Quando parliamo di sostenibilità, spesso la associamo alla tutela dell’ambiente o a una crescita economica equa…
Un festival e quarantasei eventi per ricordare David Livingstone
Duecento anni fa a Blantyre – nei pressi di Glasgow – nacque il celebre esploratore David Livingstone di cui ricorrono quest’anno anche i centocinquant’anni dalla morte.
Molti libri si sono scritti su di lui e le sue imprese leggendarie che hanno segnato in modo indelebile la storia delle esplorazioni nel continente africano.
Fu il primo europeo e, il primo britannico, a vedere il lago Ngami, descritto “come un lago luccicante, lungo circa 80 miglia e largo 20”.
Durante questa avventura Livingstone, nel 1955, mentre scendeva lo Zambesi scoprì le Victoria Falls, le cascate africane più grandi del continente e tra le più imponenti del pianeta, con una portata di oltre mezzo milione di metri cubi al minuto nel periodo di piena.
Figura stravagante e al tempo stesso fondamentale per tutti gli appassionati di viaggi David Livingstone era solito conoscere solo la data di partenza delle sue spedizioni che affrontava decimando i suoi portatori a causa delle malattie tropicali.
A lui dobbiamo la prima conoscenza di buona parte dell’Africa meridionale disegnando ex-novo le carte geografiche europee con luoghi come il lago Tanganica, le sorgenti del fiume Congo e il corso dello Zambesi.
L’esistenza del lago Ngami, in particolare, confutò l’interesse per una terra selvaggia e inesplorata che accese la corsa alla colonizzazione dell’Africa incentivandone l’esplorazione.
Prima di allora infatti l’opinione pubblica inglese credeva che il centro del continente fosse un enorme deserto.
In quell’occasione Livingstone annotò sul suo diario “Credevo che scene così fossero riservate allo sguardo degli angeli”.
Al ritorno in patria, fu accolto come un eroe: diventò un personaggio pubblico e tenne numerose conferenze, suscitando un entusiasmo tale da raccogliere ingenti fondi per un nuovo viaggio.
In seguito tornò tre volte in Africa esplorandola in lungo e in largo: solo la fonte del Nilo Bianco, obiettivo del suo terzo e ultimo viaggio, lo deluse perché fu tribolata dalla salute malferma e dalle asperità del viaggio, a cui si aggiunse la diserzione dei portatori che aveva ingaggiato che, una volta ritornati a Zanzibar, diffusero la notizia della morte di Livingstone.
Per diverso tempo, tali voci serpeggiarono nell’Occidente e divennero le premesse di uno scoop sensazionale di cui si fece portavoce la redazione del New York Herald.
Il compito di trovare Livingstone, vivo o morto, fu affidato a Henry Morton Stanley che lo ritrovò, il 10 novembre 1871, a Ujiji, vicino al lago Tanganica, in quella che oggi è la Tanzania, malato e debilitato dall’ennesima malaria.
Da mesi cercava di mettersi in contatto con la madrepatria scrivendo lettere che però non arrivavano ai destinatari; basti pensare che solo uno dei suoi 44 dispacci arrivò fino a Zanzibar.
Celebre è la frase che gli viene attribuita al momento dell’incontro, “Dr. Livingstone, I presume?”, nel più classico understatement britannico dell’epoca.
In seguito Stanley si unì a lui nell’esplorazione della zona alla ricerca delle sorgenti del Nilo. Il New York Herald, insieme al Daily Telegraph, finanziarono un’altra spedizione nel continente africano, in cui Stanley risolse uno degli ultimi misteri africani, percorrendo il corso del fiume Congo fino alla foce.
La spedizione durò all’incirca un anno e stabilì con certezza l’assenza di un collegamento tra il lago Tanganica e il Nilo: in seguito Stanley scrisse un libro in cui raccontò l’avventura alla ricerca delle sorgenti del Nilo che divenne molto famoso.
Al termine del viaggio esplorativo Stanley tentò di convincerlo a tornare in Inghilterra ma Livingstone, nonostante fosse malato non volle lasciare l’Africa, nonostante fosse morta anche la moglie Maria Moffat che gli era stata sempre di valido aiuto durante i suoi viaggi.
Morì nel maggio 1873: fu ritrovato dai suoi uomini inginocchiato dinanzi al letto, come se pregasse: gli tolsero cuore e viscere e lo imbalsamarono dopodiché il corpo tornò in Inghilterra, dove fu sepolto nell’abbazia di Westminster.
Quest’anno dunque si celebra la sua storia: in Zambia, dove è sepolto il suo cuore, al Livingstone Memorial, nel Museo a lui dedicato, si terrà una mostra con foto, mappe, diari dell’esploratore e una sezione dedicata alla medicina tradizionale.
La Scozia invece lo celebra con un festival- Livingstone 200 – che coinvolgerà fino al mese di dicembre musei, università e la società geografica inglese proponendo ben quarantasei eventi distribuiti tra Edimburgo, Glasgow e Blantyre.
Sarà possibile assistere a mostre, reading, lezioni e convegni su malattie tropicali, economia, geografia, concerti di musica africana, esposizioni di artisti, appuntamenti sportivi.
La cittadina dello Zambia più vicina alle cascate prende il nome dall’esploratore e per decenni fu la base per visitare le Falls. Per il bicentenario ospiterà un festival con nutrito calendario di concerti, spettacoli teatrali, competizioni sportive e convegni a tema medico, storico, geografico e scientifico.
Meno battuto delle Victoria Falls è il lago Malawi, terzo lago africano per superficie. Patrimonio dell’Unesco ospita gli ultimi banchi di corallo di acqua dolce esistenti e la maggiore varietà di pesci d’acqua dolce del pianeta. Da non dimenticare il bellissimo parco nazionale con elefanti e ippopotami.
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