno finanziario alle imprese, una nuova forma di trasformazione delle DTA, in aggiunta a quella “ordinaria”, avente a oggetto la trasformazione delle attività per imposte anticipate inerenti alle svalutazioni e perdite relative a crediti, avviamento e altre immobilizzazioni immateriali. La nuova fattispecie è stata inserita, dal citato art. 55, attraverso l’integrale sostituzione dell’art. 44-bis del D.L. 30 aprile 2019, n. 34, che prevedeva, tra l’altro, anche la trasformazione in crediti d’imposta delle attività per imposte anticipate dei soggetti partecipanti all’aggregazione agevolata disciplinata dal medesimo articolo[1].

Dopo aver riepilogato la ratio del regime ordinario di trasformazione e la relativa evoluzione normativa, saranno rappresentati i tratti salienti del regime “speciale” di trasformazione disciplinato dall’art. 44-bis del D.L. 34/2019 così come modificato dall’art. 55 del D. L. 18/2020 nonché gli elementi che lo differenziano dal regime ordinario e le scritture contabili a corredo. 

  1. Regime ordinario di trasformazione delle DTA: ratio ed evoluzione

Il regime di conversione delle DTA è nato dalla consapevolezza che il maggior periodo entro il quale il regime fiscale italiano riconosceva la deducibilità dei componenti di reddito (ad es. le rettifiche di valore operate da banche su crediti verso la clientela) rispetto a quelli esistenti in altri Paesi europei determinava un corrispondente incremento di attività per imposte anticipate nei bilanci delle imprese italiane, con evidenti disparità.

Tale divario temporale, infatti, era penalizzante per le banche italiane, le quali non potevano conteggiare le DTA nel calcolo del relativo patrimonio di vigilanza, in quanto rappresentative di attività liquidabili soltanto in presenza di futuri redditi imponibili. Al fine di mitigare questo handicap tributario che gravava sulle banche italiane, con il DL 225/2010 fu introdotto un regime di conversione automatica in crediti d’imposta di “alcune” DTA, che, divenendo liquidabili e dunque utilizzabili ai fini dell’assorbimento di perdite, assumevano rilevanza anche per le finalità di vigilanza.

Ciò detto, l’art. 2, comma 55 del DL 225/2010, prevede che le DTA trasformabili siano quelle relative alle rettifiche su crediti ex art. 106, comma 3, del T.U.I.R., e all’avviamento ed altre attività immateriali, i cui componenti negativi sono deducibili in più periodi d’imposta ai fini delle imposte sui redditi. La versione originaria del D.L. n. 225/2010 prevedeva un unico presupposto di conversione di tali DTA, vale a dire la presenza di una perdita contabile. In particolare, se il bilancio d’esercizio chiudeva con una perdita, le suddette DTA si trasformavano in crediti di imposta per un ammontare pari al prodotto tra il valore delle DTA trasformabili e il rapporto tra tali perdite e il patrimonio complessivo della società.

Successivamente, ci si è resi conto che la conversione così delineata non sarebbe stata sufficiente a garantire un’integrale liquidabilità delle DTA. Infatti, ben potevano presentarsi periodi che si chiudevano con una perdita contabile, che, essendo confermata ai fini delle imposte sui redditi, non determinava i presupposti – ossia la presenza di reddito imponibile capiente – per favorire l’assorbimento dei reversal delle imposte anticipate. Tale circostanza è stata gestita dal D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, che, all’art. 9, ha inserito il secondo presupposto di conversione delle DTA, vale a dire la presenza di una perdita fiscale.

Inoltre, per evitare che venisse qualificato come “aiuto di Stato” un regime che consentiva la trasformazione in crediti di imposta anche per quelle DTA a fronte delle quali non è era stata versata l’imposta, con l’art. 11 del D.L. 3 maggio 2016, n. 59 è stato previsto il versamento di un canone pari all’aliquota dell’1,5% applicata alla differenza tra l’ammontare delle attività per imposte anticipate e le imposte versate[2].

  1. Soggetti destinatari

Con riguardo all’ambito soggettivo di applicazione il nuovo art. 44-bis fa generico riferimento alle società. Posta la conseguente esclusione, allo stato, delle imprese individuali e degli altri soggetti non costituiti in forma di società, la questione che si pone è se l’agevolazione operi anche con riguardo alle società di persone. Tuttavia la conclusione è negativa, in quanto tali società, in quanto caratterizzate dal regime di trasparenza, necessariamente attribuiscono ai propri soci pro-quota le perdite fiscali maturate.

Il comma 4 dell’art. 44-bis, inoltre, esclude espressamente dall’agevolazione le società per le quali sia stato accertato lo stato di dissesto o il rischio di dissesto ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. 16 novembre 2015, n. 180, ovvero lo stato di insolvenza ai sensi dell’art. 5 della legge fallimentare o dell’art. 2, comma 1, lett. b), del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (in vigore dal 15 agosto 2020).

  1. Le componenti rilevanti agli effetti dell’agevolazione

L’art. 44-bis si distingue dall’originaria disciplina di conversione sia per le fattispecie di “DTA qualificate” (comma 1, primo periodo) che per i relativi criteri di trasformazione.

Una fattispecie, come visto, è rappresentata dalle attività per imposte anticipate contabilizzate a fronte di perdite fiscali residue computabili ex art. 84 del T.U.I.R.

Le perdite fiscali pregresse sono costituite dalle perdite fiscali utilizzabili a riduzione del reddito imponibile di esercizi successivi a quello in cui esse sono maturate. Al riguardo l’art. 84 del TUIR distingue tra perdite fiscali conseguite nei primi tre periodi d’imposta dalla data di costituzione e quelle maturate successivamente.

Come espressamente confermato dal comma 1 dell’art. 44-bis, agli effetti della trasformazione in credito d’imposta la suddetta distinzione non assume però alcuna rilevanza[3].

Stante il riferimento della norma rispettivamente all’art. 84 del TUIR, che disciplina l’utilizzo in un esercizio delle perdite dei periodi precedenti e al comma 4 dell’art. 1 del D.L. n. 201/2011, la conclusione conforme alla norma è quella che tiene conto unicamente delle perdite formatesi alla data di chiusura dell’esercizio 2019.

Un’ulteriore fattispecie di DTA convertibili è rappresentata dalle DTA contabilizzate in presenza di un’eccedenza “Ace”, vale a dire di un rendimento nozionale maturato, ai sensi del D.M. 3 agosto 2017. Pertanto, il rendimento nozionale eccedente (c.d. eccedenza riportabile) indicato nel modello dichiarativo, laddove non utilizzato a riduzione del reddito imponibile per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2019, potrà rappresentare il sottostante di DTA trasferibili nell’ambito delle cessioni a titolo oneroso di crediti pecuniari vantati da debitori inadempienti e convertibili in crediti di imposta.

Ai fini dell’agevolazione rileva l’ammontare delle due componenti “non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile … alla data della cessione” (che deve essere eseguita entro il 31 dicembre 2020) e che, dunque, non sono state ancora utilizzate.

Dispone infine l’ultima disposizione contenuta nel comma 1 del nuovo art. 44-bis che, dalla data di efficacia della cessione dei crediti deteriorati, viene meno la possibilità di utilizzare, in diminuzione del reddito d’impresa, le perdite fiscali pregresse e le eccedenze ACE per l’importo computato ai fini della conversione in credito d’imposta delle attività per imposte anticipate riferibili a dette posizioni soggettive. Pertanto, ai fini della verifica relativa all’ammontare delle componenti rilevanti è necessaria la previa determinazione del reddito d’impresa conseguito nel periodo d’imposta chiuso il 31 dicembre 2019 e, quindi, della parte di esse da utilizzare previamente in compensazione dello stesso.

Per quanto riguarda le DTA relative alle perdite riportabili, l’espresso richiamo soltanto dell’art. 84 del T.U.I.R. sembrerebbe escludere dalla conversione l’eventuale trasferimento di DTA IRAP valorizzate in base al valore di produzione netta negativo. Inoltre, mentre, nel regime ordinario di conversione delle DTA in crediti di imposta, erano convertibili soltanto le DTA su perdite fiscali nella misura in cui esse erano formate da determinati reversal, l’art. 44-bis consente la trasformazione delle DTA iscritte su perdite fiscali indipendentemente dai fattori che l’hanno generata, senza indagare, cioè, se la stessa è stata causata da perdite gestionali ovvero da variazioni fiscali temporanee o permanenti. Infine, la trasformazione delle DTA da perdite computabili ex art. 84 del T.U.I.R. è integrale, indipendentemente dal periodo di formazione delle stesse.

Come visto, poiché entrambe le suddette posizioni soggettive (perdite e ACE) sono scomputabili unicamente dal reddito d’impresa imponibile, ne discende che il credito d’imposta riguarda solo l’IRES e va determinato applicando al relativo ammontare l’aliquota IRES (aumentata delle relative addizionali, quali quella del 3,5% applicata agli intermediari finanziari e quella cui sono soggette le imprese operanti nel settore dei trasporti in base a concessioni autostradali, di gestione aeroportuale, portuali e ferroviarie[4]). Pertanto, nella generalità dei casi, l’ammontare del credito d’imposta è pari al 24% dell’importo delle componenti rilevanti, potendo essere rilevate in bilancio unicamente agli effetti dell’IRES.

Va infine rilevato che le imposte anticipate riferite alle perdite pregresse e alle eccedenze ACE possono peraltro essere convertite in credito d’imposta anche se non sono state iscritte in bilancio. Tale precisazione tiene evidentemente conto del fatto che in ordine a tali posizioni soggettive alcune imprese potrebbero avere prudenzialmente evitato di rilevare in bilancio le relative imposte anticipate, in assenza della ragionevole previsione del conseguimento di redditi imponibili in misura idonea ad assorbirle.

  1. La cessione dei crediti deteriorati

La possibilità di trasformare in credito d’imposta le imposte anticipate riferibili alle componenti rilevanti è tuttavia subordinata alla cessione a titolo oneroso entro il 31 dicembre 2020 dei crediti in denaro “deteriorati” (ovverosia, in base al criterio oggettivo sancito dal comma 5 del nuovo art. 44-bis, i crediti rimasti insoddisfatti per oltre novanta giorni dalla data convenuta per il loro pagamento[5]).

Dispone infatti il comma 1 dell’art. 44-bis che, ai fini della trasformazione in credito d’imposta, l’importo complessivo delle due posizioni soggettive rileva “per un ammontare massimo non eccedente il 20% del valore nominale dei crediti ceduti”. Ne discende che la cessione dei crediti di cui trattasi entro il 31 dicembre 2020 costituisce il presupposto per poter accedere all’agevolazione e, al contempo, definisce l’importo massimo agevolabile.

Esempio

Caso 1Caso 2Caso 3Caso 4
Perdite pregresse (A)450.000450.000450.000450.000
Eccedenze di ACE (B)50.00050.00050.00050.000
Totale componenti rilevanti (C = A + B)500.000500.000500.000500.000
Valore nominale dei crediti deteriorati ceduti (D)03.000.0004.500.0001.500.000
Prezzo di cessione 15% valore nominale (E)0600.000900.000300.000
Importo massimo rilevante (F = D x 20%)0450.000675.000225.000
Importo da considerare (G = minore tra C ed F)0500.000500.000300.000
Aliquota Ires (H)24%24%24%24%
Imposte anticipate convertibili in credito d’imposta (I = G x H)0120.000120.00072.000
Perdita su crediti (J = D – E)*2.550.0003.825.0001.275.000
Risparmio fiscale (K = J *24%)612.000936.000306.000
Totale (L=E+I+K)1.182.0001.731.000603.000
Risparmio fiscale senza cessione (M= D*24%)720.0001.080.000360.000
Vantaggio dell’operazione (N= L – M)462.000576.000243.000
Vantaggio in percentuale (O= L/D)39,40%38,47%40,20%

In assenza di cessioni a titolo oneroso di crediti deteriorati durante l’anno 2020, dunque, non si ha alcun diritto all’agevolazione (caso 1). In presenza di tali cessioni, invece, all’ammontare del valore nominale dei crediti complessivamente ceduti è commisurato l’ammontare massimo delle perdite fiscali e delle eccedenze ACE convertibili in credito d’imposta sulla base dell’aliquota Ires applicabile. Pertanto quanto maggiore è l’ammontare dei crediti ceduti, tanto maggiore può essere l’agevolazione in valore assoluto ed il vantaggio rispetto alla semplice perdita su crediti (24%).

Oltre alla suddetta soglia percentuale (20% dei crediti ceduti), il comma 1 dell’art. 44-bis prevede anche una soglia in valore assoluto, stabilendo che i crediti ceduti possono essere considerati per un valore nominale massimo pari a 2 miliardi di euro, da computarsi in un’ottica di gruppo.

Nessuna rilevanza, invece, risulta essere stata attribuita dalla norma al prezzo di cessione dei suddetti crediti. Posto che la cessione deve essere effettivamente intercorsa con soggetti terzi (tant’è che, in forza del comma 6 dell’art. 44-bis, non si considerano come “cessioni di crediti” quelle intervenute tra società appartenenti al medesimo gruppo) e che le perdite fiscali pregresse e le eccedenze di ACE utilizzate per la conversione non sono più riportabili in avanti (in quanto “consumate” in conseguenza della stessa), l’eventuale perdita su crediti realizzata a fronte della cessione deve intendersi come ordinariamente deducibile ai sensi dell’art. 101, comma 5, del TUIR.

  1. Regole di trasformazione delle DTA 

L’art. 44-bis del DL 34/2019 introduce un peculiare regime di conversione delle DTA allineato a quello ordinario per l’ambito soggettivo (non solo banche e intermediari finanziari soggetti alla vigilanza ma generalità delle imprese), l’obbligo di versamento del canone (art. 11D.L. n. 59/2016) e le forme di utilizzo del credito di imposta ottenuto dalla conversione delle DTA.

Tuttavia, non tutte le imprese ne possono beneficiare, ma soltanto quelle che rispettano determinati requisiti (commi 4 e 6). Devono essere imprese per le quali non è stato accertato lo stato di dissesto o il rischio di dissesto ovvero lo stato di insolvenza[6] ed il cui oggetto non deve riguardare cessioni di crediti tra società che sono legate tra loro da rapporti di controllo ai sensi dell’art. 2359 del c.c. ed alle società controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto.

Il regime “straordinario” di trasformazione delle DTA, inoltre, non poteva non prevedere (comma 3) l’obbligo di versamento del canone annuo[7] pari all’1,5% della differenza tra l’ammontare delle imposte anticipate da convertire e le imposte da versate a titolo di IRES, addizionali IRES e di IRAP (art. 11D.L. n. 59/2016), introdotto per evitare che il regime agevolativo di cui all’art. 2 D.L. n. 225/2010 – in presenza di trasformazione in crediti di imposta di DTA a fronte delle quali non siano state versate imposte – potesse essere qualificato come aiuto di Stato.

Ai sensi del comma 3 del nuovo art. 44-bis “la trasformazione delle attività per imposte anticipate in crediti d’imposta è condizionata all’esercizio, da parte della società cedente, dell’opzione” di cui al sopra citato art. 11, comma 1, del D.L. n. 59/2016.

L’art. 44-bis non prevede particolari calcoli di conversione in crediti di imposta e si trasformano in dalla data di efficacia della cessione dei crediti (comma 1).

Il canone annuo va determinato con il medesimo meccanismo per ciascun esercizio e deve essere versato entro il termine per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relativo all’esercizio precedente.

In caso di differenza con segno negativo (ovverosia quando le imposte realmente versate dall’impresa eccedono le imposte anticipate da convertire), l’opzione va esercitata attraverso l’invio di un’apposita comunicazione all’indirizzo di posta elettronica certificata della Direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate territorialmente competente.

Al mancato esercizio dell’opzione nelle forme previste è conseguito (ai sensi dell’art. 11, comma 10, del D.L. n. 59/2016) il divieto di trasformare le attività per imposte anticipate di “tipo 2” in crediti d’imposta, restando tale possibilità limitata a quelle di “tipo 1”, cioè a quelle che hanno trovato corrispondenza in un effettivo versamento di imposte.

Ne discende che, per evitare la violazione della normativa unionale in tema di aiuti di Stato, anche la trasformazione delle imposte anticipate de quibus, sussistendone i relativi presupposti, soggiace all’obbligo di versamento del canone annuo[8].

L’opzione deve essere esercitata entro la chiusura dell’esercizio in corso alla data in cui ha effetto la cessione dei crediti; l’opzione ha efficacia a partire dall’esercizio successivo a quello in cui ha effetto la cessione. Deve perciò presumersi che essa deve essere esercitata attraverso il pagamento del canone annuo entro il 31 dicembre 2020 ovvero, in presenza di una “differenza negativa”, attraverso l’effettuazione della predetta comunicazione entro il medesimo termine.

  1. Il momento di fruizione del credito d’imposta

Il credito d’imposta ottenuto dalla trasformazione delle imposte anticipate non è produttivo di interessi e costituisce un provento fiscalmente irrilevante (ai fini sia dell’IRES sia dell’IRAP), e deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi per il periodo d’imposta 2020 (presumibilmente nel quadro RU). Tale credito può essere:

  • utilizzato in compensazione verticale oppure orizzontale nel Mod. F24, senza limiti di importo e, quindi, senza che operi il limite di 700.000 euro l’anno;
  • ceduto a terzi al valore nominale;
  • chiesto a rimborso in misura totale o parziale.

Per quanto concerne il momento a decorrere dal quale il credito d’imposta è fruibile, il penultimo periodo del comma 1 del nuovo art. 44-bis stabilisce che “la trasformazione in credito d’imposta avviene alla data di efficacia della cessione dei crediti”.

In merito alle perdite riportabili ex art. 84 del T.U.I.R., il regime ordinario di conversione in crediti di imposta delle DTA indica nella data di presentazione della dichiarazione dei redditi la data di decorrenza della trasformazione delle DTA in questione. Soltanto da tale data, dunque, sarà possibile utilizzare i crediti di imposta ottenuti dalla conversione. Con l’art. 44-bis, invece, la decorrenza è anticipata alla data di cessione dei crediti pecuniari vantati nei confronti di debitori inadempienti. Pertanto, il credito di imposta così acquisito può essere utilizzato già dalla data di efficacia della cessione dei crediti, senza attendere che sia presentata la relativa dichiarazione dei redditi.

Non si comprendono i motivi della sostanziale riproposizione della medesima previsione contenuta nel comma 3 dell’art. 44-bis previgente circa la postergazione dell’efficacia dell’opzione. Nella formulazione previgente, infatti, si stabiliva che “l’opzione ha efficacia a partire dall’esercizio successivo a quello in cui ha effetto l’aggregazione”, in coerenza con il fatto che la trasformazione delle imposte anticipate “decorre dalla data di approvazione del primo bilancio della società risultante dall’aggregazione”. Analoga esigenza non si rinviene invece nella disciplina de qua, atteso che il penultimo periodo del comma 1 del nuovo art. 44-bis è chiaro nell’attribuire efficacia alla trasformazione in credito d’imposta “alla data di efficacia della cessione dei crediti”. Non può quindi escludersi che la previsione relativa alla postergazione dell’efficacia dell’opzione possa costituire un mero refuso.

  1. Conclusioni

Gli effetti benefici che potranno derivare dall’agevolazione in oggetto non saranno rilevanti, giacché,  “se una società cede crediti per 1 mld, potrà trasformare in credito d’imposta al massimo una quota di DTA riferibile a 200 mln di euro di componenti indicati dalla norma, equivalente – supponendo che l’aliquota IRES applicabile sia quella ordinaria al 24% – a 48 mln di euro”.

Per comprendere il vantaggio dell’operazione, però, al credito d’imposta va aggiunto il corrispettivo incassato dalla cessione dei crediti e la deducibilità fiscale della perdita su crediti. Ovviamente, essa quanto maggiore è il soddisfo derivante dalla cessione medesima[9], tanto più sarà conveniente. Viceversa, al crescere del valore dei crediti ceduti, fermo restando le altre variabili, vi sarà sempre meno convenienza all’operazione (il vantaggio percentuale decresce).

Pertanto, la disposizione di cui trattasi, pur costituendo un aiuto per le imprese, risulterebbe più utile se avesse a oggetto le DTA relative a tutte le perdite fiscali e le eccedenze di ACE, o ad una limitazione non inferiore al 50%, rispetto al 20% attuale.

 

Scritture contabili

Immaginiamo via siano perdite pregresse per € 450 (caso 4) e che siano state imputate in bilancio per l’importo di € 108 con la seguente scrittura nel 2018:

________________________________                   _______________________________________

SP A C II 5-ter Imposte anticipate                                        108

CE 20 Imposte anticipate                                                                              108

 

Per semplicità nel bilancio al 31 dicembre 2019 non emerge alcun risultato (risultato pari a zero).

L’importo massimo rilevante del caso 4 è pari ad € 300 che corrisponde ad imposte anticipate convertibili pari ad € 72.

La scrittura da eseguire nel 2020 al momento di cessione dei crediti sarà:

________________________________                  _______________________________________

SP A C II 4-bis Crediti d’imposta su imposte anticipate      72

SP A C II 5-ter Imposte anticipate                                                                72

 

Nel caso in cui, invece, le imposte anticipate non siano state iscritte in bilancio, la scrittura è la seguente:

________________________________                   _______________________________________

SP A C II 4-bis Crediti d’imposta su imposte anticipate      72

CE 20 Imposte anticipate (non tassabili)                                                      72

 

 

 

[1] G. Manguso, “Aggregazioni al Sud: un regime ‘straordinario’ di trasformazione in crediti di imposta delle DTA”, in il fisco n. 31/2019, pag. 3022

[2] Cfr. Provvedimento dell’Agenzia delle entrate n. 117661 del 22 luglio 2016 e circolare n. 32/E/2016 dell’Agenzia delle entrate

[3] Per espressa previsione normativa viene altresì disattivata la limitazione prevista con riguardo alle imprese che fruiscono di un regime di esenzione dell’utile, il cui riporto in avanti (ai sensi dell’art. 84, comma 1, primo periodo, del TUIR) è ammesso unicamente per l’ammontare che eccede l’utile che non ha concorso alla formazione del reddito negli esercizi precedenti.

[4] L’addizionale Ires per questa seconda categoria di soggetti è stata introdotta, per il triennio 2019-2021, dall’art. 1, commi 716-718, della L. 27 dicembre 2019, n. 160.

[5] La verifica dell’inadempimento superiore a novanta giorni va operata alla data di cessione.

[6] Ai sensi della Legge fallimentare, in particolare dell’art. 5 del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, e del “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”: art. 2, comma 1, lett. b) del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14.

[7] Cfr. G. Scala, “Il canone annuo per la trasformazione delle DTA”, in il fisco n. 32-33/2016, pag. 3129

[8] Il canone annuo è deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP nel periodo d’imposta in cui avviene il pagamento.

[9] Maggiore è la percentuale di pagamento pro soluto dei crediti ceduti, maggiore sarà il vantaggio dell’operazione rispetto alla semplice perdita su crediti

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